Una contrapposizione: è quella che nasce dal prologo del romanzo-favola di Calvino, ambientato in un campo di battaglia di un non meglio specificato conflitto contro i turchi in Boemia, verso la fine del ‘600.
In un paesaggio caotico e grottesco, un colpo di cannone, sparato in pieno petto, spezza quella che simbolicamente è un’interezza, rappresentata dalla figura del giovane visconte Medardo di Terralba, entusiasta e inesperto protagonista della “novella”, che per la prima volta e forse ultima, tocca con mano la brutalità della guerra. Da una surreale operazione di “cuci, applica e impasta”, torna a respirare una metà di Medardo, un essere incompleto e alienato, che nel simbolismo di Calvino, rappresenta la figura dell’uomo che rincorre la sua “completezza”, la sua armonia, avendola persa da molto tempo: “…tutti ci sentiamo in qualche modo incompleti…”.
Il mezzo Medardo tornato dalla guerra al suo contado nel genovese, è taciturno, odia tutto ciò che è diverso dal suo stato: cavalcando il suo destriero in precario equilibrio sull’unica natica rimastagli, riduce a metà tutto ciò che incontra, commina assurde sentenze di morte, realizzando l’esatto opposto di un atto di giustizia e condanna al lebrosario senza alcun motivo la sua stessa balia Sebastiana. Si scopre in seguito che anche l’altra metà di Medardo, quella buona, è miracolosamente ancora in vita. L’opposizione tra i due rappresenta quella tra il male e il bene, la malvagità senza ragione e l’altruismo senza limiti: gli estremi opposti, per marcarne ancora dippiù il contrasto.
L’altro Medardo buono va in giro per la contea a riparare ciò che il suo contrario ha guastato, professando l’amore universale anche agli Ugonotti, formalmente osservanti i precetti religiosi, ma sempre intenti a lavorare, a risparmiare, a far denaro e quindi simbolicamente rappresentanti l’etica protestante del capitalismo. In questa contrapposizione si legge anche la sofferenza di un mondo spaccato in due, quello di Calvino in particolare, che negli anni ’50 è lacerato dalla contrapposizione tra blocco sovietico e occidentale, dalla guerra fredda che divide anche la città di Berlino, tra la ricostruzione post-bellica e una nuova corsa al riarmo e in Italia dalla contrapposizione tra laici e cattolici, tra democristiani e comunisti, tra meridione e settentrione, tra analfabeti e istruiti, tra latifondisti e braccianti, tra ricchezza e povertà.
Una persona attrae l’attenzione di entrambe i Medardo: è la pastorella Pamela, semplice, amorevole e intelligente, a rappresentare forse quell’armonia universale alla quale inconsciamente le due metà anelano. I due opposti sembrerebbero le due parti del simbolo del Tao, Yin e Yang, tenebre e luce, ma la riunione delle due metà, che avverrà ad opera dello strampalato e inutile dottore inglese Trelawney, non è necessariamente la ricetta risolutiva: l’autore ci indica che la ricerca dell’armonia non è un semplice impasto tra bene e male, ma un compito assai più arduo, un’importante responsabilità che ogni uomo deve assumersi.
PATRIZIA DIOMAIUTO
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