Quando Jeffrey Jacob Abrams era poco più che un adolescente, con il suo amico Matt Reeves (regista di Cloverfield ndr) partecipò ad un concorso sui Super 8. Ma la soddisfazione più grande arrivò il giorno dopo, quando Steven Spielberg gli chiese di restaurare i suoi vecchi filmini in 8 mm. Fu così che il giovane Abrams conobbe il suo idolo Spielberg. Trent’anni dopo, il maestro e l’allievo si ritrovano sullo stesso set per girare Super 8, un nome che rievoca il formato di ripresa che permise ad entrambi di muovere i primi passi nel mondo della settima arte, e lo stesso utilizzato dal gruppo di ragazzini protagonisti del film, giovani attori, tutti tra i 13 e i 16 anni, tra i quali spicca in tutta la sua bellezza e bravura Elle Fanning (sorella della più famosa Dakota). Siamo nell’estate del 1979, in una cittadina operaia dell’Ohio, dove un gruppo di amici è impegnato nelle riprese di un corto amatoriale sugli zombie da presentare ad un festival locale. Durante le riprese notturne ai bordi di una ferrovia in disuso, diventano testimoni involontari di quello che “apparentemente” è un normale seppur catastrofico incidente ferroviario. Abbandonata dalla troupe, messa in fuga dall’incidente, la cinepresa Super 8 filma tutto, compresa l’immagine di un qualcosa che fugge dai vagoni distrutti. Da questo momento, la pacifica cittadina di Lillian diventa teatro di inspiegabili eventi e di insolite sparizioni su cui cerca di far luce il vice-sceriffo Jackson Lamb (Kyle Chandler), papà vedovo del piccolo Joe (Joel Courtney), le cui indagini vengono però ostacolate dai militari giunti ad occupare la zona. Con il coraggio incosciente e spericolato che appartiene solo ai giovani, Joe e i suoi amici cercheranno di risolvere l’intricato mistero nel tentativo di salvare Alice (Elle Fanning), una loro amica sparita nel nulla.
Se non sapessimo per certo che l’artefice di sceneggiatura e regia di Super 8 è lo stesso che ha generato i cult televisivi Alias e Lost, allora penseremo davvero che ci sia lo zampino di Spielberg. Perché in Super 8 c’è tanto, tantissimo dei film diretti, scritti o prodotti dal fondatore della Amblin, da E.T. e Incontri ravvicinati del terzo tipo, a I Goonies. Ma più che un omaggio diretto ai classici spielberghiani, il film di J.J. Abrams è un ritorno nostalgico e rispettoso a quella stagione ancora ingenua e spensierata di cinema e di vita che ne ha influenzato la formazione. Tutto nel film riconduce a quel periodo. Il regista e i suoi collaboratori hanno lavorato con le tecnologie a disposizione oggi, per ricreare quel look ormai perduto, facendo bene attenzione a preservare un gustò retrò in ogni aspetto della pellicola, dagli oggetti di scena rigorosamente vintage e dalla fotografia con quelle luci bluastre e distorte che ricordano Incontri ravvicinati, fino alle inquadrature più lunghe e al ritmo meno frenetico dei blockbuster di oggi, e alla colonna sonora creata da Micheal Giacchino che ricorda quella di John Williams con qualche incursione d’epoca come My Sharona dei The Knack. Anche la rinuncia al 3D – colpevole secondo Abrams di rendere sfocate le immagini – rientra in questa “operazione nostalgia”. Immerse in questa ambientazione Anni ‘70, le storie personali dei giovani protagonisti procedono parallelamente a fantascienza, adrenalina, e mistero in un blockbuster spettacolare con un cuore e un’anima, anzi una doppia anima. Super 8 è un film ibrido sin dalle origini, nato dalla commistione di due trame diverse a cui Abrams lavorava da tempo. Questa sua doppia anima sci-fi e sentimentale, pur rendendone difficile la collocazione in un genere preciso viene conciliata magistralmente dal regista in un equilibrio narrativo dove grandi drammi, incomprensioni familiari, amicizia e amore si intrecciano a esperimenti militari, extraterrestri, strani oggetti metallici che assomigliano ai cubi di Rubik, incidenti catastrofici, in un’atmosfera generale molto cupa e inquietante, meno fiabesca e sognante di quella spielberghiana.
Girato senza grandi star hollywoodiane e con un budget “striminzito” rispetto agli attuali standard in fatto di blockbuster estivi – 50 milioni di dollari -, Super 8 ne ha rastrellati circa 245 milioni di dollari in tutto il mondo (eccetto l’Italia ovviamente). Un incasso dignitoso che si deve gran parte alla accorta e geniale campagna di marketing virale che ne ha anticipato l’uscita al cinema. Coerentemente con la sua fama di re incontrastato della suspense, J.J. Abrams ha svelato poco o nulla della sua pellicola e, in particolare, della misteriosa creatura che sconvolge la tranquilla esistenza di Lillian, stuzzicando per mesi la curiosità degli spettatori e disseminando qua e là nella rete indizi e filmati esplicativi in bianco e nero stile Progetto Dharma di Lost. La stessa strategia di spasmodica attesa, Abrams la utilizza anche nel film, dove riesce a giocare con il desiderio dello spettatore di saperne di più, sfruttando strategie di ripresa che per buona parte del film celano al primo piano la presenza distruttiva della creatura venuta dallo spazio. L’alieno di Abrams infatti, non ha niente a che vedere con quello docile che abbiamo amato in ET, ma più che un vero carnefice, l’extra terrestre di Super 8 è solo l’ennesima vittima innocente delle barbarie dell’uomo adulto.
**Un ultimo avvertimento prima di andare al cinema: non affrettatevi ad uscire dalla sala prima che sullo schermo scorrano i titoli di coda, o perderete l’esilarante filmino horror girato dai coraggiosi ragazzini protagonisti di Super 8.
Enrica Raia
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