Inutile negarlo, questa massiccia invasione é una nuova “Exodus” di donne uomini e bambini che, dall’altra parte del mondo, quella povera, sbarcano sulle nostre coste europee con la speranza, che noi sappiamo vana, di una vita migliore, ci spaventa. Una ‘bulimia civile’ che ingerisce voracemente corpi per poi vomitarli in mare. Tutto questo ci spaventa e non perché come dicono in molti “ci vengono a rubare il pane”, ma perché questo fenomeno non è inquadrato nella giusta luce e soprattutto perché ne abbiamo perso ( volutamente?) la memoria. Vogliamo ricordare il popolo degli Stati uniti, dove le etnie si mischiano oramai da diverse decine di anni con la conseguenza, anche attraverso enormi contraddizioni, di arricchire la società, arrivando addirittura a eleggere un presidente di colore alla guida del Paese. Vogliamo ricordare l’invasione degli italiani che nel dopoguerra sono sbarcati sulle coste americane e che dopo anni di sudditanza a tutti i livelli occupano posti importanti nella società. Vogliamo ricordare il flusso continuo di meridionali che con valigie di cartone hanno cercato e trovato fortuna nel Nord Italia, dando una mano fondamentale nello sviluppo dell’economia nazionale, ottenendo poco a poco lavoro e rispetto. Ora, se consideriamo tutti questi importanti e fondamentali avvenimenti e con un minimo di visibilità futurista, dobbiamo immaginare cosa saremo, insieme a tutta questa gente, fra trenta o cinquant’anni, quando questa turbolenza sarà terminata e si sarà passati a una vera fase d’integrazione. Naturalmente la parte più difficile rimane quella intermedia e cioè come controllare e gestire questo fenomeno, tenendo conto che queste sono persone come noi (ricordiamoci dei nostri emigranti) e che rappresentano la parte più debole della società e che quindi abbiamo il dovere di aiutare, anche perché, il mondo cosiddetto capitalista, ha storicamente sempre sfruttato queste popolazioni, permettendoci di vivere in maniera agiata. Questa grande massa di persone che viste nell’insieme fanno impressione e ci spaventano, va spezzettata in tante piccole realtà, in modo tale da pesare poco nell’ambito cittadino ed essere gestite dalle amministrazioni comunali.
Lo scopo è integrare queste persone nella nostra società, partendo da piccole cose, lavori socialmente utili; integrarli attraverso le associazioni, dove questi possano imparare la lingua e gli usi del posto, evitando il calvario, che oggi ha assunto proporzioni notevoli, nel vederli chiedere l’elemosina fuori dalle chiese, dai bar, dagli esercizi commerciali, dalle farmacie, sugli incroci e in ogni dove, con lo scopo di far sentire il cittadino circondato da persone che apparentemente non hanno alcuna utilità.
DIOMAIUTO PATRIZIA
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