Singolare protesta in Togo. Lo stato dell’Africa Occidentale – che confina con il Ghana e il Burkina Faso – ha coniato un nuovo modo per manifestare contro il governo. Numerosi i metodi fallimentari utilizzati, forse troppo poco originali. Questa volta sono scese in campo le donne del gruppo Let’s save Togo che hanno optato per uno sciopero del sesso. Sì, perché per chiedere le dimissioni del presidente Gnassingbé bisogna attirare l’attenzione in qualche modo.
Bisogna rifiutarsi di fare sesso con i propri mariti affinché questi possano ascoltare. Questo il messaggio che si vuole far passare dalla folta coalizione che si esprime anche attraverso Isabelle Ameganvi – leader, nonché legale dell’ala femminile: «Abbiamo molti mezzi per obbligare gli uomini a capire cosa vogliono le donne in Togo. Il più potente di questi è il rifiuto del sesso. Invito tutte le donne a osservare una settimana di sciopero del sesso, di digiuno e preghiere per richiedere la libertà dei i nostri fratelli e mariti arrestati […] Quindi tutte voi signore tenete la porta della vostra ‘patria’ chiusa da questo lunedì fino a domenica».
E gli uomini? Sono entrati in crisi a quanto risulta dalle dichiarazioni dello stesso avvocato. I mariti sono andati dalla coalizione a pregarli affinché rinunciassero alla protesta, ma le donne hanno risposto con un “no” deciso. «Noi abbiamo il potere di cambiare le cose. Non vogliamo restare in cucina, ma possiamo dire la nostra in politica – ha spiegato Ameganvi – Non possiamo stare con le mani in mano mentre i nostri figli e mariti sono rinchiusi in carcere».
Ma a quando risalgono gli scioperi sessuali? Si tratta di una pratica già utilizzata in passato. Prendono le sembianze di attivismo politico e disobbedienza civile. Ma poco importa, a quanto pare funzionano – fintanto che se ne debba parlare e smuovere le masse. Anche il premio Nobel Leymah Gbowee ha utilizzato questa versione dal fiocco rosa di protesta. Come detto poco prima, la donna ha specificato come il loro obiettivo sia più l’attirare l’attenzione che del sesso in quanto tale. La sensibilizzazione c’è nel momento in cui viene negato qualcosa, in tal caso il sesso. Anche in Kenya nel 2009 hanno indotto uno sciopero del sesso per frenare gli scontri tra governo e opposizione. Donna di coraggio è stata Odinga Ida, moglie del Primo Ministro Raila.
Vittoriose sono state le donne delle Filippine che, nel 2011, hanno deciso di negare il sesso agli uomini fintanto che avessero continuato a combattere. Gli scontri tra i villaggi rurali si sono placati anche grazie a questo intervento. Ma c’è chi, nonostante i successi, non crede sia salutare per le donne. A dirlo è Jen Thorpe, scrittrice e femminista convinta del Sudafrica, la quale volge l’attenzione sul significato del sesso che viene trasmesso. «Si rafforza l’idea che il sesso è uno strumento. In Sudafrica, il sesso viene usato come arma attraverso lo stupro e la violenza sessuale. Penso che messaggi come “Ci prenderemo il sesso” o “Eliminiamo il sesso” rafforzino l’idea che il sesso è un punto di transazione accettabile quando si cerca di raggiungere un fine particolare. Si potrebbe suggerire inoltre che le donne lo stanno facendo per controllare gli uomini. Queste però sono le stesse spiegazioni che sentiamo nella cultura della violenza sessuale per legittimare lo stupro».
Roberta Santoro
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