Al termine di due giornate di votazioni per il rinnovo della Camera dei deputati e Senato della Repubblica, fra una serie di dati poco chiari, emerge un’unica certezza: il Parlamento è nettamente diviso in tre parti, centrosinistra con 124mila voti, il 29,5% contro il 29,1% del centrodestra e il 25,5% del Movimento Cinque Stelle. Alla Camera, il centrosinistra ottiene la maggioranza, ma il M5S è il primo partito e si aggiudica più voti del Pd, molto lontano dalla vittoria che tutti si aspettavano. In Senato, invece, dove la coalizione che prende più seggi (Pd+Sel) si ferma a 120, ben lontano dai 158 senatori che servono per la maggioranza, la situazione è critica e le circostanze sono ingestibili al limite dell’ingovernabilità. Sullo sfondo, il calo dell’affluenza alle urne: per il Senato ha votato il 75,2% degli italiani, per la Camera il 75,17%. Si registra quindi un calo di 6 punti rispetto alle precedenti elezioni politiche (2008).
Sorprendente invece la rimonta di Silvio Berlusconi che sin dall’inizio della campagna elettorale nessuno o quantomeno pochi avrebbero premeditato. In effetti se dalle ultime elezioni, il leader del Pdl è diventato il personaggio più chiacchierato, e non esattamente per le sue nobili gesta, è difficile non rimanere sbalorditi dalla sua risalita che lui stesso commenta: “Mi davano per morto e ancora una volta gli ho dimostrato di cosa sono capace”. A proposito dei preoccupanti risultati di queste elezioni, spiega: “Io penso che qualche risultato positivo, per quel che ci riguarda, si sia avuto. Per esempio, non entrano in Parlamento e sono fuori dalla politica personaggi come Fini, Ingroia e Di Pietro, tre giustizialisti di cui nessuno sentirà la mancanza”.
L’Italia resta quindi ancora divisa fra destra e sinistra e con una simile rottura all’interno del Parlamento è difficile trovare una soluzione in grado di gestire una politica attualmente ingovernabile. E’ inverosimile anche credere che all’interno di ideologie così diverse si possa giungere ad un accordo o almeno ad un confronto di idee per il bene del nostro paese. Una grande coalizione per prendere in mano le redini del nostro destino. E’ più probabile ottenere un riscontro fra Monti e Berlusconi o anche fra Grillo e Pd o che si assista ad un ritorno alle urne?
L’Europa intanto ci guarda da lontano nel pieno dello sconforto. Dopo le elezioni arrivano allarmanti titoli in cui viene presentata la precarietà della situazione italiana e soprattutto di come si rifletterà sull’economia dell’intera eurozona. Come dargli torto? Già dagli ultimi dati emerge che lo spread è risalito da 260 a 287 punti (la soglia Monti), chiudendo in rialzo a 293. In Inghilterra il Financial Times titola: “I mercati spaventati dall’incertezza italiana“. Su The Guardian l’ex direttore dell’Economist, Bill Emmott, parla del “disasto Monti, un enorme fallimento di comunicazione“. In Francia, Le Figaro annuncia: “Il ritorno di Berlusconi fa piangere i mercati”. Mentre Le Nouvel Observateur descrive una “Italia sommersa da un’ondata populista“, Liberation interpreta le elezioni: “Dopo un rifiuto della classe politica, un rifiuto dell’Europa“.
Antonio Gargiulo
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