Agli albori della liberazione dal fascismo, le forze che lo sconfissero (nonostante le grandi differenze ideologiche), decisero di unirsi, per creare una nuova Repubblica e quindi una costituzione che ne sancisse le regole: un documento così innovativo, da essere bello ancora oggi, almeno nei suoi punti principali.
L’assemblea era formata da diversi partiti di ogni schieramento: le elezioni che la formarono, denotarono, per la prima volta, i reali “pesi politici” dei diversi partiti.
La Democrazia Cristiana ne uscì vincente e, per la prima e unica volta, il Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria (Psi e il Psdi erano ancora uniti), superò il Partito Comunista Italiano.
Le sedute si svolsero da 25 giugno 1946 sino al 31 gennaio 1948 (i tempi furono dilatati più volte, per motivi logistici) e l’assemblea funzionò anche da parlamento: votando la fiducia ai governi che si susseguirono in quel periodo (dal secondo al quarto di Alcide De Gasperi), eleggendo il presidente provvisorio della Repubblica (Enrico De Nicola) e svolgendo attività amministrative.
La stessa assemblea nominò una commissione di settantacinque saggi, per scrivere la costituzione: a sua volta la commissione si divise in tre sottocommissioni.
Il fenomeno che colpisce fu l’armonia dei diversi partiti in assemblea, in realtà aspramente litigiosi nelle piazze: difatti tra il terzo e il quarto ministero di Alcide De Gasperi, vi fu la rottura tra la Democrazia Cristiana e i partiti di sinistra.
A parte numerose frizioni che già si agitavano nei mesi prima, la principale causa della frattura fu il viaggio negli Stati Uniti del presidente del consiglio: la classe dirigente americana lo spinse, velatamente, a estromettere la sinistra dalla maggioranza.
Difatti Il presidente americano Henry Truman aveva creato la “dottrina Truman”: un aiuto, militare e finanziario, verso i partiti occidentali che lottavano contro il comunismo.
Si formò un governo di centro destra (il quarto dello statista democristiano) che instaurò una severa politica di deflazione (attraverso il ministro del bilancio, Luigi Einaudi) che bloccò l’inflazione, ma, nello stesso tempo, scatenò le insurrezioni e proteste, dei partiti di sinistra.
Nonostante le manifestazioni e insurrezioni, Pci e Psi continuarono imperterriti a collaborare nel redigere la costituzione: il Pci arrivò a votare l’articolo sette, relativo allo spinoso rapporto tra stato e chiesa.
Il quarto governo fu il primo appoggiato dal Partito Socialista dei Lavoratori Italiani (i “piselli”, come furono ironicamente chiamati), presto destinato a trasformarsi in Partito Socialdemocratico Italiano: difatti un secondo motivo di frattura fu la scissione del Psiup.
Nonostante questa seconda frattura, l’assemblea non ne risentì e continuò spedita il suo lavoro.
Forse lo stimolo di questa coerente e responsabile coesione fu il terrore del ritorno del fascismo: bisogna però analizzare anche la matura coerenza democratica dei partiti di allora, oggi sostituita da miseri interessi personali.
Rey Brembilla
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