A quasi 10 anni dal crac della Parmalat che costò caro a circa 32.000 risparmiatori – per la maggior parte cittadini di Parma, fiduciosi obbligazionisti del colosso imprenditoriale “di casa propria” – un’altra cittadina è in preda alla psicosi per il rischio crac che vede sull’orlo del fallimento la celebre compagnia di navigazione Deiulemar. Si tratta di Torre del Greco dove ha sede la quarta compagnia di navigazione al mondo, leader in Europa nel settore del trasporto di carichi secchi alla rinfusa e di carichi liquidi. Complice la crisi del settore dei noli, l’azienda potrebbe avviarsi presto verso il baratro, con l’aggravante di aver perpetrato una vera e propria “furbata” poco gradita agli investitori: l’emissione di bond irregolari, causa di un buco – un’autentica voragine – di circa 600milioni di euro (potrebbero essere addirittura 800milioni, le stime sono ancora provvisorie) versati dagli obbligazionisti di Torre del Greco.
Un’intera città – circa 90mila abitanti – con almeno 13mila famiglie coinvolte nel terremoto finanziario della Deiulemar; migliaia di piccoli investitori in pieno panico che rischiano di vedere le loro obbligazioni trasformate in carta straccia: Torre del Greco trema dinanzi alla possibilità del fallimento della compagnia, trema perché la crisi non ha certamente risparmiato i suoi cittadini e, mentre i tre fondatori della Deiulemar si godono la “bella vita”, questi potrebbero veder sfumare i soldi risparmiati in una vita di duro lavoro. La Deiulemar nasce proprio dall’estro di tre torresi Giovanni Della Gatta, Michele Iuliano e Giuseppe Lembo – il nome dell’impresa non è altro che l’acronimo dei loro nomi – che sono stati la fortuna di Torre del Greco, ma che oggi potrebbero essere considerati dai loro conterranei alla stregua di miserabili furfanti dediti ad arraffare l’altrui danaro.
Le prime avvisaglie si sono avute due mesi fa, quando tra i torresi serpeggiavano voci che volevano in crisi finanziaria la compagnia: quando circa 1000 obbligazionisti assetati di notizie asserragliarono gli uffici della Deiulemar presso la sede di Torre del Greco, per ricevere garanzie in merito alla “solidità” dei propri investimenti, i vertici dell’azienda risposero con una maxi conferenza, indetta dall’allora amministratore unico Michele Iuliano all’interno dell’hotel Sakura – che, tra l’altro figura tra i beni della società, insieme a 18 navi, un albergo che sarà inaugurato a breve e palazzo D’Avalos a Napoli – per rassicurare i torresi circa le condizioni finanziarie della società. Tuttavia, solo qualche settimana dopo, le voci sono tornate a farsi insistenti, seguite da un episodio decisamente più concreto e preoccupante: un’indagine per emissione di obbligazioni irregolari e 5 persone, tutte appartenenti ai vertici dell’azienda, iscritte nel registro degli indagati. Roberto Maviglia, che ha assunto il ruolo di amministratore delegato da febbraio, ha dichiarato che, in seguito al censimento degli obbligazionisti effettuato dalla stessa società, bisognerà attendere la fine marzo per avere un quadro più chiaro dei debiti e della situazione delle obbligazioni irregolari.
L’intera Torre del Greco, sgomenta, si è lanciata nella protesta: i media nazionali hanno preso ad interessarsi del rischio crac della Deiulemar, mentre i cittadini si riunivano in un comitato – “Noi obbligazionisti della Deiulemar” – e organizzavano manifestazioni pacifiche. L’ultima, una fiaccolata prevista per giovedì 22 marzo con il sostegno delle parrocchie del paese. 100 milioni di euro sono stati garantiti dalle tre famiglie fondatrici della Deiulemar per saldare il debito con i torresi, ma questi capitali non sarebbero neppure sufficienti a coprire le richieste degli investitori, terrorizzati all’idea di perdere non soltanto gli interessi accumulati, ma anche i capitali originariamente investiti. Tale era la fiducia dei torresi nelle famiglie della Deiulemar da accettare che gli investimenti venissero suggellati da una semplice stretta di mano e quattro righe su un foglio di carta; non è un caso, infatti, che i più si scaglino oggi contro il capitano Iuliano, in cui era riposta la massima fiducia, e che la protesta dei cittadini si sia più volte fermata proprio intorno alle ville appartenenti alle tre famiglie della società torrese. Tra le ipotesi di Maviglia anche la possibilità di trasformare i creditori in piccoli azionisti, convertendo le obbligazioni in azioni – ipotesi che non ha trovato il placet delle famiglie torresi – e un presumibile concordato che permetterebbe di riacquisire soltanto tra il 10 e il 30% dei capitali investiti e guadagnati.
Intanto, nel tentativo di rassicurare gli infuriati risparmiatori, Maviglia ha ben pensato di varare una nuova, costosissima nave in quel di Shanghai, confidando in un rilancio dell’attività imprenditoriale, e di rimarcare il legame con la cittadina torrese dandole il nome “Città di Torre del Greco” – rompendo la tradizione societaria che dal 1969 ha dato alle navi nomi di familiari dei tre fondatori: ma sarà davvero sufficiente solo questo a restituire fiducia e garanzie a chi rischia di perdere i sudati risparmi di una vita?
Sara Di Somma
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