La notizia continua a monopolizzare da domenica sera stampa e social network ed è stata oggetto di quotidiani e media anche internazionali: è quella dell’incidente avvenuto in Irpinia, dove – nella serata di domenica 28 luglio – un pullman è precipitato dalla carreggiata autostradale nel tratto tra Monteforte Irpino e Baiano, rompendo la barriera laterale in cemento. Dopo aver compiuto un volo di circa 30 mt si è poi schiantato in un viadotto, trasformando in carneficina una gita fuori porta per i 39 cittadini campani deceduti nell’incidente secondo le stime governative (sarebbero 38 le vittime secondo la procura avellinese).
Una scena raccapricciante deve essersi presentata agli occhi dei primi soccorritori, dei paramedici, dei volontari: urla strazianti, richieste d’aiuto, bambini spaesati e con il viso coperto di sangue. Le vittime, tutte adulte e in larga parte decedute sul posto, provenivano per lo più da Pozzuoli, Giugliano, Marano: si conoscevano tutti, erano soliti organizzare tramite amici e parenti gite e pellegrinaggi. Domenica sera erano di ritorno dalle Terme di Telese e da una visita a Pietrelcina, luogo di culto legato a padre Pio, in direzione di Napoli, verso casa, la famiglia, gli affetti.
Sono stati, invece, i familiari a raggiungerli, compiendo un viaggio triste culminato nel difficile rito del riconoscimento: i corpi dilaniati sono stati deposti prima sul terreno, coperti con lenzuola bianche, poi nelle bare, trasportati in una provvisoria camera ardente all’interno della palestra di una scuola locale.
Sono storie di dolore quelle raccontate dai media in queste ore terribili, come quella di Ilaria che, nell’incidente, ha perso entrambi i genitori (infelice sorte condivisa con la cugina), e che ha urlato affinché le loro salme venissero trasportate insieme verso casa, ma anche di coraggio, come quella dei bambini ricoverati all’ospedale Santobono, che, in gravi condizioni, lottano per la sopravvivenza pur senza i genitori al proprio capezzale (forse ricoverati in altri ospedali o dispersi). Sono anche storie di grande forza d’animo come quella del rianimatore accorso sul luogo dell’incidente, Maurizio Abenante, che nonostante il rischio – la barriera in cemento divelta penzolava ancora dal viadotto – si è detto “il mio lavoro però è questo” ed è intervenuto cercando di salvare più vite possibili.
Ignote ancora le cause, piuttosto confusa la dinamica dell’incidente. Il pullman avrebbe iniziato a perdere pezzi durante la corsa, forse a causa di un precedente slittamento contro la carreggiata: un operatore della rete autostradale, sul posto per segnalare i rallentamenti e la coda formatisi intorno alle 19, avrebbe visto passare il mezzo a tutta velocità e senza la portiera anteriore, mentre alcuni operatori accorsi dopo il disastro avrebbero ritrovato parti del sistema di trasmissione del pullman a terra ad oltre 1km dal punto dell’incidente. Prima di precipitare nel viadotto di Acqualonga, il pullman ha urtato diverse automobili in coda: testimoni raccontano di aver udito uno scoppio – forse una gomma usurata? – prima della corsa impazzita verso il guardrail, altri ancora hanno descritto l’eroico tentativo dell’autista di evitare le auto dinanzi al proprio mezzo dopo averne perso il controllo. Tuttavia, non vi sono segni di frenata sull’asfalto – tanto da far ipotizzare anche un guasto al sistema frenante – ma solo i feriti e le carcasse delle auto inevitabilmente colpite dal violento impatto.
Mentre il Governo invoca per oggi, giorno dei funerali, il lutto nazionale, Pompei – che conta 28 vittime tra i suoi abitanti – proclama tre giorni di lutto cittadino e la Procura di Avellino apre un’inchiesta per concorso in omicidio plurimo colposo e disastro colposo. Sembra che vi siano già indagati a registro, eppure non è dato sapere di chi si tratti e perché. Certo è che, dalla procura, hanno fatto sapere che non ci saranno sconti e che le indagini saranno curate per bene.
Per ora si sa che il pullman della ditta “Mondo Travel” di Giugliano era stato revisionato nel marzo 2013 e che era stato reimmatricolato: il mezzo risaliva al 1995 e forse è questa una delle ragioni per cui gli uffici della ditta campana sono stati perquisiti e molti documenti prelevati dalle forze dell’ordine. Gli accertamenti saranno necessari per far luce sulla dinamica dell’incidente, sulle eventuali responsabilità dell’autista – anch’egli morto nell’incidente; sul suo corpo sarà effettuata un’autopsia per stabilire se è stato vittima di un malore – nonchè sulla viabilità del tratto autostradale della A16, non nuovo ad incidenti. Nel 2003, forse non a caso, lo stesso tratto fu teatro di un’altra simile tragedia, che causò la morte di 5 persone. Inoltre, molti incidenti si sono susseguiti in questi anni, in una strada in forte pendenza – il limite di velocità è fissato a 80 km/h per una pendenza del 3% – caratterizzata da un’ampia curva in discesa.
La procura ha affermato che le indagini si stanno soffermando anche sulla posizione della società Autostrade per l’Italia e che sono già state sequestrate le immagini dell’incidente riprese dalle telecamere fisse apposte sul tratto stradale dalla stessa società. Del resto, il luogo dell’incidente è stato definito come uno dei punti più pericolosi della rete autostradale ed era stato ricostruito nel 2009, quando travi originarie erano state demolite con l’esplosivo e ne erano state costruite due nuove. Se il pullman ha solo strisciato contro il guardrail per evitare il tamponamento di altri mezzi in coda e rallentare la sua corsa, la barriera avrebbe dovuto restare salda, ma così non è stato e bisognerà accertare il tipo di impatto avvenuto.
Sono molte le domande che, in queste ore, si susseguono: cosa è accaduto in quegli ultimi minuti sul bus? In che condizioni era il pullman? Perché la barriera in cemento non ha retto all’urto? Forse avere risposte non appagherà il dolore di chi è rimasto, ma almeno aiuterà a capire, a “farsene una ragione” come si dice in questi terribili casi, quando non vi sono più parole utili a colmare la sofferenza.
Sara Di Somma
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