Proprio nella settimana della Festa del Libro, uno scandaloso furto alla cultura è venuto alla luce a Napoli: uno scandaloso furto perpetrato ai danni della celebre biblioteca dei Girolamini dove, da tempo, antichi volumi erano trafugati e rivenduti sul mercato estero proprio da chi era stato scelto per conservare e preservare il raro patrimonio letterario di uno dei baluardi di cultura della nostra città.
Quattro sale settecentesche e due sale moderne custodiscono gli antichi volumi di Teologia cristiana, Filosofia, Chiesa cristiana in Europa, Storia della Chiesa, Musica sacra e Storia generale dell’Europa, appartenenti alla Biblioteca statale oratoriana annessa al Monumento nazionale dei Girolamini di Napoli: tra le biblioteche più ricche del Mezzogiorno italiano, quella dei Girolamini è anche la più antica della città. Fu molto cara a Gian Battista Vico che contribuì ad ampliarne l’offerta suggerendo ai curatori del suo tempo di acquisire la collezione di Giuseppe Valletta, così da arricchire ulteriormente l’inestimabile patrimonio culturale della struttura.
Sono lontani, certamente, i tempi in cui la cultura era un affare della collettività, le cui testimonianze era fondamentale tramandare alle generazioni future: oggi, infatti, la nostra cultura diviene merce di scambio e proprio il direttore della biblioteca, Massimo Marino De Caro, risulta tra i principali indagati per il saccheggio di centinaia di libri antichi. Circa 1000 volumi, 250 dei quali recanti lo stemma della biblioteca dei Girolamini, sono stati ritrovati all’interno di un box a lui intestato nella città di Verona; altri 500 testi sono stati, poi, intercettati a Monaco di Baviera, dove stavano per essere venduti in una casa d’aste.
Indagati anche due argentini, Eloy Alejandro Cabello e Paola Lorena Weigandt, ed un’ucraina, Viktoriya Pavlovskiy, che gestivano il trasporto dei volumi rubati prima della rivendita a bibliofili e collezionisti facoltosi, nonché il curatore della biblioteca don Marsano e Maria Grazia Cerone, collaboratrice del senatore Marcello Dell’Utri (con il quale l’ex direttore De Caro condivide la passione per la collezione di incunaboli oltre che un procedimento giudiziario attualmente in corso per la realizzazione di un parco eolico a Gela).
Amareggiati dalla denuncia “tardiva” – i furti erano risaputi e documentati da alcuni membri del personale, ma sono stati denunciati da un docente fiorentino della Federico II – gli inquirenti temono di non essere arrivati in tempo, di aver potuto soltanto salvare il salvabile: “Rifletto su come siamo in grado di farci del male da soli – ha dichiarato il procuratore aggiunto Sandro Pennasilico – la biblioteca è una risorsa non solo per la città di Napoli ma per tutta l’Europa e purtroppo la situazione adesso è disastrosa”. La scomparsa di molti volumi era stata denunciata lo scorso 19 aprile dallo stesso direttore De Caro che, forse temendo di essere chiamato in causa da impiegati troppo curiosi, ha preferito portare alla luce la vicenda ed autosospendersi. Al momento dell’arresto avrebbe, infatti, dichiarato di non poter essere il responsabile dei furti proprio perchè li aveva in prima persona denunciati; solo dopo, messo alle strette durante un interrogatorio, si è deciso a confessare il reato.
Del resto anche Stefania Murianni, ispettore del ministero dei Beni culturali che il 17 aprile aveva avviato alcuni controlli nella struttura, aveva riscontrato una cattiva gestione del materiale bibliografico: “a fronte di un patrimonio librario stimato intorno alle 171.000 unità, non risultava traccia inventariale di quasi 100.000 volumi – si legge nell’ordinanza – Riferiva inoltre la dottoressa Murianni di aver rinvenuto centinaia di volumi depositati su tavoli, in numerosissime scatole di cartone chiuse con nastro adesivo nonché altre centinaia ancora accatastati per terra in una sala al piano terra in corrispondenza del civico 114 di via Duomo, dove, in occasione di un forte temporale abbattutosi sulla città, dai lucernari era caduta acqua piovana in prossimità di volumi rilegati in pergamena del ‘600 e del ‘700 sino a lambirli, con intuibili pericoli”. Una cosa è certa: oggi, i pericoli corsi dal ricco patrimonio culturale della biblioteca dei Girolamini non sono più soltanto intuibili e resta alla collettività il danno collaterale di averlo affidato alle mani sbagliate.
Sara Di Somma
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