Chi non conosce le ormai famigerate Vele di Scampia?
Tante sono le immagini che ne sono state diffuse: dai telegiornali alla stampa fino a Gomorra, da svariati anni, questi edifici attirano l’occhio indiscreto di giornalisti e cittadini curiosi. Le Vele altro non sono che gigantesche costruzioni in cemento, dalla caratteristica forma triangolare – che ricorda, appunto, una vela – edificate negli anni ’80 dall’architetto Franz Di Salvo. Questi, ispiratosi ai principi delle uniteès d’habitations di Le Corbusier, le aveva immaginate come grandi unità abitative all’interno delle quali le famiglie si sarebbero potute organizzare in vere e proprie comunità. Dunque, un sogno all’insegna della condivisone, del vivere civile, della comunanza.
Ciò che, invece, è accaduto realmente nel corso degli anni è storia di oggi. Le Vele di Scampia sono effettivamente diventate un simbolo, ma di cosa? Simbolo del degrado sociale, della forza della camorra, dell’impotenza dei “buoni” cittadini. Proprio per tali motivi si è scelto di iniziare dalle Vele per cambiare il volto di questo quartiere.
Diversi anni fa – si parla del 1998 – ha preso forma sulla carta il piano di riqualificazione di questo territorio e, ancora oggi, Scampia è un cantiere a cielo aperto: è reale la costruzione dell’Università di Ostetricia e Paramedica; così come proseguono, anche se a singhiozzo, i lavori per la costruzione degli alloggi per gli abitanti delle Vele non ancora rase al suolo (circa 120 famiglie restano in attesa di una nuova casa). Il progetto è molto complesso e articolato e prevede l’intreccio di edilizia pubblica e privata e la possibilità di vedere costruiti dei locali all’interno dei quali allestire negozi e uffici, insomma centri di aggregazione e lavoro per gli abitanti di Scampia. Tra le idee anche quella di restaurare una delle Vele al fine di trasformarla in uno studentato.
Nell’immaginario dei promotori del progetto, la Piazza della Socialità, che sorgerà nel territorio adiacente le Vele, diventerà il centro della nostra periferia e la vita potrà affiorare laddove oggi esistono l’illegalità e l’abbandono.
Eliminare gli “ecomostri di cemento”, definiti come la fabbrica per eccellenza della droga a Scampia, significherebbe dare a questo quartiere un volto nuovo, abbattere la barriera invisibile e insormontabile che separa noi da loro, ovvero i cittadini che combattono per il futuro di questo territorio da quelli che, vuoi per necessità vuoi per disperazione vuoi per affiliazione, sono finiti negli ingranaggi ben oliati dell’”insano” sistema di Scampia. Nessuno si illude che l’abbattimento delle Vele sia la soluzione ai problemi del quartiere, tuttavia significherebbe “abbattere” quantomeno ciò che esse simboleggiano e questo sarebbe di certo un passo in avanti, verso il futuro.
Il progetto potrà diventare realtà soltanto con il prosieguo dei lavori proposti dal piano di riqualificazione, tuttavia ai già numerosi ostacoli incontrati fino ad oggi da tale programma si è aggiunta anche la notizia, risalente a qualche settimana fa, che Stefano Gizzi, sovrintendente per i beni architettonici e paesaggistici, ha richiesto, con un provvedimento urgente, che le Vele, simbolo dell’incuria e dell’illegalità, diventino patrimonio di interesse culturale della nostra terra in quanto complesso storico architettonico di grande valore. Chiaramente l’approvazione di tale provvedimento renderà impossibile la realizzazione del progetto di riqualificazione, portando necessariamente ad un restauro – e non all’abbattimento previsto – degli edifici in questione.
Diverse sono, in questo periodo prenatalizio, le iniziative proposte dalla cittadinanza in merito all’utilizzo del suolo su cui attualmente sorgono le Vele: i circoli del Partito Democratico dell’Area Nord di Napoli hanno organizzato una raccolta di firme affinché il suddetto provvedimento del sovrintendente Gizzi non venga approvato, mentre il Comitato Vele e Nuovi Parchi di Scampia ha organizzato un convegno pubblico, che si terrà Sabato 18 dicembre presso l’I.p.s.s.c.t “miano”, al quale parteciperanno le associazioni e i cittadini di Scampia, oltre che alcune rappresentanze politiche – tra gli altri S. Santangelo, vicesindaco e assessore comunale all’urbanistica, G. Trombetti, assessore regionale all’Università e alla ricerca, M. D’Aponte, assessore comunale al patrimonio.
L’incontro è un’iniziativa “dal basso” volta ad analizzare e ridiscutere gli interventi edilizi attuati finora a partire dall’originario piano di riqualificazione di Scampia, toccando temi quali il completamento del piano delle nuove abitazioni per gli abitanti delle Vele, il rispetto dei capitolati d’appalto vecchi e nuovi, l’abbattimento delle quattro Vele superstiti.
Su una delle Vele campeggia da oltre un anno una frase su un manifesto giallo, ideata dall’artista Rosaria Iazzetta: “Solo quando il vento dei soprusi sarà finito le vele saranno spiegate verso la felicità”. I soprusi qui a Scampia non sono perpetrati soltanto dalla camorra; evidentemente c’è un movimento politico e culturale che tenta di impedire un cambiamento necessario, un cambiamento che per molti cittadini, che lavorano ogni giorno a favore del territorio, è già in atto.
Investire sul futuro di Scampia non significa semplicemente invertire la rotta, ristrutturando gli edifici per poterli trasformare da “ecomostro” a bene di interesse artistico, non dopo che questo stesso simbolo ha fatto il giro del mondo per testimoniare il degrado sociale di un intero quartiere. Investire a Scampia significa promuovere il completamento dei lavori di riqualificazione, significa rendere il quartiere un luogo “a misura di cittadino”, dove le piazze non siano solo quelle dello spaccio oppure delle enormi futuristiche cattedrali nel deserto, ma spazi vitali di incontro e aggregazione.
Sara Di Somma
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