Eduardo De Filippo, icona del teatro napoletano, nasce sotto il segno della diversità: è figlio illegittimo di un altrettanto famoso Eduardo (Scarpetta, dal quale di certo ereditò il grande talento) e di una sarta teatrale, Luisa De Filippo. Nasce, soprattutto, sotto il segno della vergogna e del pettegolezzo perché Luisa, la madre, è nipote della moglie di Scarpetta, Rosa De Filippo. “La curiosità morbosa della gente intorno a me non mi aiutò certo a raggiungere un equilibrio emotivo e mentale. Così, se da una parte ero orgoglioso di mio padre […], d’altra parte la fitta rete di pettegolezzi, chiacchiere e malignità mi opprimeva dolorosamente. Mi sentivo respinto, oppure tollerato, e messo in ridicolo solo perché “diverso”. Da molto tempo, ormai, ho capito che il talento si fa strada comunque e niente lo può fermare, ma è anche vero che esso cresce e si sviluppa più rigoglioso quando la persona che lo possiede viene considerata “diversa” dalla società. Infatti, la persona finisce per desiderare di esserlo davvero, diversa, e le sue forze si moltiplicano, il suo pensiero è in continua ebollizione, il fisico non conosce più stanchezza pur di raggiungere la meta che s’è prefissata”. Queste le parole del grande attore, autore e regista teatrale in merito alla propria vicenda privata.
Di lui si può senza dubbio affermare che abbia passato tutta la vita sul palco, avendo calcato le scene per la prima volta a soli 4 anni – proprio nella compagnia del padre – durante la rappresentazione dell’operetta La Geisha. Studiò al collegio Chierchia a Foria – dove compose i suoi primi versi prendendo di mira la moglie del direttore dell’Istituto – ma non si diplomò: dopo diversi tentativi di fuga, infatti, tornò a casa e qui fu severamente istruito dal padre, che pare lo costringesse a leggere e ricopiare interi testi teatrali ogni giorno. Tuttavia, l’insofferenza, le instancabili “malelingue” e la necessità di trovare il proprio spazio nel mondo, lo indussero ad allontanarsi da Napoli e a prendere le distanze dalle proprie radici: “la mia “diversità” mi pesava a tal punto che finii per lasciare la casa materna e la scuola e me ne andai in giro per il mondo da solo, con pochissimi soldi in tasca ma col fermo proposito di trovare la mia strada. Dovrei dire: di trovare la mia strada nella strada che avevo già scelto da sempre, il teatro, che è stato ed è tutto per me”. Rientrato in città, infatti, Eduardo recitò prima nella compagnia di Rocco Galdieri, poi in quella di Enrico Altieri per poi entrare stabilmente a far parte – come la sorella Titina – della compagnia teatrale del fratellastro, Vincenzo Scarpetta, nel 1914. Qui si dedicò con passione al teatro ricoprendo le più svariate funzioni, oltre al ruolo di attore: fu servo di scena, attrezzista, suggeritore. Neppure il servizio militare, che Eduardo compì tra il 1920 e il 1922, riuscì a separarlo dalla recitazione: organizzava, infatti, spettacoli per i compagni bersaglieri, ricoprendo non soltanto il ruolo di attore, ma anche quello di autore e di regista. Proprio in questi anni scrisse le sue prime commedie, “Farmacia di turno” e “Ho fatto il guaio? Riparerò!”, successivamente ribattezzata con il più noto titolo “Uomo e galantuomo”. Di ritorno dal servizio militare, dopo un periodo nella compagnia di Francesco Corbinci ed alcuni anni al seguito di Vincenzo di Napoli, Eduardo rientrò nella compagnia di Scarpetta, per poi lasciarla in favore di quella di Luigi Carini, dove ottenne il ruolo di “attore brillante”. Anche questa esperienza, però, durò poco: troppo forte è il richiamo delle origini ed Eduardo tornò presto a far parte della compagnia di Scarpetta, per cui scrisse e recitò “Requie a l’anema soja” (poi ribattezzata “I morti non fanno paura”).
