Amateli. Odiateli pure. Ma gli Strokes non riesco proprio ad essere indifferenti alle orecchie.
Dopo la bellezza di cinque anni dal precedente First Impressions Of Earth ecco il loro nuovo lavoro, Angles, che punta a zittire critiche e voci su un presunto scioglimento del quintetto newyorkese.
Angles apre le danze con Machu Picchu, ossia il funk che presta il fianco al rock e all’elettronica.
La voce di Casablancas appare più filtrata e molto meno distorta, e in generale in tutto il disco si sentiranno spesso questi arrangiamenti decisamente “eighties”.
Segue a ruota il singolone Under Cover Of Darkness, dal ritornello da stadio e dalle chitarre acide e come solito impastate egregiamente da Hammond Jr. e Nick Valensi, ciò che nel disco più si avvicina al precedente lavoro come atmosfere e arrangiamenti.
Two Kind Of Happiness ci rituffa negli anni ‘80, un pezzo con parecchi tempi doppiati alla batteria ed in generale molto energico, ma personalmente con poca personalità.
You’re So Right farà storcese il naso a molti fan della prima ora, un riff assillante e una voce principale che va a braccetto con effetti degni di tastiera Casio, insomma una canzone che non avrebbe sfigurato nel disco solista di Casablancas.
Taken For A Fool ci riporta nelle giuste atmosfere. Ritmi dritti e secchi, con echi lontani di Jam e Pavement, ciò che in fondo ci piace e ci piacerà ancora sentire dagli Strokes, diciamoci la verità.
Games ci ricorda ciò che è il concept di questo disco, ossia melodie ‘70 e ‘80 riarrangiate per una guitar band. Sicuramente non un pezzo memorabile, ma tant’è.
Call Me Back apre con un pizzicato di chitarra che strizza l’occhio ai bravi e fortunati Little Joy, ossia il progetto solista del batterista brasiliano Fabrizio Moretti.
Metabolism attacca con un ritmo sinistro ed incalzante, riuscendo a tenere ben attaccate le cuffie alle orecchie, ma senza mai aprirsi del tutto.
Life Is Simple In The Moonlight chiuderebbe benissimo il precedente Room On Fire, ma potrebbe essere senza fare fatica il prossimo singolone-scala-classifiche, con quel suo ritornello non banale ma allo stesso tempo fruibile dagli ascoltatori più disparati.
Insomma, con i suoi dieci pezzi ed una compatezza generale Angles potrebbe passare come un album di medio livello. Ciò che ovviamente fa la differenza è la personalità di un gruppo come gli Strokes, che sapientemente mettono lo zampino e svolgono il “compitino”.
Una sorta di album/mantra contro malelingue e voci ormai incalzanti di “separazioni consensuali” verso i proprio progetti solisti.
Poca ispirazione ma pezzi ben arrangiati e figli di esperienza ormai consolidata, sperando che il prossimo lavoro ci stupisca più per altro che per una tastierina anni ‘80 in più o in meno.
E sperando che non passino altri cinque anni!
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