Si è spento ieri notte a Roma Antonio Ciacci, in arte Little Tony. Il cantante aveva 72 anni e da tempo combatteva con un tumore; il decesso è avvenuto a Villa Margherita, dove era ricoverato da ormai tre mesi. Grande commozione, ma anche risatine soffocate per un personaggio che agli occhi di molti – spesso – è sembrata solo una caricatura del grande Elvis.
Eppure Little Tony aveva fatto proprio del rock il suo credo e del suo mito, Elvis, un modello da venerare e non da imitare maldestramente. Tommaso Labranca ha scritto in proposito: un caso di emulazione talmente lampante che a volte mi ritrovo a pensare il contrario. Ossia, che Elvis abbia sempre copiato da Little Tony. A Little Tony si perdona tutto, tanto è l’amore che porta verso il suo modello. Ha detto Little: “Quando seppi che Elvis era morto, passeggiai senza meta sulla spiaggia per tutta la notte”. Un qualsiasi altro emulatore invidioso, saputo che il suo modello era defunto e che quindi sarebbe stato l’unico a poter sfoggiare ciuffoni cotonati e improbabili zampe di elefante tempestate di strass, avrebbe goduto. Per Little Tony si è invece trattato quasi di una vedovanza.
Nato a Tivoli il 9 febbraio 1941, cittadino della Repubblica di San Marino perché nato da genitori sammarinesi, ha vissuto quasi sempre in Italia. L’incontro con la musica è avvenuto presto grazie a suo padre Novino, cantante e fisarmonicista, zio Settembrino, chitarrista, e due fratelli musicisti: Alberto, bassista e Enrico, chitarrista, tra i sessionman più richiesti degli anni sessanta. La gavetta comincia tra ristoranti, locali da ballo e balere fino a quando, nel 1958, durante uno spettacolo, viene notato dall’impresario inglese Jack Good che lo convince a partire per l’Inghilterra insieme ai due fratelli; nascono così i “Little Tony and his brothers”. Sono gli anni del rock&roll suonato, urlato dal vivo e inciso su 45 giri con le versioni di Lucille, Johnny B. Goode e altri successi americani. Nel 1961 il rientro in Italia e la partecipazione, accanto a un già famoso Adriano Celentano, al festival di Sanremo, con 24 mila baci, classificatasi seconda.
Dal 1964, con Quando vedrai la mia ragazza, comincia l’ascesa; nel ’66 arriva Riderà, hit che venderà oltre un milione di copie. L’anno dopo un altro boom: Cuore matto (scritta da Totò Savio) a Sanremo, che arriva prima in classifica e apre la strada al cantante per molti paesi in Europa e in America del Sud. Il successo continua con La donna di picche, Bada bambina e –nel 1970- La spada nel cuore. Mentre Hendrix, gli Who, Janis Joplin infiammano Woodstock nell’estate del 1969, l’Elvis italiano si cimenta con la musica leggera. Little Tony cavalca l’onda, regala al pubblico italiano ciò che il pubblico italiano desidera.
Dagli anni ’70 in poi, il declino. In ogni caso, una grande simpatia e un’invidiabile autoironia hanno tenuto a galla il cantante che ha continuato a cimentarsi in numerose imprese come la conduzione di programmi televisivi, la partecipazione a diversi film, concerti e l’avventura nel Sanremo 2003 con Non si cresce mai, in coppia con l’eterno (amico)rivale Bobby Solo. Nel 2004, invece, la collaborazione con Gabry Ponte per Figli di Pitagora. Dalla musica leggera, quindi, il cantante è arrivato a misurarsi persino con la dance.
Ma Little Tony resta un figlio del Rock; è questo l’unico Dio a cui si è consacrato ed è tra le grandi rockstar, adesso, che vogliamo immaginarlo.
Emiliana Cristiano
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