Matteo Renzi, Giorgia Meloni, Matteo Salvini, Angelino Alfano, Enrico Letta.
Cinque leaders pressappoco quarantenni: qualcosa è cambiato nella politica nostrana e se anche gli altri partiti decidessero di “svecchiarsi”, in parlamento girerebbe aria nuova.
Non bastano i visi giovani e puliti, mutano anche i discorsi e gli argomenti: si parla di fatti concreti, non si compiono più crociate (“pro o anti Berlusconi” o “fascismo contro comunismo”) e non si disserta più su effimere alchimie partitiche.
I nuovi politici hanno vissuto di striscio l’epoca della guerra fredda (in adolescenza hanno visto crollare il muro di Berlino) e non sono figli frustrati del ’68: rimasti delusi dalla “Seconda Repubblica” (a tratti un po’ soporifera) auspicano riforme concrete.
Il dubbio è che le belle parole espresse si trasformino nella solita minestra.
Nonostante la distinzione fosse lo stimolo originale, la “Seconda Repubblica” ha in se tanti difetti ereditati dalla precedente: quanti governi hanno “tirato a campare”, promuovendo pochissime riforme ? quanti ministeri sono durati il battito di ciglia, crollando per motivi futili? Quanti scandali sono scoppiati, quasi quotidianamente?
Lo stesso Silvio Berlusconi (la grande “novità” ) ha compiuto alcuni sforzi riformatori ma sempre nel sospetto d’interessi personali ed inoltre, alcune volte, si è arenato ed ha accampato la scusa d’alleati infidi.
Sembra paradossale, ma talvolta la “Prima Repubblica” ha espresso dei valori pressoché scomparsi nell’era successiva: la dignità, il coraggio, la maturità democratica (ove i partiti si riuniscono nei momenti di crisi) e l’onestà.
La politica odierna manca di dignità, un termine sulla bocca di tanti ma di scarso senso pratico: dignità capace di distinguersi dagli altri partner esteri, evitando le sottomissioni.
Alcide De Gasperi durante il congresso di pace successivo alla seconda guerra mondiale, si presentò con abiti dimessi e con la coscienza di essere un perdente (evitando di chiamare “alleati”, coloro che erano “nemici” sino a pochi giorni prima): esibendo solo la sua persona, ebbe il plauso e la stima di tutte le nazioni più importanti e fece valere l’Italia.
Bettino Craxi durante la crisi di Sigonella (quando, durante il sequestro della nave “Achille Lauro”, gli Stati Uniti intervennero prepotentemente per costringere il governo italiano a rilasciare i terroristi ) fece voce grossa nei confronti degli americani, costringendoli ad abbassare i toni “padronali”.
Giulio Andreotti ed Amintore Fanfani impostarono una politica estera filo-araba, subendo minori ripercussioni durante le varie crisi petrolifere ed evitando di dipendere troppo dalle multinazionali (questo grazie al coraggio imprenditoriale d’Enrico Mattei, che pagò con la vita).
E’ giusto ricordare il sistema corrotto di Craxi o le mosse politiche felpate e tortuose d’Andreotti: ma chi oggi osa scontrasi con le grandi potenze ? chi tenta di trattare con altri stati ?(Berlusconi con Gheddafi fu un po’ troppo teatrale).
La classe dirigente odierna manca di coraggio, coraggio di osare: molte riforme sono promesse ma appena abbozzate.
I governi d’alcuni leaders (Alcide De Gasperi, Bettino Craxi, Amintore Fanfani e Giulio Andreotti) vararono diverse riforme e di grande spessore: riforma agraria, cassa per il mezzogiorno, taglio della scala mobile, concordato tra stato e chiesa, riforma della giustizia, della sanità, della scuola, riforme economiche, sociali, ecc.
Indubbiamente furono deformate, modificate e non impostante nella maniera ottima: eppure queste leggi vigono tuttora in Italia e sono valide.
