Don Peppe Diana: assassinato 19 anni fa dalla Camorra, oggi simbolo della lotta all’illegalità

Una foto di Don Peppe realizzata dal gruppo Scout "Agesci"

Una foto di Don Peppe realizzata dal gruppo Scout “Agesci”

19 Marzo 1994, ore 7.25: Don Peppe Diana viene brutalmente assassinato nella sagrestia della Chiesa di San Nicola di Bari, a Casal di Principe. L’ennesimo delitto di stampo camorristico, in un paese che ha ormai imparato a conoscere violenza e sangue e –in un certo qual modo- a considerare certi eventi, ordinari. Ma stavolta è diverso: l’omicidio di Don Peppe fa scalpore, sconvolge, lascia vuoto e un’immensa rabbia. Quel male che per anni aveva cercato di contrastare, lo porta via con cinque colpi di pistola credendo, in questo modo, di farlo tacere per sempre. La camorra è però miope, non si è mai resa conto che un morto può parlare più di un vivo, urlare anche più forte. Don Peppino nasce lì, a Casale, il 4 luglio del 1958. Intellettualmente vivace, nel 1968 entra nel Seminario vescovile di Aversa e qui frequenta la scuola media e il liceo classico. Dimostratosi uno degli alunni più capaci e volenterosi, subito dopo la maturità, Peppe viene inviato a Roma per sottoporsi a un esame preliminare per essere accettato nell’Almo collegio Capranica, finalizzato allo studio della teologia e della filosofia presso la Pontificia Università Gregoriana. Viene ammesso, ma il pensiero di dover lasciare la sua terra lo impensierisce e lo getta nello sconforto. Torna da Roma la sera stessa in cui vi è giunto e riprende servizio presso la parrocchia del Santissimo Salvatore di Casal di Principe. Successivamente si iscrive alla facoltà di Teologia a Posillipo e frequenta contemporaneamente anche la facoltà di Filosofia della Federico II. Il 25 aprile 1981 è ordinato diacono e il 30 ottobre dello stesso anno consegue il baccellierato in Teologia magna cum laude. Nel 1982, invece, è ordinato presbitero presso la chiesa madre del Santissimo Salvatore , consegue la licenza in Teologia biblica e si laurea in Filosofia. Diviene assistente ecclesiastico del Gruppo Scout di Aversa e, il 19 settembre 1989, viene nominato parroco della Chiesa di San Nicola di Bari, a Casale. Successivamente diviene anche segretario del Vescovo. Grande passione, Don Peppino la mise anche nell’insegnamento delle materie letterarie e della religione cattolica, presso vari istituti superiori. L’impegno maggiore, però, è fin da subito quello di cercare di estirpare un tumore che da troppi anni lacera il suo paese, la sua regione. La camorra toglie spazio, prende i giovani, devia le menti e arriva a far credere “normali”, a far accettare come giusti, comportamenti e azioni illegali, brutali, disumane. Nel 1991, a Natale, Don Peppe firma insieme ad altri parroci di Casale quello che è stato considerato –in seguito- il suo testamento spirituale: Per amore del mio popolo non tacerò.

Lo scritto:

« Siamo preoccupati

Assistiamo impotenti al dolore di tante famiglie che vedono i loro figli finire miseramente vittime o mandanti delle organizzazioni della camorra[…]

La Camorra

La Camorra oggi è una forma di terrorismo che incute paura, impone le sue leggi e tenta di diventare componente endemica nella società campana. I camorristi impongono con la violenza, armi in pugno, regole inaccettabili[…]

Precise responsabilità politiche

È oramai chiaro che il disfacimento delle istituzioni civili ha consentito l’infiltrazione del potere camorristico a tutti i livelli. La Camorra riempie un vuoto di potere dello Stato che nelle amministrazioni periferiche è caratterizzato da corruzione, lungaggini e favoritismi. La Camorra rappresenta uno Stato deviante parallelo rispetto a quello ufficiale, privo però di burocrazia e d’intermediari che sono la piaga dello Stato legale[…]

Impegno dei cristiani

Il nostro impegno profetico di denuncia non deve e non può venire meno. Dio ci chiama ad essere profeti.

  • Il Profeta fa da sentinella: vede l’ingiustizia, la denuncia e richiama il progetto originario di Dio (Ezechiele 3,16-18);
  • Il Profeta ricorda il passato e se ne serve per cogliere nel presente il nuovo (Isaia 43);
  • Il Profeta invita a vivere e lui stesso vive, la Solidarietà nella sofferenza (Genesi 8,18-23);
  • Il Profeta indica come prioritaria la via della giustizia (Geremia 22,3 -Isaia 5)

Coscienti che “il nostro aiuto è nel nome del Signore” come credenti in Gesù Cristo il quale “al finir della notte si ritirava sul monte a pregare” riaffermiamo il valore anticipatorio della Preghiera che è la fonte della nostra Speranza.

NON UNA CONCLUSIONE: MA UN INIZIO

Appello

Le nostre “Chiese hanno, oggi, urgente bisogno di indicazioni articolate per impostare coraggiosi piani pastorali, aderenti alla nuova realtà; in particolare dovranno farsi promotrici di serie analisi sul piano culturale, politico ed economico coinvolgendo in ciò gli intellettuali finora troppo assenti da queste piaghe”. Ai preti nostri pastori e confratelli chiediamo di parlare chiaro nelle omelie ed in tutte quelle occasioni in cui si richiede una testimonianza coraggiosa. Alla Chiesa che non rinunci al suo ruolo “profetico” affinché gli strumenti della denuncia e dell’annuncio si concretizzino nella capacità di produrre nuova coscienza nel segno della giustizia, della solidarietà, dei valori etici e civili (Lam. 3,17-26). Tra qualche anno, non vorremmo batterci il petto colpevoli e dire con Geremia “Siamo rimasti lontani dalla pace… abbiamo dimenticato il benessere… La continua esperienza del nostro incerto vagare, in alto ed in basso,… dal nostro penoso disorientamento circa quello che bisogna decidere e fare… sono come assenzio e veleno”. »

Tre anni dopo, l’omicidio. Don Peppe muore senza un lamento, guardando negli occhi l’assassino che gli spara tre colpi direttamente sul volto. Muore senza abito talare; muore nella sua Chiesa, per la sua gente. Tanti ne hanno raccolto l’eredità, nessuno ha intenzione di dimenticare.

Emiliana Cristiano

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