La vita di Eduardo dietro le quinte non fu mai di dominio pubblico: l’uomo, infatti, mantenne sempre un certo riserbo per le proprie vicende personali, tuttavia è noto che, in questi anni di fervore ed intense esperienze professionali, durante i quali affrontò anche il lutto per la morte del padre, conviveva con una giovane di nome Ninì, alla quale dedicò anche dei versi d’amore, mentre nel 1928, sposò la sua prima moglie, Dorothy Pennington, giovane americana dalla quale si separò nel 1952.
Tra i molteplici cambiamenti professionali che Eduardo affrontò negli anni, senza dubbio centrale fu l’esperienza lavorativa con la sorella Titina ed il fratello Peppino, che porterà nel 1931 alla nascita della compagnia Teatro Umoristico “I fratelli De Filippo”, che debuttò a Roma e Milano, prima di stabilirsi a Napoli al Teatro Kursaal. Numerosi sono i successi del trio, tra questi il classico “Natale in casa Cupiello”, “Sik Sik”, “Quei figuri di trent’anni fa”. Celebre è, tuttavia, il diverbio del 1944 che causò la separazione artistica e personale dei fratelli De Filippo, il litigio tra Eduardo e Peppino, a seguito del quale la compagnia si sciolse ed Eduardo proseguì da solo la carriera teatrale, fondando una propria compagnia – definita semplicemente “Il teatro di Eduardo”.
Come dichiarato dallo stesso Eduardo, le opere da lui prodotte affondano le radici nell’eterno conflitto tra l’uomo e la società; forse proprio in virtù di questa tesi egli divise in due parti ben distinte la sua produzione teatrale, con il secondo conflitto mondiale che travolse l’Italia a fare da spartiacque. Gli scritti del periodo prebellico sono intitolati Cantata dei giorni pari; quelli del periodo postbellico, Cantata dei giorni dispari. Alla prima raccolta il grande autore fa corrispondere un’epoca in cui il teatro poteva rappresentare uno strumento di evasione e divertimento; successivamente la guerra venne a rovesciare gli equilibri sociali e la vita psichica individuale, al punto da influenzare in modo significativo la produzione teatrale di Eduardo che, in un periodo in cui tutti i più importanti valori – la famiglia, la religione, Dio – sembravano essere contestati e derisi, diede voce all’uomo in guerra, solo dinanzi alle difficoltà del mondo. Eduardo visse profondamente questa frattura ed è evidente nelle opere postbelliche non soltanto l’evoluzione dei tempi, ma anche quella dell’uomo-Eduardo, che inizia ad occuparsi di temi più impegnati pur non abbandonando il suo particolare umorismo.
La fama dell’attore è legata anche ad un noto teatro napoletano. Nel 1948, infatti, Eduardo comprò il teatro San Ferdinando, che era stato distrutto dai bombardamenti, la cui ricostruzione finanziò a proprie spese, coronando nel 1954 il sogno di ogni attore: possedere il proprio teatro. È in questo periodo che viene consacrato ai posteri nella sua triplice natura di attore, autore e regista grazie ad opere come “Napoli milionaria!”, “Questi fantasmi”, “Filumena Marturano”, “De Pretore Vincenzo”, “Sabato, domenica e lunedì”. Lavorò anche al cinema, accanto a Vittorio De Sica e Totò – con il quale strinse una profonda amicizia ed interpretò, nel 1950, “Napoli milionaria!”.
Nel 1956 sposò Thea Prandi che gli diede due figli, Luisa e Luca, ma non la stabilità emotiva. Si separarono, infatti, nel 1960 – un anno prima della prematura morte di lei – e solo molto tempo dopo Eduardo si legò ad un’altra donna, la scrittrice Isabella Quarantotti, che sposò nel ’77. Molti furono i riconoscimenti conferitigli nel corso della sua carriera: degni di menzione sono sicuramente la laurea in lettere honoris causa ricevuta, nel 1980, dall’Università di Roma e la nomina a senatore a vita del 1981.
Sara Di Somma
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