Le favole esistono ed in quest’ora e mezza da attraversare con gli occhi spalancati tra le stelle dell’Olimpico, il «principe azzurro» e la «Vecchia Signora» è la novella da (ri)leggere con gusto, immergendosi in quegli intrecci d’una notte meravigliosamente bella. Juventus o Napoli, chi potrà dirlo: però, in quella palla di cuoio da scrutare con attenzione è inevitabile scorgere il talento spumeggiante di Marek Hamsik, la sua saggezza da uomo fatto (e da un bel po’), la somiglianza vagheggiata con Pavel Nedved – un’icona in bianco & nero alla quale è stato avvicinato – quel fascino ormai evaporato nei confronti della fresca regina del calcio italiano, la singolarità – visti i tempi – d’una scelta di vita che l’ha legato per (almeno) ancora quattro anni a Napoli. Juventus o Napoli, ma chi lo sa: e in una serata d’onore per gli esteti del calcio, in quella coppa Italia che galleggia a mezz’aria, la garanzia è in quella zazzera che ondeggia con fierezza, un ponte sul futuro oppure una bandiera che di nome fa Marek, di cognome fa Hamsik e per vocazione è un leader.
Hamsik, che effetto fa?
«Per ora, nessuno in particolare. Poi, se vuole, domenica le racconto. Ma adesso non avverto né tensione, né emozione».
Ma è la sua prima finale….
«E però non è la mia prima partita: ne ho giocate tante e comincio ad abituarmi».
E da bambino…?
«Parecchie, alcune vinte ed altre perse, ma quelle ormai non contano più: all’epoca sì. E chi se le dimentica».
Le piace la Vecchia Signora, così dicono i precedenti…
«Però l’ultima volta, a Torino, è stata una serata indigesta: ancora la ricordo, onestamente».
Come si dice: «vendetta, tremenda vendetta»…
«La voglia è quella di vincere, ma l’avranno anche loro. Però noi dentro avvertiamo il desiderio di prenderci la coppa e portarla a casa, per dedicarla ai nostri tifosi, per regalarla simbolicamente a loro».
Napoli-Juventus in cinque anni…
«Vincere fa sempre bene: ma la più bella, penso sia indiscutibile, il 3-2 a Torino. La più amara, quella recente: 3-0 duro da sopportare».
Chi parte in vantaggio, stavolta?
«Si gioca in campo neutro, abbiamo lo stesso numero di tifosi al seguito, in campo siamo undici contro undici: mi viene da dire 50% a testa. Si parte alla pari, su questo non si discute; poi magari decide un dettaglio».
Cinque gol segnati e due rigori sbagliati…
«Mhhh… Sono scaramantico, lasciamo perdere il passato. Guardiamo avanti: questa, pure questa è una sfida difficile e delicata. E stavolta c’è in palio un trofeo importante».
Facciamo il solito giochino: ne tolga uno alla Juventus.
«La stagione di Pirlo è stata sensazionale ma a me continua a piacere, e da anni, Marchisio: dunque, fuori lui».
Il primo Hamsik veniva soprannominato il nuovo Nedved…
«Vabbè, voi giornalisti ogni tanto mi assegnate un’etichetta. Sarà bello rivederlo, sicuramente. Non abbiamo modo di sentirci spesso e quando ci incrociamo parliamo a lungo».
Tra amici, succede, si facciano scherzetti…
«Ma a me piacerebbe vincere non per far dispetti: la Coppa Italia mi intriga, sarebbe il giusto premio per noi tutti, al termine di una stagione molto bella».
La giudichi lei quest’annata…
«Mi limito a rievocare il nostro cammino: in campionato abbiamo lottato sino all’ultima giornata per la Champions. La volevamo, non ci siamo riusciti: peccato, brucia. Però siamo stati lì sino alla trentottesima. Domenica sfidiamo la Juventus per la finale di Coppa Italia e sabato c’è la finale di Champions tra Bayern e Chelsea, contro le quali abbiamo vissuto serate comunque stupende».
La guarderà?
