Due ore in Gazzetta, discutendo sui temi attuali del nostro calcio, mostrandosi determinato e sicuro di sé anche quando ha dovuto affrontare gli argomenti più delicati. Walter Mazzarri, che contro il Parma festeggerà la sua trecentesima panchina in Serie A, ha esaltato la crescita costante del suo Napoli; ha discusso del suo rapporto con De Laurentiis, della sua questione contrattuale e del ruolo di anti-Juve che dovrà svolgere il suo Napoli, secondo le indicazioni della critica.
Dunque, Mazzarri, che cosa sta rappresentando per lei quest’esperienza napoletana? La ritiene un punto di partenza?
«No, perché il passato non si dimentica. Questo è il nono anno che alleno in Serie A e mi sento un tecnico esperto, ormai. Il mio unico pensiero resta sempre il futuro immediato. E non so se ciò sia un pregio o un difetto. Di sicuro, Napoli sta rappresentando un’escalation molto bella».
Che cosa la tiene legata a quest’ambiente?
«La crescita costante del gruppo e della società. Ciascuno svolge il proprio ruolo ed io non ammetto interferenze nel mio lavoro. Nel campo tecnico, ovviamente, è compresa una sinergia con chi si interessa del mercato, fermo restando che le linee guida le traccia la società. Da noi, devono tornare i numeri a fine anno. Ed in base al budget così si opera per la compravendita».
Nelle ultime due stagioni il suo legame col Napoli ha avuto momenti di tensione, che hanno fatto ipotizzare il divorzio: com’è il suo rapporto con De Laurentiis?
«Grandi problemi non ce ne sono. Io credo che ci debba essere un confronto forte con il vertice e, per assurdo, è positivo avere delle divergenze, perché uno ha modo di capire l’altro e viceversa. I nostri scontri sono sempre stati un po’ amplificati, comunque. Ogni anno, si parte con un programma e con determinate aspettative, poi c’è il percorso da fare e a fine stagione si tirano le somme. Dopodiché si decide se continuare o meno. Al momento, sono l’allenatore che da più anni (quattro, ndr) resiste sulla stessa panchina».
D’accordo, ma questo campionato è cominciato con una novità: per la prima volta lei è a scadenza di contratto. Cosa significa?
«È stata una mia scelta. Quando lavori per tre anni nello stesso posto hai bisogno di trasmettere nuovi stimoli. Non vorrei che i giocatori, lo staff tecnico, dessero tutto per scontato. Per essere il Mazzarri cavilloso, pignolo, devo avere anch’io sollecitazioni forti. Questa è la prima volta che inizio senza avere un contratto almeno biennale».
E se De Laurentiis la chiamasse per proporle il rinnovo a breve, lei cosa gli risponderebbe?
«Che adesso non è il momento. Lo ringrazierei per la stima, ma se ho detto che ho bisogno di trasmettere ulteriori motivazioni alla squadra e che voglio rimettermi in gioco, allora è giusto che si aspetti, al di là di quella che potrebbe essere l’offerta economica e la durata dell’accordo. Ci sarà tempo e modi di discutere verso la fine della stagione. E, per piacere, di contratto non parliamone più».
Non è che ha intenzione di andare via a giugno?
«Di queste cose ho sempre discusso a fine stagione».
Ma lei si sentirebbe preparato per un’esperienza in Premier League, Liga o Bundesliga?
«Dopo aver allenato a Napoli, non temo niente e nessuno».
Qual è, Mazzarri, l’obiettivo da raggiungere per dire che quella del Napoli sarà stata una bella stagione?
«È difficile dirlo, bisogna saper cogliere il momento. Da quando è finita l’era Maradona, a Napoli è cambiato tutto, è arrivato un nuovo presidente che è ripartito da zero. Con lui, era prevedibile che si tornasse in Serie A. Ma è tutto quanto fatto dopo che è stato straordinario. Il massimo risultato ottenuto prima che arrivassi io, è stato l’Intertoto, con Edy Reja, dopo aver sommato 50 punti in classifica. Con me, invece, il Napoli ha partecipato all’Europa League, alla Champions League ed ha vinto la Coppa Italia».
Va bene, ma quale dovrà essere il prossimo obiettivo? La gente, adesso, si aspetta lo scudetto.
«Invece, dobbiamo augurarci che ci sia sempre una crescita costante. Ora il Napoli è una diretta concorrente per l’alta classifica, da qualche anno lo è in pianta stabile».
In effetti, esperti ed opinionisti indicano il suo Napoli come la principale antagonista della Juve per il primo posto: condivide?
«Il nostro unico vantaggio, rispetto a Milan ed Inter, per esempio, è che abbiamo già un gruppo precostituito, non abbiamo cambiato molto negli ultimi anni. La Juve, invece, ha cambiato. E rispetto alla stagione di Delneri, Conte ha avuto a disposizione gente come Pirlo, Vucinic. Top player, per intenderci, da 5 milioni di stipendio all’anno».
Ha notizie, lei, di un premio scudetto?
«No, ad oggi per il Napoli non c’è».
