Calcidica, Macedonia centrale, Grecia moderna che ha il sapore della storia antica e della tradizione. Da queste parti ogni pietra ha qualcosa da raccontare, qualcosa da dire, e il mare incontaminato è ancora un segreto per i conquistatori con la t-shirt. Turismo selezionato, si potrebbe dire: esclusivo, per chi conosce la terra che secoli fa apparteneva alla Tracia e che ha cullato Alessandro Magno. Il Macedone. Un’altra Macedonia, certo, ma l’ispirazione è quella. La stessa di Goran Pandev, macedone moderno che, d’estate, si tuffa in queste acque limpide alla riscoperta delle origini. Sì: è qui, sulle bianche spiagge della penisola che in lingua si chiama Halkidiki, che l’attaccante azzurro passeggia come un padre qualunque, rigenerandosi in vista della nuova stagione. Quella della svolta: dopo la cessione di Lavezzi e l’investitura di Mazzarri, che ne ha preteso l’acquisto definendolo «la prima pietra, la base del nuovo corso», toccherà a lui prendere per mano il Napoli. Timori? Macché. Soltanto un sogno: conquistare lo scudetto. E allora, l’incontro con Goran il conquistatore. Goran Magno.
Pronti?
«Prontissimi. Visto come sono rilassato?».
E anche felice: il ritorno, cioè la permanenza nel Napoli, il matrimonio in chiesa con la sua Nadica e ora questo viaggio di nozze-vacanza con la famiglia
«Sì, è un momento in cui sono sereno e contento. Mi sto godendo i bimbi e mia moglie, il mare e il sole. E ho staccato completamente la spina del calcio».
Niente foto, autografi e domande selvagge?
«No, macché. Non ho incontrato tifosi napoletani, ma del resto queste spiagge non le conosce nessuno: io ci vengo spesso, sono a un passo da casa mia. Credo sia il posto ideale per rilassarsi».
E al Napoli non pensa mai?
«Sempre. Certo. Sono molto, molto felice di essere rimasto: l’avevo detto anche a Mazzarri, a fine stagione, che mi avrebbe fatto piacere restare. E così, quando mi hanno chiamato ci ho messo un attimo a decidere».
Cosa le hanno detto per convincerla?
«Sia il Presidente De Laurentiis, sia Mazzarri e Bigon mi hanno confermato che il Napoli vuole continuare a crescere. Soprattutto dopo la vittoria della Coppa Italia».
Argomenti importanti
«Sì, fondamentali per me: è vero che nella mia carriera ho vinto tanto, ma voglio continuare con la maglia azzurra. I tifosi lo meritano, sono meravigliosi: la festa per la Coppa Italia è indimenticabile, mamma mia… Non oso immaginare cosa accadrebbe, se arrivasse qualcos’altro».
Tipo?
«Lo scudetto. Io credo che con un paio di acquisti di valore ed esperienza sia possibile. Possiamo farcela: il Napoli è già forte e il gruppo è eccezionale. Ho vissuto Lazio e Inter, ma uno spogliatoio così unito non l’ho mai visto: quando ci mettiamo in testa una cosa, riusciamo sempre a raggiungere l’obiettivo. La Coppa Italia è l’esempio: dopo aver perso la Champions, la volevamo a ogni costo».
Vada per scudetto e ritorno immediato in Champions, allora
«Eh, speriamo, magari. Ripeto, è la città a meritare queste gioie e questi palcoscenici. Il club ha voglia di crescere, il Presidente e Mazzarri hanno tanta carica dentro».
E lei? Dopo la cessione di Lavezzi le toccheranno gli straordinari
«Io ho tanta esperienza da mettere al servizio del gruppo. Tutto qua. Non sono il leader, è il gruppo a esserlo».
Quanto mancherà il Pocho?
«Molto. Lui è un grande. Un campione e anche una persona eccezionale: ci sono pochi giocatori come lui in giro. Napoli non deve avercela con Lavezzi, anzi: deve continuare a volergli bene».
Ha qualche consiglio per gli acquisti da dare?
«No, assolutamente. La società sa benissimo cosa fare. Posso solo ribadire che, con un paio di giocatori bravi e di esperienza possiamo puntare allo scudetto».
L’unico messaggio in bottiglia lanciato nel mar Egeo?
«Beh, una considerazione. Chiunque verrà dovrà avere il nostro stesso orgoglio: il Napoli è una grande squadra, importantissima, non una qualsiasi. Per indossare la maglia azzurra bisogna avere fierezza e un’immensa voglia di vincere. Bisogna capirlo e saperlo».
