Più che di recensioni sarebbe bene parlare di recessioni. Perchè di fronte ai dischi solisti delle due principali menti dei Blur, o di ciò che furono, piangiamo le cosiddette lacrime napoletane. Ovviamente in attesa di una nuova re-re-re-reunion dei nostri. Uscito nei primi mesi del 2012, A+E di Coxon si colloca fra il Kraut-noise e i futuri dischi impolverati della vostra collezione. Un pastiche artefatto di chitarre effettate all’inverosimile e di synth elettronici, strutture melodiche a volte geniali a volte degne di un terapeuta, collante fra i vari pezzi ai minimi storici. Ciò che fa da collante essenzialmente è la curiosità di ascoltare nuovi lavori di artisti ai quali siamo tutti affezionati e verso cui ci rivolgiamo con speranza, visti i tempi e le melodie che corrono.
Episodi degni di nota di A+E, facendo una discreta fatica, restano il singolo di lancio, What’ll It Take, con relativo video realizzato in stop-motion grazie all’aiuto dei fan, che hanno prontamente risposto all’appello del chitarrista sul proprio sito ufficiale, postando video di balli scatenati per le strade più disparate del mondo. Advice resta un colpaccio stile Song 2, con attacco e briglie ben tese durante tutta la durata del pezzo, così come la batteria e la parte vocale di City Hall creano temporanea dipendenza. Facciamo davvero fatica a trovare spunti interessanti, di fronte anche a quel capolavoro di suoni acustici e intimistici che fu il predecessore, The Spinning Top del 2009.
Discorso diverso ma risultato identico per il leader e voce dei Blur, Damon Albarn. Sempre più preso dai suoi progetti più disparati come i Gorillaz o i The Good The Bad & The Queen, stavolta Albarn ci spiazza con Doctor Dee, la summa dell’opera dedicata al mago azzecca-garbugli londinese del sedicesimo secolo, una sorta di Cagliostro della Londra fumosa e magica di quei tempi, centro nevralgico della cultura mondiale, e presentata il 1 Luglio scorso al Palace Theatre di Manchester. Registrato in parte negli studi londinesi di Albarn e a Salford con la BBC Philarmonic Orchestra e mixato in Islanda, Doctor Dee non è certamente una raccolta di canzonette ma qualcosa di più intenso e profondo, c’è la voglia dell’artista di scavare nella vita di John Dee e fra le sue vicissitudini. The Golden Dawn introduce solennemente il disco, Apple Carts trasuda folk inglese da tutti i pori e pezzi come A Man Of Englad riecheggiano di Re e Regine d’Albione antica. Sicuramente un disco da prendere con la dovuta attitudine per non rischiare di tacciare Damon Albarn di Megalomania.
Quanto ai cari e vecchi Blur, tutto si deciderà, a quanto pare, dopo il concertone del 12 Agosto ad Hyde Park, in occasione della chiusura dei Giochi Olimpici londinesi. Un futuro è tutto da scrivere, ma possibilmente senza freddi sintetizzatori o antidiluviane cetre medievali.
Marco Della Gatta
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