La vita dopo i Supergrass: Gaz Coombes, voce principale e chitarrista dello storico gruppo brit-pop della seconda metà degli anni ‘90 sforna il suo primo lavoro solista e lo fa attingendo a piene mani a suoni elettronici, sintetizzatori, chitarre acustiche ed una spruzzata di Kraut-Rock.
Here Come The Bombs arriva dopo due anni dallo scioglimento ufficiale del gruppo di Oxford, anticipato l’anno prima dagli Hot Rats )capitanati dallo stesso Coombes e dal fido batterista ex-Supergrass Danny Goffey), duo dinamico capace di sfornare covers di pezzi storici del rock britannico e non solo (fra tutte una godibilissima Drive My Car dei Beatles).
Anticipato dal singolo “Hot Fruit” (nome anche della nuova etichetta di Coombes), Here Come The Bombs apre con “Bombs”, una rarefatta miscela di sintetizzatori e voci suadenti che sembrano porre un accento particolare sui fatti libici dello scorso anno, seguita da “Hot Fruit”, che accende i motori con controtempi, acerbi e nervosi riff di chitarra acustica ed una batteria che fende l’aria. “Whore” sembra avere il sapore di ciò che i Supergrass potevano essere con l’album postumo mai pubblicato “Release The Drones”, ancora in fase di lavorazione al momento dello scioglimento del trio.
“Sub-Divider” è una suite composta da due brani mai terminati e uniti fra di loro, con una prima parte Radioheadiana ed una decisamente più nelle corde di Gaz come compositore.” Universal Cinema” risulta essere il brano più lungo del disco (6 minuti a fronte dei 40 totali), siamo nelle stesse atmosfere della precedente, con ritmi policromi e cadenzati, divisi fra acustica ed elettronica (la guerra quasi orwelliana fra uomo e macchina sembra ossessionare l’autore che pervade il disco di riferimenti). “Simulator” è il secondo singolo estratto dall’album, un pezzo ritmato nella strofa e quasi apocalittico nel ritornello (ancora Orwell). “White Noise” è un pezzo decisamente à la Supergrass, una matrice acustica arricchita di chitarre elettriche e poco spazio a tastiere.
“Fanfare” è l’inno al moderno uso del Moog, dolce e rarefatta nella sua modernità (qualche richiamo a Rufus Wainwright), mentre molto più movimentata e catchy è “Break The Silence”, un pezzo che riporta alle mode recenti degli Arcade Fire o Guillemots. Chiude il disco “Sleeping Giant”, una ninna-nanna che ancora una volta pone l’accento al Coombes autore di pezzi intimistici notevoli, al di là delle antiche memorie danzereccie come I Should Coco.
C’è un pò di tutto in questo Here Come The Bombs, troverete elettronica, richiami ai Supergrass degli esordi e a quelli introspettivi di Road To Rouen, troverete un ottimo autore spesso sottovalutato perchè lontano dalle luci del gossip d’oltremanica, ma cosa ancora più importante troverete un ottimo disco, in un 2012 che si annuncia ricco di uscite interessanti in questa seconda parte che si va a schiudere davanti alle nostre orecchie.
Marco Della Gatta
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