Il calcio non è una scienza esatta. Ci sono diecimila e più fattori imponderabili che possono decretare l’esito di una stagione. Eppure esistono altrettante variabili “esatte”, ovvero pragmaticamente calcolabili. Elencarle tutte sarebbe impossibile ma vorrei citarne alcune, forse le più rilevanti e sicuramente ne scorderò qualcuna: i punti in classifica, i gol fatti e subiti, le vittorie in casa piuttosto che in trasferta, il numero dei calciatori in rosa, i rigori avuti (realizzati o meno), i soldi spesi per la campagna acquisti e per il monte ingaggi, gli incassi accumulati ecc.
Variabili di cui va assolutamente tenuto conto per il buon esito di una stagione calcistica, già troppi i fattori imponderabili che non considerare quelli che possono esserlo decreterebbe un vero e proprio disastro.
In questa configurazione mi preme fare una breve quanto costruttiva riflessione sulla squadra della mia città: il Napoli.
I punti in classifica. La classifica sorride senz’altro agli azzurri che si ritrovano al terzo posto in coabitazione i rivali di sempre juventini. Guardando meglio ai punti però ci accorgiamo del primo fattore ponderabile non positivo: nel giro di due punti sono raccolte squadre fino alle settima posizione, tra cui Inter e Roma, e nel giro di quattro punti si arriva fino alla nona posizione. Il che significa, nei fatti, che il Napoli, con un doppio passo falso, potrebbe ritrovarsi nono in classifica. E questo è sicuramente un dato che fa sorridere meno. Se poi consideriamo che Inter e Roma statisticamente e storicamente hanno quasi sempre occupato la zona alta della classifica il sorriso va completamente via.
Gol fatti e subiti. Il terzo miglior attacco (23 reti complessive) fa nuovamente tornare il sorriso, il Napoli può disporre di due fuoriclasse assoluti in quella zona Lavezzi in primis e poi il capocannoniere Cavani. Ma guardando all’altra faccia della medaglia, la difesa, il sorriso va scemando visto che gli azzurri si ritrovano ad avere la settima peggior difesa del campionato con ben 17 gol al passivo che paragonati ai 12 del Milan, 11 della Lazio, 14 della Juventus e 11 dell’Inter (che si trova al di sotto dei partenopei) fanno incupire ancora di più il tifoso napoletano.
Vittorie in casa e in trasferta. Ma la battaglia tra il bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto continua ancora. Se gli azzurri possono vantare 4 vittorie, 2 pareggi e 2 sconfitte in trasferta, il bottino casalingo è sicuramente più esiguo e meno rassicurante: 3 vittorie, 1 pareggio e 2 sconfitte. Quello che una volta veniva chiamato “Il fortino azzurro” (soprattutto di notte), non è più quel carro armato capace di travolgere tutti. A proposito di carro armati, un certo Tanque (carro armato in spagnolo) manca come il pane a un attacco che difetta di una vera prima punta che in determinate partite diventa indispensabile.
Il numero dei calciatori in rosa. Questo è un dato misterioso. Misterioso non perché il numero dei calciatori in squadra non sia stato dichiarato, bensì perché per quanto Mazzarri abbia sempre affermato «la rosa numericamente è a posto» non ha mai aggiunto «la squadra è anche qualitativamente a posto». Il che fa subito venire in mente che sia Lavezzi che Cavani non hanno un degno sostituto, che la difesa titolare già deficita quando è titolare, figuriamoci se manca qualcuno, il centrocampo manca di un uomo che sappia dettare i tempi e fare anche da filtro (uno alla Inler per dirla in soldoni) e in cui il solo pur buonissimo Pazienza può fare poco. E questi sono dati che farebbero rabbuiare parecchi ottimisti.
I rigori avuti. Da quando Marek Hamsik è diventato il rigorista azzurro ha sbagliato quattro rigori su nove. La storia dei 49 rigori realizzati su 50 resta soltanto una favola. Non si capisce il perché di questa scelta ostinata considerando che con il 45% di rigori falliti lo slovacco ha fatto perdere punti importanti alla causa azzurra. Come non si capisce il perché Walter Gargano calci da ormai quattro anni le punizioni senza averne mai segnata una. Dati, anche questi, che fanno pendere la bilancia verso il pessimismo cosmico.
Bilancio economico. Assolutamente positivo per il patron azzurro che sicuramente è l’unico che più che sorridere, se la ride di gran gusto e che con la cessione di Quagliarella ha coperto totalmente l’esborso economico compiuto per Cavani, ritrovandosi inoltre con un bel po’ di soldi guadagnati dalle cessioni del buonissimo Calaiò (che, dall’alto dei suoi otto gol lo scorso anno, partendo quasi sempre dalla panchina, come terza punta, per far rifiatare Lavezzi o Cavani sarebbe servito tantissimo), Dàtolo, Cigarini, Contini, Rinaudo e Dénis. Se poi andiamo a considerare che come monte ingaggi il Napoli si trova soltanto al settimo posto in classifica (dietro Fiorentina e Genoa) e pochissimo avanti rispetto a Palermo e Lazio, più che tristezza monta la rabbia. Rabbia di chi ha guadagnato oltre sessanta milioni tra diritti tv, coppa europea, abbonamenti, biglietti, sponsor, diritti d’immagine dei calciatori (che non consentiranno mai agli azzurri di comprare un campione) e non ha voluto reinvestire nulla.
Ha ragione allora il tanto criticato (anche dal sottoscritto) Pierpaolo Marino quando dice «In pratica sono andato via da un anno da Napoli. In quest’ultimo anno è stato dimostrato che le accuse nei miei confronti erano infondate. Hanno solo cambiato Quagliarella con Cavani. Il Napoli nella scorsa stagione è arrivato alle soglie della Champions League e adesso è ancora lì a lottare, i suoi gioielli sono quelli che ho portato io… Tre aspetti che distinguono Zamparini e De Laurentiis? Zamparini ama il calcio, è una persona competente e si è avvicinato al calcio perché gli piaceva il calcio…».
E intanto mentre De Laurentiis ride e brinda al Napoli, l’affare migliore della sua vita, i tifosi azzurri per quanto restino un pubblico meraviglioso pieno di energia positiva e di speranze, iniziano a sorridere meno.
Marco Branca
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