«Eccome. Senza rimpianti, perché sono due club di primissimo piano. Noi abbiamo tenuto testa ad entrambi, siamo usciti agli ottavi nel modo che conosciamo. Il Chelsea s’è rilanciato attraverso la vittoria su di noi, ha acquisito morale, ha vinto la Fa Cup. Ma stiamo parlando d’una formazione zeppa di campioni. Come quella dei tedeschi».
L’aspetto più intrigante del suo 20 maggio.
«L’Olimpico, che è bellissimo, diviso a metà: trentamila napoletani e altrettanti juventini. La sfida in campo e, sempre sportivamente, sugli spalti. E’ entusiasmante il palcoscenico, lo sarà l’ambiente».
E’ l’ultima di Del Piero in bianconero: scelga la definizione che più ritiene opportuna.
«E’ un fenomeno. Un uomo che ha scritto la storia della Juventus, attraverso diciannove anni e non so quante vittorie. Non amo la retorica, ma siamo al cospetto di un calciatore fuori dal comune: e che è ancora oggi forte».
Lei è a Napoli da cinque anni e ci resterà per almeno altri quattro….
«Ho avuto modo di dirlo e lo ripeto: questa è casa mia, io ci sto bene, la mia famiglia ci sta bene».
Contro la Juventus lei giocherà la sua 218esima partita in maglia azzurra, nel 2016 potrebbe essere il Del Piero napoletano.
«E questo mi piacerebbe assai, anche se così mi fa sentire già vecchio, anticipando i tempi ed i calcoli. E comunque essere una bandiera di questa squadra sarebbe motivo d’orgoglio».
Sta lavorando per questo, a quanto pare….
«Sto giocando per il Napoli, per me, per la gente, per il piacere che tutto questo mi dà nel viverlo in una città straordinaria».
Povero Cannavaro, proverà a togliergli la fascia.
«No, il capitano è lui».
La Juventus ha vinto il campionato…
«Direi meritatamente. Il campo ha espresso in pieno il valore di un gruppo che è stato capace di chiudere imbattuto il torneo. Penso che già questo dato esprima in sé un dato incontestabile».
Avverte il senso di gratitudine della gente per la sua scelta di vita?
«L’ho presa perché sono contento di essere qua. Poi è anche vero che i tifosi mi manifestano tutta la loro simpatia, il loro amore e ciò mi rende felice».
La sera dell’altra cena vi ha quasi introdotti in un futuro diverso: senza Lavezzi verrà a mancare qualcosa del nucleo storico ch’è nato con la promozione in A.
«Io non ci penso, non ragiono sul mercato, su quello che potrà accadere, sulle voci che si sentono. E comunque, qualsiasi cosa accada, auguro al Pocho di star bene, di vivere come ritiene giusto. Ma siamo ancora a maggio, si vedrà».
Dal mercato lei si è tirato fuori.
«Credo in questa società, nel suo progetto, nel desiderio di crescita che è testimoniato dai risultati degli ultimi anni».
Lo scudetto è il sogno di qualsiasi ragazzo.
«Anche di un venticinquenne come me. Ma io adesso devo giocare la finale di coppa Italia, questa è la vera partita dell’anno e il Napoli ha intenzione di vincere».
La spinta decisiva per starsene qui almeno sino al 2016?
«La garanzia è De Laurentiis, il rapporto che si è instaurato in questo quinquennio, la solidità delle idee che ha ricevuto il conforto di qualificazioni in Europa League, in Champions League, un ruolo sempre attivo, da protagonisti. Poi si può perdere, ma questo appartiene all’imponderabile, alla sorte».
Quando arrivò, scelse di abitare a Castelvolturno.
«Mi era comodo, io sono un uomo che si divide tra campo e casa, voglio stare con la mia famiglia. Poi ho conosciuto la gente del posto, sono nate amicizie e resterò lì. E quando posso, nel tempo libero, mi godo Napoli».
Hamsik, sveli una debolezza.
«Ad un bel piatto di pasta è impossibile dire no».
Fonte: Corriere dello Sport
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