La Juve, però, ritroverà la Champions League che potrebbe distrarla dal campionato…
«Giocatori esperti come Buffon e Pirlo hanno dichiarato che quando hai un impegno così importante puoi perdere dai 7 ai 10 punti in campionato. Ed è quanto è capitato a noi nella passata stagione, un rallentamento che ci è costato poi la qualificazione all’edizione di quest’anno. Ma se avessimo fatto il colpo in extremis a Bologna, ora saremmo di nuovo in Champions».
Se le proponessero un divieto immediato, smettere di fumare o di criticare gli arbitri, a cosa rinuncerebbe?
«Io non ce l’ho con gli arbitri per partito preso. Ma non mi si dica che non soffrono la sudditanza psicologica. Per far crescere gli arbitri, per aiutarli a non sbagliare, i designatori dovrebbero stare attenti, imporre loro di far rispettare le regole, al di là di chi possano essere gli avversari in campo. È così difficile applicarle per tutti queste norme? L’errore tecnico può anche starci. Ma il problema vero è che nel dubbio viene sempre svantaggiata la squadra meno importante».
La rabbia di Pechino non l’ha ancora sbollita, pare di capire?
«Gli unici ad aver pagato per quella notte assurda siamo stati noi con 3 espulsi. Far finire quella partita 11 contro 9 non è stato giusto, non c’erano i presupposti perché l’arbitro mandasse fuori Pandev e Zuniga, quando Lichtsteiner per tutta la partita aveva insultato il guardalinee ed il quarto uomo senza subire un solo cartellino giallo».
Ritorniamo all’attualità: ritiene riduttivo limitare l’esito di questo campionato alla sola sfida tra lei e Conte?
«Assolutamente sì. Ci sono squadre attrezzate per ben figurare fino in fondo. E mi riferisco alla Roma che ritengo un grande collettivo; alla Lazio che non deve essere sottovalutata, perché ha dato continuità al progetto tecnico ed in più ha ritrovato Klose».
Ed Inter e Milan?
«Danno l’impressione di essere meno forti del passato, ma le ritengo competitive allo stesso livello nostro».
Conte s’è risentito per alcune sue dichiarazioni a proposito del modulo tattico, della difesa a 3 che avrebbe copiato da lei…
«Mi dispiace, io volevo fargli un complimento, ho interpretato la sua scelta come un segno di intelligenza, un momento di bravura. Invece il suo secondo (Carrera, ndr) l’ha presa come un’offesa. Ma non era mia intenzione offendere nessuno».
A proposito di modulo: è giusto dire si vince col 3-5-2 (Juve, Napoli e Nazionale) e ci si diverte col 4-3-3 (Zeman)?
«No, non sono per gli slogan tattici. Ritengo che si possa vincere e divertire a prescindere dal modulo. Io non ho mai cambiato anche quando qualcuno mi ha sollecitato a farlo. Ho avuto il piacere, quando sono stato a Barcellona per il Gamper, d’incontrare Guardiola: abbiamo discusso di tattica e del nostro modo d’intendere il calcio. Alla fine ci siamo trovati sulle stesse posizioni».
Una curiosità, Mazzarri: cosa dirà a Insigne, fresco di convocazione in Nazionale, per comunicargli che col rientro di Pandev, lui ritornerà in panchina?
«Innanzitutto, la Nazionale è un premio che ha avuto e vedremo quanto ci resterà. Lui sa bene che Pandev è un giocatore importante per la squadra, che è un nazionale da una vita, che ha vinto tutto con l’Inter e che prima dell’espulsione di Pechino, era il giocatore più in forma. Lorenzo, invece dovrà diventare un campione. Fermo restando, però, che se mi farà vincere più di Pandev, giocherà lui».
Ma il Napoli è diventato grande anche con Cavani ed Hamsik, che insieme con Maggio le hanno fatto grandi complimenti, l’hanno indicata come il vero artefice della loro crescita.
«Li ringrazio, perché sono sempre attenti, mi seguono e rispettano il lavoro del collettivo. Cavani l’ho fatto diventare un centravanti atipico e la sua forza è quella di non porsi come punto di riferimento per gli avversari. Hamsik, invece, è un fuoriclasse nella mente, uno che cresce di giorno in giorno. Ma è nell’insieme che il mio Napoli sa essere competitivo».
A proposito di Hamsik, lui è stato uno tra i suoi giocatori a subire le violenze di una città difficile: non crede che certi episodi possano convincere questi giovani ad andare via?
«Per la verità, si è un po’ esagerato nel diffondere le notizie. Se lo scippo o la rapina l’avesse subita a Milano, sicuramente non ci sarebbe stata la stessa risonanza mediatica. Seguo i giocatori a 360 gradi ed ho detto loro che robe del genere possono succedere in qualsiasi altro angolo del mondo. Nell’insieme, Napoli ha pure tanti aspetti positivi».
Per concludere, Mazzarri: le manca Lavezzi?
«Fino a quando si vince…».
Fonte: La Gazzetta dello Sport
Riproduzione Riservata ®