Ce l’ha con tutti Carmine Schiavone: con se stesso perché “si è pentito veramente” e se potesse tornare indietro ci ripenserebbe; con le Istituzioni che lo hanno abbandonato ed hanno cercato di ucciderlo “materialmente, moralmente ed economicamente”; con i politici, le forze dell’ordine, tutti i preposti controllori della legge che hanno permesso alla camorra di espandersi, con un occhio chiuso ed una mano protesa per prendere le mazzette versate dal clan.
E’ agghiacciante l’intervista dell’ex boss, fratello e braccio destro di un altro celebre Schiavone, “Sandokan”: divenuto collaboratore di giustizia, pentito, dal 1993 ha permesso, con le sue dichiarazioni, l’arresto e la condanna di capi ed affiliati del clan dei Casalesi nel processo Spartacus. Ora è libero, dopo 20 anni scontati tra carcere ed arresti domiciliari, e, per la prima volta davanti alle telecamere, parla dei loschi affari che gestiva e spara a zero sull’assenza di leggi che, in Campania, impedisce una concreta lotta alla mafia.
E’ agghiacciante l’intervista perché parla di una terra martoriata dall’inquinamento e dallo sversamento illegale di rifiuti tossici, ma soprattutto, perché profila un futuro ancora lungo e prospero per il “sistema” più conosciuto al mondo: “l’organizzazione non morirà mai” dichiara Schiavone ai microfoni di SkyTg 24, perché ancora troppo forti sono le influenze sull’intero sistema politico ed economico della Campania e dell’Italia, perché ancora troppo forti sono la connivenza e la corruzione a livello istituzionale.
Schiavone conferma che il vero business del clan è stato lo sversamento illecito di rifiuti tossici nel territorio campano e del basso Lazio, scelti perché “terra del clan”. Una bomba ad orologeria che sta già esplodendo sotto gli occhi impotenti di migliaia di cittadini, molti – purtroppo – ancora bambini, che si ammalano e muoiono di tumore, in questo territorio – non stanchiamoci mai di ripeterlo – più che in ogni altra regione d’Italia.
Insinua, Schiavone, e, con le sue parole, fomenta la lotta dei comitati della Terra dei fuochi che, inarrestabili, continuano a difendere la propria terra intossicata: “abbiamo avvelenato un territorio intero” dice l’ex boss, ma soprattutto si chiede che fine abbiano fatto le sue dichiarazioni circa lo sversamento di rifiuti tossici, le targhe dei camion preposti allo sversamento – che ricordava addirittura a memoria – e i nomi delle ditte per lo smaltimento rifiuti coinvolte nell’affaire; insinua, Schiavone che le Istituzioni non abbiano la voglia o la forza di agire contro un così grave problema. E su questo fonda la sua terribile previsione: “l’organizzazione non morirà mai”.
I dubbi del pentito sono, in fondo, gli stessi di tanta gente che, stanca dei “verbi al futuro” della classe dirigente – “faremo, diremo, provvederemo”, come scrive don Patriciello – si domanda perché cala sempre il silenzio delle Istituzioni dinanzi alla diffusione del cancro in Campania, dinanzi alle proteste contro i roghi tossici, dinanzi all’assenza di un registro tumori per la regione Campania chiesto a gran voce dalla cittadinanza. “Si muore per motivi vergognosi ed evitabili. Per silenzi omertosi. Per denaro e per potere. Ma chi se non lo Stato, nel quale continuiamo caparbiamente a credere e a sperare, deve prendere di petto la situazione?” chiede don Patriciello dalle pagine di Avvenire, preoccupato al pari dell’ex boss, dalla mancanza di soluzioni concrete per il territorio campano che prevedano il controllo contro lo sversamento illegale di rifiuti ancora oggi imperante e la bonifica dei terreni.
É proprio da don Patriciello che, dopo l’intervista andata in onda su SkyTg 24, giunge un monito a Carmine Schiavone: “Aiutaci anche tu a svergognare questi loschi figuri nascosti dietro la cravatta e il computer. Non è giusto che il termine camorrista venga appiccicato solo a voi. Loro lo sono stato quanto e forse più di voi. Ma, ti prego, esci dal generico. Dicci chiaramente dove, in quale contrada, in quale terreno, in quale sito sono stati sversati i veleni che stanno portando a morte la nostra gente, i nostri giovani, i nostri figli”.
Sara Di Somma
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