La Nazionale italiana unita nel ricordo della tragedia dell’Olocausto. La comitiva azzurra al completo si è recata per tutta la mattinata nei campi di concentramento di Auschwitz e Birkenau, una visita fortemente voluta dalla Federcalcio che ha visto la presenza dell’ambasciatore italiano in Polonia Riccardo Guariglia, di alcuni testimoni dell’Olocausto, oltre ai rappresentanti dell’Ucei (Unione delle comunità ebraiche italiane) e del Museo della Shoah di Roma. Ad accogliere la Nazionale ad Auschwitz sono stati il direttore del museo del lager, il presidente della Comunità Ebraica italiana, Renato Gattegna e il direttore del Museo dell’Olocausto di Roma, Marcello Pezzetti: “Il segnale che la Nazionale italiana può dare da qui – ha detto Pezzetti – nessun altro può darlo. I giocatori possono prendere per mano i giovani ed evidenziare cosa è successo, in passato, quando non è stato bloccato il razzismo”.
“E’ importante che non si verifichi mai più niente del genere – ha detto Giorgio Chiellini dopo la visita ai campi di concentramento – E’ bene che questa esperienza serva per combattere ogni forma di atrocità”.
Oltre al Museo di Auschwitz la delegazione ha visitato il vicino campo di Birkenau, dove si trovano i ruderi delle camere a gas usate durante lo sterminio.
Seduti sul binario della morte, Cesare Prandelli e i giocatori hanno ascoltato i racconti dei sopravvissuti Piero Terracina, Anna Weiss e Samuel Modiano. Molti giocatori non sono riusciti a trattenere le lacrime e al termine dei racconti gli Azzurri hanno abbracciato i sopravvissuti. Pochi metri più in là anche i giocatori della Nazionale Olandese.
“Un’esperienza sconvolgente – ha spiegato Riccardo Montolivo – soprattutto sentire le testimonianze dirette mi ha fatto molto riflettere”.
“Mi auguro che questa visita sia servita ai ragazzi – ha detto Samuel Modiano, uno dei sopravvissuti ai campi di concentramento – Loro, come tutti noi, avranno letto libri e visto documentari ma essere qui è tutta un’altra cosa. Se siamo qui è perché il ricordo viva ancora e perché tutto quello che è successo allora non accada mai più. A Birkenau la mia comunità di ebrei-italiani è stata sterminata, eravamo 1.500 persone, si sono salvati 31 uomini e 120 donne. Io avevo soltanto 13 anni e mezzo, sono rimasto solo al mondo e per me è stato un dolore enorme. Se i russi fossero arrivati qualche giorno dopo non si sarebbe salvato nessuno, ma tra noi sopravvissuti non c’è stato nessun momento di allegria, ci siamo portati dentro sempre la stessa domanda: perché noi ci siamo salvati? La risposta l’ho trovata adesso: la mia missione è quella di spiegare che siamo tutti uguali, che non ci sono razze diverse l’una dall’altra e che non deve mai più succedere”.
Fonte: Figc.it
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