“Fu il sangue mio d’invidia sì riarso che se veduto avesse uomo farsi lieto, visto m’avresti di livore sparso.” Questo era Dante Alighieri.
“Bene o male purché se ne parli” Questo, Oscar Wilde.
“Sei bella, sei famosa e ti sbavano dietro… cosa puoi volere di più dalla vita? E’ normale che m’invidino! ” Questa Paris Hilton!
Da qualsiasi angolazione la si voglia osservare, l’invidia pare essere uguale per tutti. Dal latino in – avversativo – e videre, guardare contro, genericamente guardare male, quindi “gettare il malocchio”. Non desiderare la donna d’altri, non desiderare la roba d’altri, persino la chiesa enumera questo sentimento fra quelli da cui scappare, il sopracitato Alighieri, nel loro girone, dipingeva gli invidiosi con gli occhi cuciti con fil di ferro; invidia, donna accigliata, sorella dell’ammirazione cui nega l’appartenenza.
L’invidioso, talvolta riesce ad impossessarsi dell’oggetto del desiderio, ciò accade in particolare quando s’immerge nella superbia, una gestione più o meno controllata dei propri impulsi e del modo che lo circonda può metterlo in condizione di essere a tratti affabile (se le congiunzioni sono a suo favore) a tratti sprezzante quando il fallimento lo divora; le cause di questo sentimento si celano nell’autostima, se questa si basa sul raggiungimento di un risultato e non su una proiezione esterna di quello che celiamo “dentro”. Ben misero rischia di essere colui che invidia, colui che non riesce a vivere un esempio eccezionale come qualcosa cui aspirare ma da vessare e guardare in cagnesco.
Tutti prima o poi rischiamo di cadere nella trappola, schiavi del risultato immediato, del tutto e subito, chi ne è immune , semplicemente crede in sè stesso al di là del risultato ottenuto.
On line troviamo una interessante descrizione del Dott. Roberto Albanesi circa il modo in cui le diverse personalità propendono al livore.
Svogliati – È presente quanto più il soggetto pretende che il mondo si adatti a lui.
Irrazionali – L’invidia scatta se non si sono comprese le ragioni per cui si arriva a un certo risultato.
Deboli – Nel debole l’invidia è anche frustrante perché è successiva a quello che lui ritiene un fallimento.
Sopravviventi – Per tornare nel proprio mondo di mediocrità si rinuncia alla sfida e un’apparentemente blanda invidia è ciò che resta in superficie.
Statici – L’invidia propria dello statico è caratterizzata dalla negazione del nuovo come superiore.
Violenti – L’invidia del violento puro può essere vista come una forma di “odio senza giusta causa”.
Romantici – L’invidia è sfumata, un’ammirazione che si è inacidita e susseguente a un pensiero : “deve pur esserci un modo per realizzare i miei sogni! Perché io non ci riesco?”.
Insofferenti – L’invidia può essere successiva alla mancata aspettativa di un risultato.
Apparenti – Poiché la vita dell’apparente è una continua gara con gli altri, l’invidia può scattare quando viene superato.
Contemplativi – L’invidia può nascere in tutte quelle manifestazioni culturali in cui c’è una classifica, a iniziare dalla scuola.
…e tu di che gruppo fai parte?
Fiorella fiorellaq Quarto
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