Una ricerca durata anni tra le montagne del Pakistan e l’Afghanistan, una missione complicata dall’incidente di un elicottero Black Hawk, e infine l’uccisione del terrorista più temuto al mondo e la sua misteriosa sepoltura. La morte di Osama Bin Laden, così carica di avventura, sangue e segretezza, è lo spunto perfetto per un action movie in piena regola. Di azioni simili al superblitz dei Navy Seal ne è già pieno il cinema, ma di fronte a questo condensato “reale” di spettacolarità e azione, Hollywood è rimasta spiazzata, costretta stavolta ad inseguire l’attualità invece che anticiparla come una macchina dei sogni che si rispetti dovrebbe fare. Ma è pronta a recuperare.
Adesso che l’ex uomo più ricercato al mondo è stato fatto fuori, c’è chi ha già messo il piede sull’acceleratore per portarne sullo schermo la rocambolesca cattura. Del resto, chi non si sarebbe aspettato un istant movie sull’operazione che ha portato all’uccisione del nemico americano numero uno? Profetica e veggente come Cassandra, Kathryn Bigelow è stata la prima ad averci preso, ma non abbastanza in tempo. Segnando un vero e proprio record nei tempi di reazione di Hollywood, la regista australiana – prima donna a vincere il Premio Oscar nel 2010 per il suo crudo e adrenalinico ritratto dei soldati in Iraq, The Hurt Locker – ad un film su Bin Laden aveva iniziato a lavorarci già da dicembre, assieme allo sceneggiatore ed ex giornalista Mark Boal. Titolo provvisorio: Kill Bin Laden. A dispetto di quanto il nome lasci immaginare, l’intenzione dei due autori era di realizzare un thriller semi-documentaristico sul tentativo fallito di assassinare lo sceicco del terrore, con un focus sulle dinamiche emotive all’interno del gruppo impegnato nella missione. Il film avrebbe dovuto concludersi con la fuga di Bin Laden, ma i recenti avvenimenti hanno cambiato le carte in tavola e spinto la regista a tornare sui suoi passi e a modificare lo script, nel tentativo di adeguare la finzione alla realtà. La premiata coppia Boal & Bigelow pare infatti intenzionata a riscrivere un copione già pronto aggiungendo i dettagli reali dell’operazione, come i 40 minuti dello scontro a fuoco che ha messo la parola fine sulla vita del leone jihadista. I tempi per aggiustare il tiro della sceneggiatura stringono inesorabilmente in vista delle riprese che potrebbero iniziare addirittura già a giugno, o comunque non appena saranno individuate le location più adeguate. Si vocifera che il set sarà in Afghanistan. Una scelta che desterebbe non poche perplessità in merito ai possibili pericoli per la sicurezza della troupe.
In ogni caso, l’occasione è di quelle da non perdere, vista la risonanza mediatica che la scomparsa di Bin Laden ha suscitato in tutto il mondo. E ad Hollywood il solo pensiero di portarla sullo schermo fa fremere più di un produttore. In pole position c’è il rispolvero di un film targato Paramount fermo dal 2006, Jawbreaker tratto dall’omonimo romanzo di Garty Bernsten, un agente della CIA che partecipò alla fallimentare missione militare del 2001 sulle montagne di Tora Bora per eliminare la mente dell’attentato alle Torri Gemelle, a cui pare fosse interessato anche Oliver Stone. Ma il libro per cui si scatenerà una corsa ai diritti cinematografici sarà Seal Team Six – Memoirs Of An Elite Navy Seal Sniper, uno sguardo dall’interno sul commando che ha braccato e ucciso il ricercato numero uno al mondo. Insomma, tanta carne a cuocere che nel peggiore delle ipotesi potrebbe indurre la Bigelow a rinunciare del tutto al suo progetto, a questo punto un po’ troppo inflazionato.
A onor del vero, Bin Laden e le sue gesta terroriste sono il pretesto cinematografico più usato negli ultimi dieci anni di film dedicati alle guerre in Afghanistan e Iraq e più in generale sul terrorismo internazionale. Basti citare ai film incentrati sulla tragedia dell’11 settembre, come United 93 di Paul Greengrass o World Trade Center di Oliver Stone; o quelli in cui Bin Laden era sullo sfondo come Leoni per Agnelli di Robert Redford, il docu-film di Michael Moore, Fahrenheit 9/11 e La 25ª ora di Spike Lee in cui il protagonista, lo spacciatore Monty Brogan, nel suo lungo monologo allo specchio impreca contro il terrorista: “In c**o a Osama Bin Laden, ad Al Qaeda e a quei cavernicoli retrogradi dei fondamentalisti di tutto il mondo. In nome delle migliaia di innocenti assassinati vi auguro di passare il resto dell’eternità con le vostre settantadue puttane ad arrostire a fuoco lento all’inferno”. Parole dure, ma che danno il senso di quello che l’America ha provato per questo supercattivo, ormai sconfitto.
Enrica Raia
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