Trattare senza sosta per salvare l’Europa. In vista del “difficilissimo negoziato” che si aprirà giovedì a Bruxelles, decisivo per i destini dell’Unione e dell’euro, Mario Monti chiede al Parlamento un mandato forte dai partiti che sostengono l’esecutivo. Serve un “tandem”, dice il Presidente del Consiglio, formato da Parlamento e governo, in modo che l’Italia possa arrivare al Consiglio del 28 e 29 con la forza necessaria per discutere le proprie posizioni. Il Premier rivendica il fatto che l’Italia ha “assolto ai suoi obblighi” e ha svolto un ruolo di mediatore tra Parigi e Berlino per avvicinare le posizioni di Francia e Germania: “L’Italia, dice ancora, deve essere un motore unico che spinga l’Europa”.
Il Presidente del Consiglio dice alle forze politiche che gli “orientamenti condivisi tra Parlamento e governo non sono rimasti in quest’Aula, ma hanno contribuito a plasmare, insieme agli indirizzi degli altri stati membri, un’agenda comune europea su cui il governo italiano, come è stato riconosciuto, è stato particolarmente protagonista. Nessun alibi agli osservatori, non sempre benevoli, che guardano all’azione dell’Italia”, quindi, e “nessun complesso”. Perché “noi rispettiamo le regole. Se non le rispettiamo siamo consapevoli che possiamo essere sanzionati”. Le parole d’ordine con cui l’Italia si accomoderà al tavolo di Bruxelles, ribadisce il Presidente del Consiglio, sono le solite: sì al rigore, ma coniugato con la crescita. Su questo, annuncia Monti, sta emergendo un certo consenso. “Il dibattito europeo si sta concentrando sulla crescita e la stabilizzazione – aggiunge il Premier – e sta emergendo, come visto venerdì al quadrilaterale, il consenso verso un pacchetto ampio di misure per stimolare la l’attività economica. È un pacchetto che intravedo e che contiene molti degli elementi che l’Italia per prima ha presentato. E un tassello importante è quello degli investimenti pubblici produttivi”.
“La proposta dell’Italia – ripete – è di usare i firewall, Efsf e Esm, per evitare divaricazioni eccessive degli spread degli Stati che sono in regola con la disciplina di bilancio: quindi l’Italia può permettersi e deve chiedere un meccanismo che si applichi a chi ha rispettato le regole”. Il lavoro sarà “difficilissimo” dunque, ripete Monti sapendo che dall’esito del vertice potrebbe dipendere anche la tenuta dello stesso governo. Ma “sono pronto a restare oltre il limite previsto della riunione e a lavorare fino a domenica sera se necessario perché alla riapertura dei mercati si arrivi irrobustiti da un pacchetto per la crescita, ma anche da meccanismi soddisfacenti per reggere alle pressioni del mercato. Non possiamo permetterci che questa straordinaria costruzione dell’Unione europea possa andare distrutta”.
Monti, che oggi ha incontrato Berlusconi ed Alfano, risponde al Cavaliere, che ha parlato di “assoluta indeterminatezza” delle decisioni che potranno scaturire dal vertice UE. “C’è uno spazio negoziale aperto – dice l’inquilino di palazzo Chigi – non è una riunione in cui si andrà a porre un visto formale su documenti pre-preparati”, puntualizza. Trattative complesse, dunque, ma nessun visto a decisioni già prese. E mentre la Camera si accinge a votare la fiducia al ddl lavoro per licenziare il testo entro mercoledì, Monti annuncia che scriverà una lettera al Presidente del Consiglio Europeo e al Presidente della Commissione “per informarli dei progressi compiuti fino a quel momento dall’Italia sul terreno delle varie riforme che all’Italia venivano richieste. Tutte cose che sono prima di tutto nell’interesse nostro e visto che ci muoviamo in una direzione che è nell’interesse nostro, ma auspicata dall’Europa è bene farla valere fino in fondo e per intero anche in Europa”. Insomma, è la conclusione consegnata al Parlamento con cui Monti arriverà a Bruxelles, “non possiamo permetterci che la costruzione europea possa andare distrutta”.
Parole dalle quali si evince il senso dell’urgenza e che confermano le paure del governo per la riapertura delle Borse. Ma che alzano anche l’aspettativa dei risultati da portare a casa, anche perché la risposta della Germania giunge immediata: Frau Merkel arriva a dire che finché sarà in vita non ci sarà nessuna condivisione del debito. A Bruxelles ci sarà da battagliare.
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