Tutto come da copione. Un copione un po’ scontato che non è riuscito a rendere emozionante uno spettacolo che ogni anno tiene incollati davanti allo schermo milioni di persone in tutto il mondo. L’83esima edizione degli Academy Awards non ha riservato nessuna sorpresa. Lo scorso anno ad entusiasmare gli animi c’era stata l’avvincente lotta di Davide contro Golia, del piccolo (The Hurt Locker) che mette al tappeto il gigante (Avatar). A questa edizione è mancata invece quell’imprevedibilità che tiene col fiato sospeso. Chi doveva vincere ha vinto.
Nella notte delle statuette dorate arriva l’ennesima (e annunciata) conferma per Il discorso del Re, ormai da tempo l’unico front runner e non per le 12 nomination, che non significano vittoria automatica come dimostrano pellicole che pur avendo avuto una valanga di candidature sono tornate a casa a mani vuote (un nome per tutti Il Grinta dei Coen, unico vero perdente della serata: 10 nomination, 0 statuette). Dopo la vittoria ai Golden Globes, The Social Network – l’altro grande favorito – ha iniziato inspiegabilmente a perdere punti e favori di fronte all’ascesa inarrestabile del re britannico balbuziente che otteneva riconoscimenti ovunque. Il film di Tom Hooper però, vince ma non stravince. Sono “solo” quattro le statuette conquistate, ma di quelle che pesano: miglior regia, miglior film, miglior attore protagonista (Colin Firth), migliore sceneggiatura originale. Il resto è andato agli altri film, in maniera tutto sommato democratica. Tre statuette a The Social Network di David Fincher, alla colonna sonora, al montaggio e alla sceneggiatura non originale di Aaron Sorkin; quattro (strameritati) premi tecnici, e non per questo meno importanti, ad Inception di Christopher Nolan: fotografia, effetti speciali, sonoro e montaggio sonoro. L’intensa interpretazione de Il Cigno Nero è valsa a Natalie Portman un meritatissimo Oscar come migliore attrice protagonista che l’attrice ha ritirato con il suo bel pancione in vista, come a suo tempo fecero anche Meryl Streep, Catherine Zeta Jones e Eva Marie Saint; senza rivali Colin Firth, migliore attore protagonista per la splendida interpretazione del Re Giorgio VI. Un 94enne Kirk Douglas, in forma e in vena di battute nonostante l’ictus che lo ha colpito, ha premiato come migliore attrice non protagonista Melissa Leo per il ruolo di madre padrona in The Fighter. Altra categoria (migliore attore non protagonista), stesso film (The Fighter), e anche qui la vittoria di Christian Bale, alla sua prima nomination all’Oscar, desta ben poca sorpresa.
A conti fatti, questa 83esima edizione degli Oscar conferma una tendenza già intravista l’anno scorso quando un film tanto piccolo e indipendente come The Hurt Locker sconfisse il kolossal tutta tecnologia ed effetti speciali, Avatar. L’Oscar a Il discorso del re dimostra che per vincere non servono solo effetti speciali e budget multimilionari. Quello che conta sono le storie, ben scritte, ben raccontate e soprattutto ben interpretate. La storia del re balbuziente e del suo bizzarro logopedista ha appassionato, e anche un po’ commosso, giurie e pubblico. Merito del regista Tom Hooper, certo, ma anche delle straordinarie interpretazioni di Colin Firth e Geoffrey Rush, e dello sceneggiatore balbuziente David Seidler che ha saputo infondere allo script un tocco di sofferenza personale. Si può obiettare che a vincere è stato il classico “film da Oscar” su avversari più avanguardisti e a al passo coi tempi, ma certo non possiamo bacchettare l’Academy per aver scelto una pellicola la cui indubbia qualità oggi ci troviamo a celebrare.
Enrica Raia
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