C’è qualcosa di nostalgico e malinconico nei “la la la” di Dario Brunori, c’è sempre stato.
In un paese dove la novità musicale, come tutte le novità, deve già aver fatto tanta gavetta e tanta esperienza (ma siamo sicuri che sia un metodo così sbagliato, specie in termini qualitativi?) ecco che nel 2009 spunta questo occhialuto cantautore calabrese, che sforna quell’ autentico capolavoro di testi e sonorità che era Vol.1, un disco di perle rare che lanciano il nostro nell’olimpo del cantautorato italiano, Si, perchè Dario Brunori ha le stimmate sacre dei Battisti, dei Graziani ma soprattutto di Rino Gaetano, dal quale trae spunto sia come tematiche che come interpretazione dei pezzi, con la stessa voce tagliente e ironica.
Con la consapevolezza di chi già sa che i propri pezzi rimarranno negli anni fra falò di spiaggia e chitarre acustiche brandite nelle gite scolastiche, Dario si mette a lavoro e lascia ai posteri il giusto seguito al lavoro precedente, un Vol.2 da urlo, un Vol.2 fatto di “Poveri Cristi” appunto, un concept album fatto di personaggi di tutti i giorni.
Dal “giovane Mario”, scommettitore incallito e pessimo suicida, a “Rosa”, che lascia il povero cristo emigrato a Milano dalla Calabria da solo sull’altare.
Rino Gaetano è la vera presenza oscura in quest’ultimo pezzo, ritmato e accentuato da chitarre acustiche sferraglianti e organi hammond caldi e nervosi.
“Una Domenica Notte” è da brividi, già un masterpiece, un vero classico italiano. Una ballad sentita in 4/4 che narra le sensazioni di un alcolista alle prese con i rimorsi di di un’altra settimana persa e buttata via.
“Il suo Sorriso” vede la collaborazione di Dente, un altro pezzo da 90 del panorama cantautorale italiano. Ritmata e sorniona, narra le vicende di un bizzarro triangolo amoroso all’insegna del “lui è peggio di me”, con una outro strumentale e corale da dieci e lode.
“La Mosca” ricorda molto i pezzi di Vol.1, dove il “la la la” è già un marchio di fabbrica (cose non da poco per un artista al secondo lavoro discografico), un pezzo andante con brio marcatamente maccartiano e beatlesiano.
La parentesi struggente di “Bruno Mio Dove Sei” arricchisce di qualità il tutto, l’interpretazione vocale più spiazzante di tutti i pezzi (Brunori gioca quasi sul filo della stonatura), che narra le vicenda di un’anziana vedova e dei suoi ricordi.
“Animal Colletti” è uno dei pezzi ritmati più riusciti del disco, sempre a cavallo fra Graziani/Gaetano, dal testo fresco e ironico (“non ho una casa non ho un lavoro e non ho un cane, non so nemmeno più distinguere la sete dalla fame, che vita infame”).
Si ritorna ai Beatles ed atmosfere english alla Small Faces con “Tre Capelli Sul Comò”, fra fiati indovinati e fischietti scanzonati.
Chiude il disco “Fra Milioni Di Stelle”, folk acustico e potenziale singolone estivo.
“Poveri Cristi”, dai suoi 10 pezzi stretti ed asciutti, fa studiare davvero Brunori da Grande della musica italiana. Un disco da avere, da ascoltare in bici una domenica pomeriggio estiva col vento in faccia, un disco che fa sorridere, riflettere e piangere. Occhio al tour estivo, per il momento non sono previste date in Campania.
Marco Della Gatta
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