Continua la ‘battaglia’ di Luciano Moggi per ottenere la ‘riabilitazione’ dopo le sentenze sportive su Calciopoli. L’ex DG della Juventus ha proposto un ricorso al Tar del Lazio per ottenere la sospensione del provvedimento con il quale l’Alta Corte di Giustizia del Coni ha confermato la sua radiazione. Con il ricorso (che è in attesa della fissazione dell’udienza di discussione) Moggi chiede anche il risarcimento dei danni subiti. Era il 4 aprile scorso quando L’Alta Corte di Giustizia del Coni confermò la radiazione di Moggi. Tanti i motivi del ricorso al Tar (nelle 47 pagine si chiede di sospendere l’efficacia della sentenza e di consentire a Moggi di non ricoprire lo status di radiato fino alla decisione di merito), l’ultimo dei quali reca una richiesta risarcitoria per danno all’immagine. Secondo quanto reso noto dall’avvocato Federico Tedeschini, sarà proposta al Tar un’istanza istruttoria per nominare un perito per quantificare il danno; se non accolta, la quantificazione sarà fatta con una perizia giurata. Per il resto, la sentenza dell’Alta Corte viene definita illogica, contraddittoria e contraria alla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo “perché è fin troppo evidente – si legge nel ricorso – che il trattamento riservato al ricorrente ha avuto, anche sotto il profilo processuale, carenze gravissime rispetto ai parametri europei, oltreché della giustizia nazionale“.
PRESCRIZIONE – Per i legali di Luciano Moggi, con in testa l’avvocato Federico Tedeschini, la radiazione confermata dall’Alta Corte di Giustizia del Coni nei confronti dell’ex DG della Juventus è prescritta. Sostengono infatti nel ricorso proposto al Tar del Lazio, che, secondo quanto previsto dal Codice di Giustizia Sportiva vigente al momento dell’irrogazione della prima sanzione disciplinare, il termine “spirava al concludersi della quarta stagione successiva alla commissione dell’ultimo atto diretto a compiere l’illecito“, ovvero il deferimento intervenuto nella stagione sportiva 2005/2006. Tra gli altri motivi alla base del ricorso amministrativo c’è il fatto che “il Procuratore Federale ha automaticamente e senza alcuna attività istruttoria esercitato l’azione disciplinare ‘sulla base delle sentenze rese“. Per i legali invece il procedimento sanzionatorio avrebbe dovuto “esplicitamente menzionare quali fatti e circostanze, certe e provate” fossero alla base dello stesso, pena il considerare l’atto “viziato, quindi nullo e comunque privo di efficacia“. Il richiamo alle ‘sentenze rese’, poi “condurrebbe alla paradossale conseguenza – si legge nel ricorso – per cui l’esigua, insufficiente e parziale attività istruttoria condotta nel 2006 e la conseguente imprudente ricostruzione sistematica prospettata dai giudici federali, condizionerebbe l’odierno procedimento che, in violazione di ogni ragionevole principio, dovrebbe considerare prove, fatti e circostanze che, per esempio, pur presenti nei testi di quelle sentenze, non si sono mai verificati“. In proposito i legali citano “il presunto sequestro di persona ai danni dell’arbitro Gianluca Paparesta, nonché l’esclusività dei contatti telefonici esistenti tra lo stesso ed esponenti delle Istituzioni arbitrali”.
Fonte: corrieredellosport.it
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