E’ uscito di scena così Mario Monicelli, senza aspettare i titoli di coda, decidendo da solo e lucidamente quando scrivere la parola fine. A 95 anni Monicelli ha deciso che la sua vita poteva bastare. In una sera di fine novembre ha
aperto la finestra della sua camera ed è volato giù dal quinto piano dell’ospedale San Giovanni di Roma, dove era ricoverato. Se ne è andato nel più triste dei modi, lui che è stato il padre della commedia tricolore. Da tempo lottava contro una grave malattia, un tumore alla prostata che lo stava consumando lentamente. Un gesto inatteso che ha lasciato vuoto e sgomento nel mondo del cinema italiano. “Sono attonito – ha dichiarato Carlo Verdone – è una notizia che mi intristisce molto. Era probabilmente una persona stanca di vivere, che non sosteneva più la vecchiaia”.
Walter Veltroni parla di “un uomo straordinario, 95 anni portati con aspra ironia, con la voglia di dire ancora qualcosa con rabbia e autorevolezza. Solo pochi giorni fa la sua voce si era levata in difesa del nostro cinema, senza retorica, con la coscienza di un maestro”.“Non ho mai sentito nessuno che si suicida a novantacinque anni. Era davvero speciale”, commenta così il regista toscano Giovanni Veronesi, la morte del maestro Monicelli. Inventore, assieme ai colleghi Risi, Comencini e Steno, di un genere popolarissimo, la commedia all’italiana, Mario Monicelli in oltre 70 anni di carriera ci ha raccontato con occhio attento e cinicamente ironico l’Italia e gli Italiani lasciandoci in
eredità un lungo elenco di capolavori che hanno fatto la storia del nostro cinema. Viareggino, classe 1915, Monicelli si avvicina al cinema da giovanissimo iniziando la sua attività di regista sin dal 1934 con il medio metraggio muto I ragazzi della via Paal, ma è a partire dagli anni ’50 che realizza le sue opere più celebri dando avvio alla collaborazione con i più grandi artisti dell’epoca da Alberto Sordi a Totò, da Marcello Mastroianni a Vittorio Gassman e Ugo Tognazzi giusto per citarne qualcuno. Tra i suoi film più famosi ricordiamo I soliti ignoti (1958) con Gassman,
Mastroianni, Totò e Claudia Cardinale, considerato un po’ come il film capostipite della commedia all’italiana; La Grande Guerra (1959) con Alberto Sordi e Vittorio Gassman che ottenne la nomination all’Oscar e il Leone d’Oro alla Mostra di Venezia; nel 1965 dirige L’armata Brancaleone che si rivelerà un grande successo di pubblico. Nel 1968 lancia Monica Vitti come attrice comica ne La ragazza con la pistola, ottenendo tra l’altro una seconda nomination all’Oscar; Da un’idea di Pietro Germi realizza nel 1975 Amici miei. Dopo il melodramma Un borghese
piccolo piccolo (1977), seguono altri grandi successi con Il Marchese Del Grillo (1981), Speriamo che sia femmina (1985) e il feroce Parenti Serpenti (1992). Nel 2006, all’età di 91 anni decide di ritirarsi dall’attività di regista dopo un ultimo film, Le Rose del Deserto, liberamente ispirato a Il deserto della Libia di Mario Tobino e a Guerra d’Albania di Giancarlo Fusco, un racconto ironico dell’occupazione italiana della Libia durante la seconda guerra mondiale. “Mi auguro di morire in momenti di calma piatta, quando i giornali non sanno cosa mettere in
pagina”, è una delle tante battute con cui Mario Monicelli aveva ironizzato sulla sua morte. Oggi che non mancano certo notizie da mettere in pagina, bisogna fare spazio a chi non c’è più.
Enrica Raia
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