E’ un gesto estremo quello degli operatori sociali che da mesi, ormai, sono impegnati in una difficile protesta per la quale si sono riuniti nel comitato denominato “Il welfare non è un lusso”. Sono 300, infatti, gli operatori che hanno occupato simbolicamente l’ex ospedale psichiatrico “Leonardo Bianchi”, 21 quelli che hanno iniziato, da circa 20 giorni, un durissimo sciopero della fame. La protesta si muove su due fronti paralleli: da un lato, contro il governo nazionale, per la riduzione al 5 per mille e i tagli alle politiche sociali, dall’altro, contro il governo locale, poiché la regione Campania ha annunciato un nuovo taglio alla spesa sociale riducendo i fondi di un ulteriore 50%.
Molte strutture a Napoli tra cui centri diurni, case famiglia, comunità e strutture residenziali per disabili e sofferenti psichici, sono già state chiuse e, attualmente, circa 20.000 operatori rischiano di perdere il lavoro, dopo aver lavorato interi mesi, pur senza percepire stipendio alcuno, esclusivamente allo scopo di mantenere stabile l’erogazione dei servizi alla popolazione.
Si tratta di un gesto estremo attuato nel corso di una lotta personale che si intreccia alla protesta sociale: se è vero che gli operatori si battono oggi per difendere il proprio, legittimo, diritto ad avere uno stipendio e un reddito fisso, è anche vero che la loro lotta mira a “tenere in piedi” le organizzazioni che lavorano per il bene comune, dunque una lotta per i diritti, l’uguaglianza, la solidarietà e il servizio per il prossimo.
A cosa serve garantire un lavoro sicuro alle organizzazioni del terzo settore? La risposta è semplice: gli interventi di cooperative sociali, associazioni di volontariato o di promozione sociale, onlus – le organizzazioni del terzo settore, appunto – producendo beni e servizi, garantiscono ai cittadini l’assistenza sociale, in termini di assistenza sanitaria, sostegno psicologico, servizi di inclusione e aggregazione, promozione della cultura e della legalità. Oggi, questo sistema di servizi socio-sanitari ed assistenziali versa in un gravissimo stato di crisi: senza stipendio, anche da mesi, gli operatori sono stati costretti a scendere in piazza contro la minaccia dei futuri tagli al welfare, per chiedere di poter continuare la propria opera. Siamo, evidentemente, di fronte ad una regressione politica e culturale di vasta portata; assistiamo, pressoché impotenti, al crollo dello stato sociale che, mentre dovrebbe garantire benessere e uguaglianza, assistenza sanitaria, pubblica istruzione e accesso alle risorse culturali, non può far altro, con la sua spaventosa assenza, che ledere tali diritti fondamentali dei cittadini italiani.
Di recente nel nostro paese le politiche sociali sembrano rappresentare un investimento inutile e di poco conto, fondi da poter tagliare a fronte di spese di “ben più grave urgenza”; tuttavia il comitato ci ricorda con la sua protesta che così non dovrebbe essere, che la soddisfazione delle necessità primarie della collettività e, di conseguenza, il benessere della popolazione tutta e la diminuzione delle disuguaglianze sociali ed economiche tra i cittadini sarebbero da considerarsi obiettivo primario per lo sviluppo del paese e, dunque, per il programma di qualsiasi governo, nazionale o locale che sia. La regione Campania, invece, spende in media 32 euro all’anno per ciascun cittadino in materia di servizi sociali: nel resto d’Italia, la media pro-capite ammonta a ben 165 euro l’anno.
Il welfare non è un lusso e uno Stato che non dia sufficiente importanza alle politiche sociali non può considerarsi realmente tale, perché pone in secondo piano i suoi cittadini: il comitato chiede pertanto un maggiore investimento nell’ambito delle politiche sociali, in termini di risorse economiche e programmi di sviluppo che garantiscano la qualità dei servizi ed un futuro certo, o almeno parzialmente stabile, per gli operatori sociali.
Attualmente sul sito dell’assessore alle politiche sociali Giulio Riccio si legge: “La crisi del Terzo Settore è una questione che deve riguardare l’intera comunità e tutte le istituzioni a prescindere dal colore politico. Pensiamo che oggi scongiurare la crisi dei servizi sociali del Comune di Napoli sia un impegno al quale nessuno deve sottrarsi. In questi giorni abbiamo pagato circa 6 milioni di euro di risorse afferenti il fondo nazionale per le politiche sociali e circa 2,4 milioni di fondi destinati alle case famiglia. Nei prossimi giorni il Comune di Napoli, che non intende sottrarsi alla proprie responsabilità, farà ogni sforzo possibile per arrivare entro il 30 gennaio a pagare ulteriori risorse e ad assicurare il sostegno del Sistema bancario al Terzo Settore. Oggi c’è bisogno di tempestività, di massima collaborazione istituzionale e di grande senso di responsabilità nei confronti delle famiglie, dei cittadini e dei lavoratori”.
Tempestività e responsabilità sembrano fondamentali in questo momento, ma di maggior rilievo sarebbe certamente la garanzia di continuità sia per chi riceve quotidianamente i servizi dalle organizzazioni del terzo settore, sia e soprattutto per chi tali servizi deve erogarli, affinché si possa operare alle giuste condizioni, non lesive dei diritti basilari di ogni lavoratore.
Sara Di Somma
Riproduzione Riservata ®