La notizia dell’arresto del bandito sardo Graziano Mesina, rammenta il caso d’Angelo Izzo ( conosciuto come il “ Mostro del Circeo)”.
Ambedue sono frutto di un clamorosa “leggerezza” giudiziaria e se non si trattasse d’errori, si potrebbe ipotizzare l’esistenza una mente sadica, attratta da un’idea malsana di divertimento.
Analizziamo in breve le vicissitudini d’entrambi i personaggi.
Graziano Mesina è il più celebre bandito sardo del dopoguerra: specialista nei rapimenti e sequestri di persona.
Nel definire la sua carriera basta lasciar parlare i numeri: 40 anni in carcere, 5 da latitante, 11 agli arresti domiciliari, 22 evasioni di cui dieci riuscite.
Avendo 72 anni, ne ha avuti appena 15 di libertà (in pratica infanzia e adolescenza).
Il suo primo crimine fu tirare dei sassi al suo maestro elementare e, riferendosi alle evasioni, resta celebre un tentativo di fuggire dal bagno di un treno in corsa oppure l’idea di creare un buco nel pavimento sempre di un treno.
Angelo Izzo è romano, militante dell’estrema destra negli anni ’70: autore di numerosi pestaggi e soprattutto fautore di una violenza carnale ai danni di due ragazze, quando ancora il suo nome era sconosciuto.
Il caso più celebre avvenne nel 1975, quando assieme a due suoi amici ( Andrea Ghira e Gianni Guido) adescò due ragazze d’umili origini ( Donatella Colasanti e Rosaria Lopez). Le invitò in una villa di san Felice il Circeo ( vicino a Roma) e le massacrò per più di 24 ore consecutive ( Rosaria Lopez perse la vita, mentre la Colasanti si salvò fingendosi morta).
Angelo Izzo fu arrestato ( assieme a Guido, Ghira riuscì a fuggire) e tentò per tre volte di evadere.
Una breve spiegazione lascia ora spazio al paradossale seguito della cronaca giudiziaria dei due individui.
Il primo paradosso avvenne nel 1992, in Sardegna: fu rapito (rilasciandolo dopo sette mesi) un bambino, Farouk Kassam.
Probabilmente apparendo ormai come un detenuto modello, Graziano Mesina fu incaricato di trattare la liberazione del bambino: curiosamente fu data fiducia ad un pluri-omicida, che attraverso numerose evasioni aveva già dimostrato di non essere affatto pentito dei suoi gesti.
La successiva liberazione del bambino, portò a Graziano Mesina una sorta di “ positività”: la favola di un bandito che si redimeva
Purtroppo molto presto il sogno divenne incubo: pochi mesi dopo il sequestro gli fu revocata la libertà condizionale per il ritrovamento di un kalashnikov nella sua abitazione e addirittura fu di nuovo incarcerato per sospetto di un nuovo sequestro di persona.
E’ triste pensare come la vita di un bambino fosse stata data in mano ad un personaggio simile.
Osservando i suoi filmati, Angelo Izzo colpisce sempre: impressiona il suo tono ironico ( accompagnato da diaboliche risatine), mentre racconta i suoi misfatti e lo sguardo che ( a causa probabilmente di disfunzioni alla tiroide) spesso appare allucinato, attraverso due occhi sporgenti che talvolta sembrano uscire dalle orbite.
La follia non lo ha mai abbandonato, fin dal momento in cui ha snocciolato presunte verità su numerosi casi misteriosi di cronaca italiana ( le varie stragi, gli omicidi di Pecorelli e Giorgiana Masi e la mafia), rivelatasi del tutto infondate.
Nel 2009 si sposò, con la giornalista Donatella Papi (un nome è un destino ? ) che curiosamente era pronta a difenderlo dagli omicidi commessi, ma in seguito divorziò(dopo che lui s’auto accusò dei più celebri misteri della storia italiana contemporanea).
Nonostante l’evidente instabilità mentale, nel 2004 ottenne la semi libertà e lasciò il carcere di Campobasso, lavorando in una cooperativa: strinse amicizia con due donne, Carmela Linciano e la figlia minorenne Valentina Maiorano, figlie di un mafioso conosciuto da Izzo in carcere.
A seguito di un’attitudine (dimostrata in carcere) di appassionarsi a chi è solo e indifeso, il rapporto fu assecondato da chi aveva il compito di seguirlo e nessuno osservò la coincidenza di due donne, come nel caso del Circeo.
Izzo le uccise senza troppi scrupoli e con lucida follia, spiegando che la madre era troppo “ oppressive nei suoi confronti” e la figlia era una testimone scomoda.
Infine l’ultimo caso di giustizia paradossale riguarda Graziano Mesina ed è cronaca degli ultimi giorni.
Il vecchio bandito, ormai in libertà, era diventato autista di un pulmino: una sorta di “ Cicerone” che si avventurava tra i monti della Sardegna, spiegando per filo e per segno i suoi nascondigli e i trucchi di sopravvivenza.
Probabilmente furono queste reminiscenze che diedero “ nuova linfa” a Mesina, che cominciò un traffico di droga e addirittura progettò un ennesimo sequestro di persona.
Questa serie d’accadimenti lo ha portato ad un nuovo e clamoroso arresto.
E’ naturale, leggendo queste notizie, che affiori un certo sorriso amaro: nasce la consapevolezza che dietro ad un sorriso si nasconda la patologica giustizia italiana, profondamente malata.
Antonio Gargiulo
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