Penultima in Italia: questa la posizione di Napoli nella classifica delle città in cui si vive meglio. Secondo la 23esima indagine nazionale de “Il Sole 24 Ore”, che valuta la vivibilità nelle province italiane, insomma, la qualità della vita a Napoli è davvero bassa, meglio solo di Taranto (forse penalizzata dai suoi quattro poli industriali: Ilva, Eni, Cementir e l’Arsenale).
Complici la crisi economica e sociale di questa nostra epoca e i tagli ai servizi pubblici, su 107 città italiane, Napoli conquista – si fa per dire – il 106esimo posto in classifica, riuscendo persino a perdere una posizione rispetto al 2011 (scalzata da Caltanissetta).
I primi posti sono andati a Bolzano, Trento e Siena, anche se è l’intera parte alta della classifica a sembrare dominata dalle città del nord e del centro Italia.
Non solo Napoli, comunque, ma l’intera Campania si presenta come fanalino di coda della nazione: Benevento, la città più vivibile della nostra regione, è all’83esimo posto, mentre Avellino compare 10 posizioni più giù; sprofondano anche Salerno (97esima) e Caserta (98esima).
L’indagine, che si articola in più graduatorie, prende in considerazione sei ambiti, costruiti sulla base di sei indicatori. Tenore di vita, affari e lavoro, servizi ambiente e salute, popolazione, ordine pubblico e tempo libero rappresentano le macroaree sulla base delle quali le città italiane sono valutate ogni anno da “Il Sole 24 Ore”. Napoli risulta ben posizionata solo per le occasioni di tempo libero offerte ad abitanti e turisti (78esima in graduatoria) e per il numero di laureati (in questo caso il capoluogo campano risulta 49esimo in classifica, peccato che l’indice sia poi inficiato da uno dei più elevati tassi di disoccupazione in Italia, per cui Napoli si posiziona al 93esimo posto della sezione affari e lavoro).
Intanto, mentre l’Italia ragiona sui dati diffusi dall’indagine sulla vivibilità nelle province italiane, esplode un nuovo caso tutto napoletano, al limite del paradosso: dopo le polemiche di qualche settimana fa a causa delle lunghissime liste d’attesa per gli interventi (occorrono addirittura mille giorni per un intervento), l’ospedale Pellegrini di Napoli torna alla ribalta mediatica.
Per far fronte agli innumerevoli disagi e disservizi (ricoveri bloccati, barelle nei corridoi) il direttore sanitario Michele Ferrara ha proposto una soluzione a dir poco disperata, autorizzando il personale medico ad effettuare ricoveri anche in assenza di posti letto. “In caso di ricovero urgente – si legge nella nota diffusa dal dirigente – in caso di negatività della ricerca di posti letto sul territorio e in assenza di letti di degenza e di barelle disponibili nel presidio si autorizza il ricovero dei pazienti direttamente in pronto soccorso utilizzando i materassi sanificati anche senza letto”.
Ebbene si, cari lettori. So che starete sbarrando gli occhi dinanzi a tale dichiarazione, eppure il significato delle parole del direttore sanitario è piuttosto chiaro. Non ci sono posti letto? I ricoveri potranno essere effettuati in pronto soccorso, su materassi poggiati direttamente sul pavimento, magari nel bel mezzo dei corridoi della struttura.
Tra gli indignati, dopo la lettura della comunicazione proveniente dai piani alti, non soltanto i pazienti, ma anche lo stesso staff medico: “la direzione sta scaricando la responsabilità di questa situazione disastrosa sulle spalle dei medici – commentano dal pronto soccorso – non siamo un paese in guerra, in questo modo viene messa sotto i piedi la dignità dei medici e dei pazienti. Se davvero saremo costretti a queste pratiche di ricovero oscene piuttosto il paziente me lo porto a casa. Oppure commetterò un reato e andrò a occupare il day surgery nuovo e mai aperto e li sistemerò lì”.
Insomma, a Napoli si vive male e forse, chi ha problemi di salute, rischia di vivere ancora peggio.
Sara Di Somma
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