Legge 194 del 22 maggio 1978. A poco più di 35 anni si rivela inefficiente rispetto alle necessità delle donne. Ad evidenziarlo è stata un’inchiesta pubblicata su Repubblica.it di pochi giorni fa. Sotto accusa, appunto, la norma che sembrava aver rivoluzionato – all’epoca della sua “messa in opera” – la visione della giurisprudenza nei confronti di un tema delicato come l’aborto – argomento, quest’ultimo, di difficile trattamento in Italia per la presenza dell’istituzione ecclesiastica.
Aldilà di ogni aspettativa, nel 1978, la legge 194 fu approvata per dare spessore e dignità alla donna che decideva di effettuare una Ivg, interruzione volontaria di gravidanza. La legge è ancora in vigore, ma ben l’80 percento dei ginecologi e – come confermano i dati – il 50 percento tra anestesisti e infermieri si è dichiarato obiettore di coscienza. L’aborto legale è stato cancellato. Le città maggiormente colpite sono Roma, Milano, Bari, Napoli e Palermo. Le stime rilevano oltre cinquantamila aborti illegali, con le conseguenze devastanti che 40 anni fa avevano portato alla norma di cui sopra: morti silenziose, donne rese sterili. Anche gli aborti spontanei dichiarati all’Istat non convincono. Sembra, infatti, che almeno un terzo di questi siano la conseguenza di un approccio non propriamente “medico” o, semplicemente, “spontaneo”. È tornato il “fai da te” che era diminuito al 50 percento negli anni Ottanta, sono tornati i farmaci di contrabbando che permettano l’interruzione della gravidanza.
Non solo straniere. Molto dettagliata l’inchiesta su Repubblica la quale evidenzia come siano anche molte donne italiane ad usufruire delle prestazioni di cliniche e ambulatori non autorizzati a questa tipologia di interventi. Di qualche settimana fa è la notizia di una struttura a Padova, gestita dalla mafia cinese, che praticava aborti clandestini. Per non parlare dei continui sequestri di pillole abortive o di procedimenti penali emessi nei confronti di professionisti che, all’interno dei propri studi medici, mettevano a disposizione la propria esperienza, a prezzi esorbitanti, per interrompere gravidanze indesiderate.
I consultori e gli ospedali? Per quest’ultimi le liste sono troppo lunghe affinché le donne interessate all’igv possano usufruirne. I consultori, invece, stanno chiudendo lasciando ancora più sole quelle donne, ma – soprattutto – quelle ragazze che si ritrovano ad abortire sole, senza assistenza medica e con il rischio di setticemie e emorragie interne.
Secondo i dati riportati nel libro “194. Storie di aborto. Dalla criminalità alla legalità” del professor Marco Sani, ginecologo e medico legale del policlinico Casilino di Roma: «Prima del ’78 si registravano tra le 350 e le 450mila interruzioni di gravidanza l’anno, per lo più trattate in ospedale come aborti spontanei, quando in realtà erano procurate. L’anno successivo all’approvazione della legge 194, gli aborti documentati sono scesi a 237mila. Nonostante in Italia oltre il 69 percento dei medici siano obiettori, esiste un sommerso di aborti clandestini per cui ogni anno vengono condannati sette operatori sanitari per interruzioni praticate in strutture non idonee, per lo più studi medici privati». Nonostante questo Virginia Giocoli, avvocato civilista del movimento “Freedom for birth”, sottolinea come la legge 194, ancora in vigore, imponga alle Regioni di garantire la continuità assistenziale, anche ricorrendo alla mobilità del personale. Tutto questo affinché ci sia un bilanciamento tra obiettori di coscienza e applicazione della legge, cosa che – nelle Regioni italiane sopracitate – non avviene.
Roberta Santoro
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