Il primo impegno ufficiale è in programma l’11 agosto a Pechino, in Supercoppa con la Juve. Lei ne ha già conquistate due, con Lazio e Inter…
«Daremo il massimo, come sempre, per vincere ancora».
Per l’appunto. Non fa che coniugare questo verbo
«Ho firmato per tre anni, sono rimasto per questo e ci credo».
Sta sentendo i suoi compagni di squadra?
«Sì, qualche sms con Cannavaro e Inler. E poi ho fatto gli auguri a Dossena, che è diventato papà, e a tutti i ragazzi che in questi in giorni hanno festeggiato il compleanno».
Il 9 luglio si parte: raduno e ritiro a Dimaro. Si sta tenendo in forma?
«Altroché, i miei due figli mi fanno fare molta ginnastica! Non vedo l’ora di cominciare».
Goran Pandev è un campione, un artista mancino del calcio pluridecorato. E su questo c’è poco da dire. Però è anche un atipico. Uno che gli atteggiamenti del divo non sa neanche cosa siano: sempre sorridente, disponibile, assolutamente antidivo e saluto per tutti a portata di mano. Il resto è moglie e figli. E qualche amico, da contare sulle dita di una mano, con cui condividere segreti e pensieri. Cene ed emozioni. Napoli. Questo è Goran il macedone, l’uomo del triplete (interista) passato alla storia e del poker di coppe Italia. Quattro assi calati così, uno dietro l’altro: «Ma quella conquistata quest’anno con gli azzurri è stata la più bella in assoluto».
LA CRICCA – E allora, la sua Napoli. La città di un genio del pallone che, a tratti, potrebbe essere paragonato al Luciano De Crescenzo versione professore Bellavista. Il motivo? Semplice: come il professore, che nei libri e nei film della saga si circondava di persone vere, niente fronzoli e neanche milioni e ostentazioni, anche Pandev ama frequentare pochi amici ma decisamente buoni. Sinceri, disinteressati. Il più caro si chiama Lello Romagnoli, che di Goran è anche l’anfitrione in città al volante del suo taxi bianco; poi, nella cricca, ci sono anche il portiere (di un palazzo, non di una porta di calcio) e il barista. Gente comune perché lui, Pandev, è un ragazzo come tanti.
I GIOVANI – Splendido spaccato della vita privata del macedone, 29 anni da compiere il 27 luglio, che della sua Nazionale è la leggenda, nonché il capitano e il miglior realizzatore di tutti i tempi. Un divo, un personaggio dal peso specifico enorme che lui, però, proprio non riesce a far sentire. Sarà ripetitivo, sembrerà strano, ma l’umiltà è la caratteristica che rende Goran quasi unico nel panorama calcistico. Un altro esempio? Non di rado invita a cena un po’ di ragazzini del settore giovanile del Napoli: tutti a bocca aperta davanti al mito. E lui? Ci ride. Spallucce.
I LUOGHI – Della città, comunque, non conosce ancora tutto: nel primo anno dell’esperienza azzurra, la sua vita si è snodata più che altro tra il centro sportivo di Castelvolturno e la casa di Posillipo. Calcio, amici e famiglia: la moglie Nadica detta Nadia, sposata qualche settimana fa anche in chiesa a Strumica, la casa dei Pandev in Macedonia, e i due figli: Ana e Filippo. La più piccola nata a Napoli a ridosso di Natale e il maschietto a Milano. E’ la mattina, il momento migliore per sperare di incontrarlo in giro: Goran e i suoi amano trascorrere qualche ora sulle terrazze dei bar di Posillipo, gustando quiete e panorama, mentre la sera, al di là delle cene in casa, è stato avvistato anche a Marechiaro, nell’incanto della Finestrella, ghiotto com’è di pesce.
IL NUMERO 19 – Sapori napoletani e non solo: ama il basket Nba, la musica di Bregovic e Arnaudov (musicista macedone scomparso di recente, di cui sta leggendo la biografia), e i film di Kusturica. E poi ha un chiodo fisso, il numero di maglia: l’anno scorso prese il 29, ma quest’anno tornerà al suo prediletto, l’amuleto, il 19, l’anno scorso scelto prima del suo arrivo da Santana. Spesso a Napoli, e dunque al San Paolo, si vedono anche mamma e papà, che gestiscono i negozi di abbigliamento della famiglia a Strumica, mentre il fratello minore Sasko, 25 anni, scappa appena gli impegni calcistici lo consentono (gioca in patria nell’FK Renova, in attacco). Una curiosità: anche Sasko, come Goran, quest’anno ha conquistato con la sua squadra la coppa nazionale. Un vizio di famiglia.
Fonte: Corriere dello Sport
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