Descrivere un live come quello degli Arcade Fire non si può. E allora meglio travestirsi da bianconiglio di Alice nel paese delle meraviglie.
La cornice di Lucca, con le sue mura, la sua “misura d’uomo” è l’ideale per serate come queste.
Arrivo nella cittadina poco dopo le cinque del pomeriggio, un caldo assillante e presuntuoso, faccio un giro come un pesce rosso potrebbe farlo nella sua boccia d’acqua, e aspetto.
Fila dalle sei, apertura cancelli alle sette e mezza. Fra il pubblico, poco hipster e molto maturo, girano gelati e birre, e speranze. Speranze di poter assistere ad uno spettacolo che poche volte si vede in Italia, quella di una band che suona BENE dal vivo.
Verso le otto fanno capolino, puntuali, gli A Classic Education, ossia gli Arcade Fire nostrani.
Formazione spartana ed efficace, ci fanno ascoltare i loro pezzi, di grande impatto e dalle sonorità ariose, peccato per un pò di carisma che manca, ma tant’è.
Dopo un via-vai di fonici e roadies, alle nove e mezza entra in scena la band di quel genio che conosciamo come Win Butler & soci.
Mini-documento estratto dal futuro dvd di “The Suburbs”, dal gusto seventies e tarantiniano, Ready To Start si spalma sulla folla come un getto d’acqua ghiacciata.
Stare a descrivere una scaletta ricca dei pezzi più poetici dei tre album non renderebbe giustizia agli Arcade Fire.
Allora possiamo raccontarvi di colori che si fondono, di sudore, di onde anomale di Musica, una musica difficilmente catalogabile in un genere ben definito. Già, perchè chi ama catalogare gruppi in determinati generi musicali, con gli Arcade Fire andrebbe dritto al manicomio.
Butler è in formissima è si leva statuario sulle casse-spie di fronte a lui, snocciolando canzoni che sembrano inni da stadio, e probabilmente lo sono. Régine Chassagne è un folletto impazzito che strabilia. Praticamente una polistrumentista prestata all’avanguardia del palcoscenico. Fluttua fra uno strumento e l’altro, fra un piano a muro polveroso ad una fisarmonica colorata e vibrante, fra coccarde e vestitini hawaiani, stupisce tutti, lascia a bocca aperta.
Butler e gli altri non sono da meno, è un continuo girovagare di strumenti, percussioni, tutti e otto si interscambiano perfettamente e senza grossolanità.
Richard Reed Parry e Tim Kingsbury al solito sono autentici mattatori della serata, folleggiano qua e là fra tamburi e tastiere, personalmente furono uno dei motivi principali per cui mi innamorai della band, ai tempi.
Una chiusura degna di nota con Wake Up, encore finale e urlato da tutta Piazza Napoleone in festa, in quella che più che una serata del Lucca Summer Festival sembrava un sambodromo impazzito.
Gli Arcade Fire si confermano uno dei pochi gruppi che live rendono meglio che nel disco da studio. Troppa forza, troppe energie e troppo calore umano da imprigionare in supporti fisici.
Per chi volesse avvicinarsi al gruppo, è nei negozi la Deluxe Edition di The Suburbs, contenente il mediometraggio Scenes From The Suburbs, diretto dal regista Spike Jonze .
Marco Della Gatta
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