Il piccolo leoncino con gli artigli lunghi, affilati e crudeli sta per tornare sul campo dove ha conosciuto la sua prima felicità calcistica: «A Marassi contro la Sampdoria a fine maggio ho festeggiato la promozione in serie A con il Pescara. È stata una gioia incredibile: ricordo ogni cosa di quella giornata, compresa la lunga festa. Sarò bello tornare lì».Lorenzo Insigne ha la faccia da bambino. Non esibisce la sua abilità, se non in campo: insomma, non indossa mai i panni del personaggio. È sereno nella sua gioia di voler imparare sempre e comunque. Frattamaggiore è la sua base di partenza. Quella d’arrivo è in uno stadio di chissà dove con ben stretto chissà quale trofeo.
Con la Samp per lottare per quel sogno chiamato scudetto?
«A Genova per fare bene e per continuare il nostro processo di crescita. Dobbiamo giocare sempre con grande rispetto per tutti gli avversari».
Sarà duello con la Juve?
«I bianconeri sono la squadra da battere. Hanno qualcosa in più rispetto a tutti, sono i campioni in carica ed è giusto che siano loro i favoriti».
Però hanno la Champions che potrebbe distrarli?
«Lo dicono anche i miei compagni di squadra che la Champions toglie molte energie, sia fisiche che mentali. E loro la Champions l’hanno giocata l’anno scorso».
Inter e Milan non hanno avuto un inizio folgorante?
«La stagione è lunghissima e possono ancora rientrare in corsa».
Che effetto le farebbe ritrovarsi accanto la Roma di Zeman nella volata per il primo posto?
«Un bell’effetto. Ma non mi stupirei, perché Zeman è un allenatore molto bravo e preparato».
Cosa le divertiva di più del boemo?
«Il suo gioco, i suoi moduli sono fatti su misura per chi gioca in attacco come me. Lui una punta sa davvero come farla divertire. Gli devo molto».
E Mazzarri?
«Un allenatore che fa lavorare moltissimo, molto preciso e preparatissimo: con lui in questi mesi credo di essere migliorato tantissimo».
Però non gioca titolare.
«Per me non è un problema. Io rispetto le scelte del mio tecnico».
Possono giocare insieme Insigne, Hamsik, Cavani e Pandev?
«Non è una domanda che va fatta a me. Io sono un giocatore, non l’allenatore a cui tocca decidere. Se lui vuole giochiamo tutti e quattro, altrimenti va bene lo stesso. Mi farò trovare pronto quando lo riterrà opportuno. Sempre».
Non è che improvvisamente da quando le dicevano che era troppo egoista è diventato troppo altruista?
«Io in campo faccio sempre la cosa che ritengo più giusta in quel momento. Se penso che un compagno sia piazzato meglio di me, gli passo la palla e non tiro in porta».
Cavani, però, il rigore contro la Lazio poteva lasciarglielo tirare?
«Certo, mi avrebbe fatto piacere. Ma ci sono delle gerarchie e il rigorista della squadra è lui».
Un bel rapporto col Matador?
«Con lui come con tutti gli altri. Ho trovato un gruppo stupendo. Poi c’è Santoro, il team manager, a cui devo tantissimo».
Potreste vincere l’Europa League?
«Questo Napoli non si pone limiti: quando abbiamo giocato io e Vargas credo che non abbiamo fatto sentire la mancanza di nessuno».
Cosa significa essere un campione?
«Non lo sono ancora. Io cerco di dare tutto me stesso sul campo per dare il meglio».
Cosa ha comprato con i primi soldi che ha guadagnato?
«Due case. Una per me e Jenny, la mia compagna, e un’altra per i miei genitori. Hanno fatto tanti sacrifici per me ed era giusto che pensassi a loro. Abbiamo scelto di restare a vivere a Frattamaggiore dove ci troviamo molto bene».
Che studente era?
«C’è una domanda di riserva? Mi sono fermato alla terza media».
Quale film guarda per rilassarsi?
«Tutti quelli di Vincenzo Salemme. Lo adoro. Lui ma anche Carlo Buccirosso e Alessandro Siani».
Lei crede in Dio?
«Sì. Anche se non è che vado a messa tutte le settimane».
Che sogni calcistici ha per quest’anno?
«Non parlerei di sogni: voglio continuare a divertirmi con quello che faccio».
E come uomo cosa sogna?
«Di poter essere felice con Jenny e con mio figlio che nasce ad aprile».
A proposito, maschio o femmina?
«Non lo sappiamo ancora. Per me è indifferente».
La sua Jenny che rapporto ha con Insigne il campione?
«Non ama il calcio, per fortuna. Se può non viene neppure allo stadio. Con la Lazio, per esempio, non c’era. Con lei non si parla mai della partita».
Il piatto che preferisce cucinato da sua madre?
«I veri sacrifici li faccio a tavola, non sgarro mai: sono piccolo e anche pochi grammi in più sono un guaio. Ma nelle occasioni speciali, mi faccio preparare la carbonara».
Dia dei suggerimenti ai suoi fratelli calciatori, Roberto e Marco.
«Lavorino in silenzio ascoltando sempre i consigli dei propri allenatori: nessuno ha più interesse di loro a farli diventare dei campioni».
Al di fuori del calcio, chi è lo sportivo che più le piace?
«Io fin da piccolo non seguo altro che il pallone. Punto. E il mio idolo è Del Piero, ma lo sanno tutti. La sua maglia adesso è custodita a casa mia».
Andare in Australia è stata una resa o una scelta d’avanguardia?
«Ha aperto nuove frontiere, da campionissimo quale è».
Le piacerebbe diventare una bandiera come lui?
«Beh, intanto una bandiera il Napoli già ce l’ha ed è il capitano, Paolo Cannavaro. A me piacerebbe restare qui tutta la vita e diventare la bandiera del futuro, ma devo anche meritarmelo».
Sogna la maglia numero 10 del Napoli?
«Quella non si tocca, è di Maradona e deve restare sempre di Maradona».
Con la Nazionale ha scelto la 17. E la scaramanzia?
«Non ci penso mai. Avrei voluto la 24 ma non c’era. Allora non mi sono fatto scrupoli a indossarla».
Prandelli la richiamerà a ottobre?
«Spero di meritarmi la convocazione e la sua fiducia. Ma se non dovesse farlo, non farei drammi».
C’è poi anche l’ambiziosa Under 21 di Devis Mangia?
«Ma anche lì il posto va conquistato. Di bravi in giro nella nostra serie A ce ne sono tantissimi».
I migliori giocatori emigrano o evitano l’Italia. È ormai un campionato più povero il nostro?
«Queste cinque giornate hanno detto che i giovani stanno regalando tanto spettacolo sui campi della serie A».
Però il suo amico Verratti è andato via?
«Ho provato inutilmente a convincerlo a raggiungermi a Napoli, l’ho chiamato due volte ma proprio non gli ho fatto cambiare idea. Ora è a Parigi, la città che sogno di visitare con la mia Jenny».
Ha avuto possibilità di andare all’estero?
«No, nessuna. Volevo il Napoli e il Napoli voleva me».
Un aggettivo per definirla.
«Normale, un ragazzo con i piedi per terra».
Via, qualcosa di più?
«Un calciatore che sa di dover ancora lavorare tantissimo per raggiungere certi risultati».
La cosa più bella che ha fatto?
«Un gol in casa contro il Torino, l’anno scorso col Pescara».
Chi vince domani a Marassi?
«Noi, speriamo».
Fonte: Il Mattino
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