Verrebbe da dire di Pompei che l’opera iniziata dal Vesuvio nel 79 d.C., è proseguita con successo, ancora oggi, dal tempo e dall’incuria: complici le piogge insistenti degli ultimi anni e l’inefficienza delle Istituzioni nel curare e gestire degnamente il patrimonio artistico-culturale della nazione, la città, tornata alla luce grazie a certosini lavori archeologici – a partire dal 1748 fino agli anni ’60-‘70 del novecento – si sta lentamente decomponendo sotto lo sguardo incredulo e impotente dei cittadini italiani.
Oltre al recente crollo della Domus dei Gladiatori, risalente appena al 2010, un ulteriore rovinoso cedimento si è verificato tra il 21 e il 22 ottobre. Dopo un intero week end di pioggia, un sopralluogo nel sito archeologico, da parte della Soprintendenza, ha rilevato, infatti, un distacco “di un piccolo tratto di circa 4mt x 2mt del paramento esterno della parte superiore del muro di cinta in opera incerta nei pressi di Porta Nola”. Come avvenuto anche per il disastro del 2010, la procura di Torre Annunziata ha sottoposto l’area a sequestro ed aperto un’inchiesta per crollo colposo, al fine di valutare le cause del cedimento.
Come se non bastasse il 25 ottobre giunge la notizia di un nuovo crollo: questa volta a cadere sono due muri di epoca moderna, l’uno nell’area fuori Porta Ercolano, lungo la via dei Sepolcri, l’altro nella zona occidentale del sito.
A quanto pare, qualche giorno di pioggia è sufficiente a sbriciolare uno dei siti archeologici più importanti della regione, indotto turistico di rilievo internazionale.
Se il sottosegretario ai Beni e alle Attività Culturali Riccardo Villari ha affermato che “a Pompei ci sono i soldi e il personale: quello che manca è il management. E poi c’é la camorra che va rimossa”, l’opposizione chiede chiarezza e trasparenza sui fondi per il restauro di Pompei e l’Italia dei Valori invoca le dimissioni del Ministro Galan.
Un piano per salvaguardare il patrimonio pompeiano, in effetti, esiste, ma è attualmente bloccato: approvato dal Consiglio Superiore dei Beni Culturali in data 8 giugno 2011, dovrà, infatti, essere finanziato con fondi europei.
Ben 39 sono i progetti già iniziati, ma l’area archeologica è molto estesa e va interamente restaurata; previsto domani, un incontro del ministro Galan con il Presidente della regione Campania, Caldoro, e il Commissario Europeo per le Politiche Regionali Hahn, dal quale dipenderà, probabilmente, un finanziamento di 105 milioni di euro per mettere in moto le operazioni di soccorso del sito.
Va detto, però, che a Pompei come a Napoli, le contraddizioni sono all’ordine del giorno: mentre gli scavi crollano rovinosamente, l’assessorato alla Comunicazione ed Innovazione Tecnologica del Comune di Pompei, in collaborazione con l’associazione Onlus “Amici di Media Duemila” ha promosso una serie di laboratori ed eventi, che affondano le radici nella storia della città e dei suoi scavi, per promuovere la cultura digitale.
In occasione del centenario dalla nascita di Marshall McLuhan, teorico del villaggio globale, e dei 150 anni dell’Unità di Italia, il ciclo di eventi, dal titolo “McLuhan incontra Pompei. Scrivere al tempo dei social network. Dai graffiti pompeiani alla realtà aumentata”, si presenta come un percorso culturale, rivolto ai giovani del territorio, che da ottobre a dicembre saranno i protagonisti di laboratori creativi di comunicazione digitale e atelier di intelligenza connettiva dedicati alla politica, oltre a più tradizionali seminari e workshop nel corso dei quali si discuterà della storia della tecnologia dell’informazione.
Oggi, infatti, le preziose testimonianze della vita di Pompei all’epoca dell’eruzione, contenute nelle iscrizioni e nelle epigrafi incise sulle antiche mura, sono considerate, dagli studiosi della cultura digitale, veri e propri precursori dei moderni social network, poichè, come evidenzia Maria Pia Rossignaud, direttore di Media Duemila, anche nell’antichissima Pompei “ad una frase incisa sui muri si aggiungevano nel tempo commenti e considerazioni di altri, proprio come avviene oggi su facebook o twitter”.
Insomma, se da un lato Pompei crolla, cedendo il passo alle intemperie e alla noncuranza, dall’altro diviene simbolo della cultura digitale, luogo antico della modernità (espressione coniata dall’archeologo Antonio Varone, direttore degli scavi), che cede il passo all’innovazione senza però lasciar cadere la storia nell’oblio.
Si spera che anche tutte le Istituzioni facciano propria questa riflessione e si adoperino concretamente per la tutela degli scavi archeologici.
Sara Di Somma
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