19 febbraio 2004, legge n. 40: Norme in materia di procreazione medicalmente assistita. In Italia vengono proposte e attuate regolamentazioni per ogni genere di problematica. Indifferentemente dalla parte politica che appoggia la direttiva, l’efficacia di quest’ultima non è (quasi) mai constatata. Anche nella sopracitata legge – nonostante la sentenza della Corte Costituzionale n.151 del 2009 – troppi restano i limiti che portano gli italiani a dirigersi verso altre mete. Questo processo è stato definito “turismo procreativo”. Espressione dal retrogusto negativo che marchia a fuoco l’intenzione non condannabile di divenire genitori.
Prima di conoscere i limiti di tale norma, cerchiamo di definire la PMA (Procreazione Medicalmente Assistita). Si tratta di tecniche scientifiche, più o meno sofisticate, attraverso cui i medici “aiutano” la donna a rimanere incinta e a portare a termine la gravidanza. Si parte da diversi incontri con la coppia finalizzati a scoprire le cause che hanno portato alla temporanea o totale infertilità. Ovviamente corredati da analisi che permettano di scoprire l’elemento “debole” della coppia. Le prime analisi prescritte, per la donna, sono i dosaggi ormonali, tamponi vaginali, ecografia e pap- test. L’uomo, invece, dovrà sottoporsi ad una spermiocoltura e spermiografia. In base ai risultati ottenuti, potrebbero essere necessarie indagini specifiche. Le tecniche di procreazione assistita sono attuabili sono nel caso in cui il concepimento naturale è impossibile o estremamente raro.
A questo punto bisogna affidarsi al centro medico. Esistono di I, II e III livello. I primi effettuano quasi esclusivamente l’inseminazione assistita classica. In Italia rappresentano l’oltre 41 percento dei 341 disponibili sul territorio. I centri di II livello utilizzano tecniche avanzata quali la FIVET (fecondazione in vitro e trasferimento dell’embrione), la ICSI (iniezione intracitoplasmatica dello spermatozoo), il prelievo testicolare dei gameti con l’eventuale crioconservazione di quelli maschili e femminili – nonché degli embrioni nel numero consentito dalla legge -, e il trasferimento per via transvaginale ecoguidata o isteroscopica. I centri di III livello usando, invece, tecniche che prevedono un’anestesia totale. Considerando quindi la TESE (estrazione microchirurgica di spermatozoi dal testicolo), la MESA (l’aspirazione di spermatozoi dall’epididimo) e la GIFT, ovvero il trasferimento dell’ovocita e dello spermatozoo nelle tube di Falloppio. In Italia, considerando il II e III livello insieme, si contano circa 199 centri.
E qui la legge italiana non aiuta. L’incostituzionalità avanzata dal tribunale di Firenze si riferisce al passaggio della norma secondo cui è vietata la fecondazione eterologa. In altri termini è vietata l’acquisizione di un donatore esterno alla coppia. Altro punto per cui la polemica si è fatta sentire è stata l’impossibilità di selezionare embrioni e gameti, anche se per paura della trasmissione di malattie genetiche ereditarie. La questione della quantità degli embrioni è stata da sempre la più discussa su due versanti, se vogliamo, opposti. Il limite massimo di tre embrioni è ritenuto troppo basso dagli esperti. D’altra parte vi è la possibilità anche di un incremento di parti trigemellari con questa tecnica. Le estreme difficoltà hanno portato una coppia italiana su tre a farsi assistere in centri di altri paesi europei.
E per completare lo scenario già poco favorevole, ecco che la Città del Vaticano decreta la sua sentenza. La fecondazione assistita rientra negli atteggiamenti peccaminosi nei riguardi dei diritti individuali e sociali. Queste le parole di Gianfranco Girotti – vescovo reggente della Penitenzieria Apostolica – nel marzo di quest’anno. Le nuove frontiere della bioetica ci mettono di fronte ad alterazioni moralmente illecite. Ad ognuno la propria opinione a riguardo.
Roberta Santoro
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