Alcide De Gasperi fu tra i pochi statisti (oltre al tedesco Adenauer ed il francese Schuman) che progettarono un abbozzo d’Unione Europea, in netto e coraggioso contrasto col dominio americano di allora e con ideali ben diversi dalla burocratizzazione odierna: purtroppo lo statista morì un anno prima del trattato di fondazione (1955, non casualmente a Roma).
Il coraggio di De Gasperi si riscontrò anche in un’altra occasione: nei primi anni ’50 l’energico Papa Pio XII, volle creare una coalizione politica (nel comune di Roma) tra cattolici e neo-fascisti, lo statista democristiano si rifiutò e si attirò le antipatie del Pontefice.
Tuttora è improbabile che un politico si rivolti ad un ordine del clero, allora era addirittura improponibile.
La speranza è che la divisione politica odierna sia meno aspra di qualche anno fa (quando l’anti berlusconismo rappresentava un ostacolo insormontabile): spesso la democrazia italiana si è dimostrata immatura, quando in periodi di crisi si tentava un governo di coalizione.
Lo stesso discorso non si può riferire alla “Prima Repubblica”.
Immediatamente dopo la caduta del fascismo, i grandi leaders della resistenza (esperienza clandestina che manca agli “smidollati” politici d’oggi) si ritrovarono, a fianco fianco(nonostante le notevoli differenze ideologiche), nel tentativo di rimettere in piedi uno stato distrutto: addirittura scrissero armoniosamente l’odierna costituzione, quando in campo politico già litigavano aspramente.
Lo stesso “miracolo” avvenne alla fine degli anni ’70, quando la grave situazione economico-sociale (il terrorismo e l’inflazione galoppante), spinse la Dc e il Pci ad allearsi in governi di coalizione; l’esperienza fu di breve durata (furono partorite però importanti leggi sociali) e i due partiti continuarono a combattersi ancora più aspramente, denotando come “governo di coalizione” non significhi per forza “inciucio”.
Una figura preziosissima (ma purtroppo senza eredi nel mondo d’oggi), fu Aldo Moro: dotato di una dote di mediazione fuori del comune, capace di unire gli ideali più divaricati.
E’ doveroso ricordare come la politica d’Aldo Moro comportò l’immobilismo soporifero più assoluto (evitando di rompere i fragili accordi): un danno per la democrazia di allora (e d’oggi), ma un giusto risvolto d’armonia.
Un quarto pilastro di una buona politica, che si spera sia riscontrabile nelle nuove leve: è l’onestà, la moralità.
La “Prima Repubblica” è il simbolo della disonestà, dato il fenomeno di tangentopoli: eppure molte figure oneste possono essere prese ad esempio.
Pietro Nenni, il vecchio leader del Psi, fu un fautore della libertà e lottò per essa durante il fascismo: in politica attiva ebbe un susseguirsi di sconfitte e vittorie, condite da una grand’umanità (riconosciuta da ogni avversario politico) e coerenza; da autentico idealista verso in beneficenza il “premio Stalin” quando si rese conto delle brutture del regime stalinista, avvicinandosi gradualmente alla socialdemocrazia.
Enrico Berlinguer, indimenticabile leader del Pci, sventolò la bandiera della “questione morale” del suo partito, davanti agli scandali della Dc; probabilmente il Pci non fu così candido come appariva, ma pulita fu la figura dello stesso suo leader: un esempio nel privato e anche nella passione politica(esemplare è la morte durante un comizio, la cui fede politica lo portò a terminarlo nonostante un ictus in corso).
Infine memorabile (seppur il tempo lo abbia un po’ dimenticato) è la figura del leader Repubblicano, Ugo La Malfa, definito “la Cassandra”, poiché non mancò mai di denunciare gli sprechi della politica (invocando una sana austerità): La Malfa fu un intellettuale illuminato, in grado di sviluppare innovative riforme, purtroppo non sempre andate a buon fine (non per demerito di La Malfa).
Non bisogna mai dimenticare che la “Prima Repubblica” fu anche un lungo tempo sprecato in chiacchiere e rinvii: un periodo che è però degno di analizzare, nelle sue negatività ma anche nelle esemplari positività.
Antonio Gargiulo
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