«Sono stato un po’ anticipato…». Hanno tutti sgranato gli occhi quando Silvio Berlusconi ha detto allo stato maggiore del Pdl, convocato a palazzo Grazioli per un vertice di due ore, e ancora disorientato dalla novità della nuova scesa in campo del leader: «Non ho mai dichiarato di volermi candidare: sono gli altri a chiedermi di tornare».
Sorpresi un po’ tutti, visto che ormai tutti davano per scontato il suo ritorno: da Alfano a Cicchitto, da La Russa a Gasparri e Corsaro, fino a Verdini e Quagliariello. Ma hanno risposto nell’unico modo possibile, arrivati a questo punto della partita: «Lascia perdere, presidente, così faremmo solo confusione, ormai bisogna partire». E ancora: «Se tu hai deciso presidente, siamo con te: visto che hai fatto un passo indietro per il Paese e non a motivo di una sconfitta elettorale».
Tonico, quattro chili in meno di peso, jogging quotidiano anche nelle ville romane e non solo nei weekend sardi, Berlusconi candidato premier alle elezioni del 2013 è tornato in prima pagina anche all’estero: ieri, in apertura dell’homepage del New York Times, edizione internazionale. E ha anche riferito, in quanto patron del Milan, la sua personale spending review: «Ho venduto Ibrahimovic e Thiago Silva al Psg. Risparmiamo 150 milioni di euro. Per una cifra così non si può dire di no. Sarebbe da irresponsabili». Anche il Pdl sarà costretto a una cura dimagrante: visto che la riforma del finanziamento pubblico colpisce innanzitutto il partito di maggioranza relativa, con una cifra consistente, cinquanta milioni di euro in meno. E anche di questo si è discusso ieri. Ma a parte tutto ciò, Berlusconi si è dimostrato preoccupato dei problemi economici del Paese e dell’Europa, di euro e di spread. «Anche se è vero che nessuno ha la ricetta pronta o la bacchetta magica. Dobbiamo sostenere questo governo fino al 2013, non ci sono alternative».
Insomma, il ritorno di Berlusconi non è accompagnato da toni di fuoco contro il governo dei tecnici: «Non farò mai una campagna elettorale contro Monti», avrebbe detto infatti il Cavaliere. Ma, questo il messaggio, «dobbiamo pensare sin da ora a cosa fare dopo, perché dopo il passaggio elettorale del 2013, la politica dovrà riprendere il proprio ruolo». Soprattutto, è risuonato di nuovo a via del Plebiscito il refrain dei tempi di Palazzo Chigi: «No a nuove tasse per famiglie e imprese». Tramontata l’ipotesi di primarie, sul tavolo di palazzo Grazioli è stato discusso innanzitutto il nodo della legge elettorale. Un dossier da esaminare con attenzione, viste le conseguenze che potrà avere sui futuri scenari (e che infatti è stato testato nei sondaggi di Alessandra Ghisleri). Berlusconi vuole il proporzionale (con premio di maggioranza del 10 per cento al partito che raccoglierà più voti) e non transige sul fatto che sulla scheda debbano essere espresse le preferenze, «perché il Porcellum fa solo vincere Bersani & Co…».
Le reazioni alla nuova discesa in campo spaziano dalle ironie agli entusiasmi. Il presidente della Camera, Gianfranco Fini: «Gli italiani non credono più ai miracoli». Mentre il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, afferma: «Avrei preferito Alfano». Pier Ferdinando Casini commenta: «Non è un problema mio, ma del Pdl». Sul fronte del Pdl, Giancarlo Galan ha commentato: «La notizia mi fa godere più di un orgasmo».
E intanto ieri è stata confermata la notizia che Silvio Berlusconi ha convinto Nicole Minetti a fare un passo indietro e a dare lunedì le dimissioni da consigliera regionale della Lombardia. Minetti, eletta nel listino bloccato di Roberto Formigoni senza passare per il voto popolare, è coinvolta nel Rubygate (oggi è attesa per l’udienza del processo a Milano) con l’accusa di favoreggiamento e induzione alla prostituzione. Erano mesi, a quanto pare, che il Cavaliere tentava di convincere la consigliera regionale a fare un passo indietro, nell’ottica di un rilancio della propria immagine in vista della sua discesa in campo.
Fonte: Corriere della Sera
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