Non c’è dubbio che si sia trattato di un atto terroristico. Dove per terrorismo non si intende necessariamente quello connotato da una religione o un’etnia, ma il solo atto di diffondere terrore tra la gente. Non si può motivare altrimenti l’esplosione avvenuta ieri alle 14.50, ora locale, alla maratona di Boston. Due bombe sono scoppiate a distanza di 20 secondi circa l’una dall’altra, proprio all’altezza del traguardo della competizione, a Copley Square, un’ora dopo che il primo maratoneta aveva tagliato il traguardo. In questo caso, arrivare ultimi o primi ha fatto la differenza per buona parte dei 14o feriti, tra cui molti maratoneti. Tre invece i morti accertati: uno di loro è un bambino di otto anni. Aspettava il padre corridore al traguardo.
Finisce nel sangue la storica maratona che da 130 anni si corre a Boston, ed è allarme anche a New York e Washington. Determinata la replica verbale di Obama a quello che sembra essere un atto intimidatorio, durante un accorato discorso tenuto alla nazione poco dopo la tragedia: “Chi ha fatto questo pagherà”. E sulla “scena del crimine” tornano ad aleggiare antichi fantasmi, e si fanno nomi e si dicono parole altisonanti e pericolose, AlQuaeda, estremismo, Islam. Il ricordo va a Bin Laden, e a quell’11 settembre maledetto, che ha cambiato la storia dell’Occidente. E l’America, che dell’Occidente è regina, torna, sconvolta, a leccarsi le ferite su quel fianco che aveva appena iniziato a scoprire.
GG.
(foto: Il Fatto Quotidiano)
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