Dal prossimo luglio andare al cinema costerà un euro in più. Questa la sostanza di quella che è stata ribattezzata la “tassa sul cinema”, una delle tante norme inserite nel maxiemendamento al decreto Milleproroghe – divenuto legge lo scorso 26 febbraio – che prevede dal primo luglio 2011 (e fino al 31 dicembre 2013) un contributo speciale a carico dello spettatore pari ad un euro per l’accesso alle sale cinematografiche, ad esclusione di quelle delle comunità ecclesiali e religiose e il cui gettito (stimato intorno ai 45 milioni per il 2011, e a 90 milioni di euro per ciascuno degli anni 2012 e 2013) servirà a finanziare gli incentivi fiscali, tax credit e tax shelter, destinati alla produzione di film italiani e per un parziale rifinanziamento del Fus – Fondo Unico per lo spettacolo.
C’era una volta la classica serata cinema e popcorn, in famiglia o tra amici, rilassante, divertente e ad un prezzo tutto sommato abbordabile. C’era una volta, appunto. Quella che per molti era un’abitudine potrebbe diventare presto un’alternativa. Aggiungere un euro ai 7,50/8 di un ticket normale di oggi, o ai 10/11 euro degli spettacoli in 3D, equivale ad un rincaro per lo spettatore che varia tra il 15 e il 25% sul costo del biglietto. E addio anche ai biglietti ridotti per studenti e anziani. Sarà impossibile mantenere le agevolazioni e andare al cinema con meno di 6-7 euro. Godersi un bel film diventerà sempre di più un passatempo costoso, e per questo elitario, che non tutti potranno permettersi con regolarità. Bisognerà scegliere, insomma. E dovendo farlo, è più probabile che ci si orienti verso un blockbuster milionario tutto effetti speciali, la cui visione sul grande schermo vale il costo esorbitante del biglietto, con il rischio che ad essere penalizzate siano le piccole produzioni, i cosiddetti film minori che sono spesso proprio quelli italiani, paradossalmente gli stessi a dover essere finanziati dalla suddetta tassa. Chi è disposto a spendere più di 10 euro per vedere al cinema un film come Avatar, siamo sicuri spenderebbe volentieri lo stesso per il film di un emergente regista italiano? A meno che non si tratti di un cinefilo appassionato, è probabile che la risposta sia no.
Tassare di un euro ogni biglietto staccato, a prescindere dal prezzo stesso del biglietto, comporta poi che la piccola sala cittadina o quella che offre film più di nicchia pagherà in proporzione molto di più del grande esercizio. E questo può significare la chiusura di quei piccoli cinematografi che già oggi con la concorrenza dei multiplex non navigano certo nell’oro. Fermo restando che il fine di utilizzo della tassa sul cinema è giustificabile, non convince l’iniquità del provvedimento per cui a pagare è il pesce più piccolo. Il cinema italiano è un settore che si porta sulle spalle decenni di tradizione e che ha sfornato e continua a sfornare ogni anno grandi eccellenze. Invece di trovare un sostegno strutturale utile a tenere in piedi il settore, magari introducendo una tassa di scopo da applicare equamente a tutta la filiera di sfruttamento del prodotto film, dall’home-video al digitale terrestre, al satellite, alla telefonia e a internet, ancora una volta si vanno a prelevare le risorse dalle tasche degli spettatori, gli stessi che generano tutto il circuito andando a vedere i film al cinema. Anche in questo periodo in cui i film italiani stracciano quelli stranieri al box office e la quota di mercato occupata dal prodotto nazionale è in aumento, la nostra cinematografia continua a trovarsi in una condizione di ormai perenne debolezza. Far gravare solo sulle tasche degli spettatori il sostegno al cinema è assurdo, ed è un danno per il cinema stesso perché si allontanano i cittadini dalla cultura, risorsa di cui l’Italia per fortuna è ricca. E umiliare così la cultura, è come gettare via nella spazzatura la parte migliore di noi stessi.
Enrica Raia
Riproduzione Riservata ®