Interrogatorio del 16 giugno 2011 del calciatore Fabio Quagliarella, presso la Procura della Repubblica di Napoli: «Sono attualmente tesserato, come noto, per la Juventus Football club s.p.a. ma sino al 30 giugno 2010 sono stato un calciatore del Napoli Calcio. Fui ingaggiato dal Napoli l’anno precedente e firmai un contratto quinquennale. L’anno successivo, tuttavia, accettai di andare in cd. prestito con obbligo di riscatto alla Juventus. A domanda, preciso che tale scelta fu determinata da ragioni prettamente calcistiche. In pratica, già durante il campionato vi erano state frizioni ed incomprensioni con alcuni dei compagni. In pratica mi sentivo emarginato nel gioco della squadra e mi capitava di accorgermi che qualche compagno faceva di tutto per non passarmi la palla. Tuttavia, si trattava di normali questioni tecniche tipiche della vita sportiva di noi calciatori. Posso altresì aggiungere che in questo mio disagio non mi sentivo compreso e sostenuto dalla società, ma mai avrei pensato di interrompere così bruscamente dopo solo un anno il mio rapporto con il Napoli se non si fossero verificate le vicende delle quali ora dico, ma tutte sempre di mero rilievo sportivo.
In pratica, fui convocato in Nazionale maggiore per partecipare ai mondiali in Sudafrica e mentre ero in ritiro leggevo sulla stampa sportiva italiana che ero considerato cedibile dalla mia società. Ogni giorno erano pubblicate notizie che mi davano prossimo ad essere ceduto a questa o quella società. La cosa, naturalmente, mi dava fastidio, perchè era sintomo di una chiara crisi di fiducia della dirigenza, che altrimenti sarebbe intervenuta, come in altri casi, per dichiarare incedibile il proprio giocatore. Al ritorno in Italia, appresi persino che le trattative del Napoli con la società russa del Rubin Kazan erano ad un passo dal concludersi e questa fu la goccia che fece traboccare il vaso. Chiesi così al mio procuratore, avv. Giuseppe Bozzo, di trovarmi una nuova squadra e ben presto fu la Juventus a farsi avanti. La formula del prestito con diritto di riscatto credo sia però interpretata dalla Juventus nel senso dell’effettivo mio trasferimento definitivo a Torino, ciò che comporterà, come da contratto, il pagamento di 10 milioni e mezzo di euro. A domanda, preciso che il mio ingaggio era di circa 1.800.000.00 euro l’anno ed erano poi previsti premi in denaro ove avessi segnato 12 gol e poi magari 18 in ogni campionato. A domanda, preciso che quando nel campionato 2009-2010 si giocò Napoli-Parma, io avevo già segnato 9 gol e mancavano, se non sbaglio 5 giornate alla fine del campionato. La partita si mise subito bene per me e per la mia squadra. Segnai un gol, ma poi il Parma pareggiò e si potrò in vantaggio. Riuscimmo a pareggiare ancora con un gol segnato su mio assist e poco dopo fui espulso dall’arbitro. A domanda, preciso che la mia espulsione fu dovuta alle proteste che feci avverso la decisione dell’arbitro di non punire con un rigore un fallo commesso su di me da un difensore del Parma. L’arbitro mi ammonì ed io a quel punto persi la testa, perchè l’ammonizione comportava, essendo io stato già diffidato dal giudice sportivo, l’automatica squalifica per il turno successivo. Fu così che usai frasi offensive nei riguardi dell’arbitro e a ciò seguì la mia espulsione. In conseguenza di ciò, fui squalificato anzichè per una giornata per tre giornate. Prendo atto che così si rendeva ancor più difficile raggiungere l’obiettivo del premio, ma ripeto che persi la testa per la rabbia e non feci calcoli. La partita si concluse con la sconfitta della mia squadra ormai ridotta in inferiorità numerica. Comunque, la partita Napoli-Parma segnò un chiaro momento di crisi del mio rapporto col Napoli. Non soltanto perchè mi fu irrogata dalla società una multa assi salata (28 mila euro), ma soprattutto perchè mi sentii abbandonato a seguito della decisione della società, comunicazione a mezzo stampa, di non fare ricorso avverso la squalifica, per tentare di ottenere una riduzione. A domanda, preciso che tale sensazione nasceva anche dal senso di isolamento che avvertivo creato attorno a me dal gruppo dei sudamericani (Lavezzi, Gargano, Campagnaro, etc), forse perchè costoro sentivano ed invidiavano il maggiore affetto che i tifosi spontaneamente mi avevano subito riservato, magari anche perchè napoletano e non solo perchè attaccante di valore nazionale. Voglio precisare che durante tutto il campionato ho avuto la sensazione, fondata su ciò che accadeva in campo, che il gruppo di sudamericani mi era ostile in campo, non passandomi la palla quando avrebbero potuto e dovuto. Parlai di tale malessere con il mister Mazzarri, con cui mi risentìi in occasione della partita Fiorentina-Napoli, perchè non mi fece giocare titolare ed avrei potuto essere in tale occasione capitano della mia squadra.
Feci comunque ritorno in campo in occasione della penultima giornata e grazie a due gol segnati all’Atalanta in una partita casalinga, mi portai a quota undici nella classifica di cannonieri di quell’anno. Dunque, effettivamente, è vero che l’ultima partita aveva per me anche un particolare valore economico, oltre che sportivo, perchè segnare un gol avrebbe comportato l’ottenimento di quel sostanzioso premio in denaro. Si giunse così alla partita Sampdoria-Napoli. Per i nostri avversari vincere era necessario per andare in Champions League. Per noi era una partita priva di valore di classifica. Ma, come detto, per me era importante anche per quell’obiettivo economico. A domanda, preciso che molti miei compagni erano a conoscenza di quella clausola del mio contratto. Io stesso mi ero confidato con taluno di loro e la voce si era sparsa nello spogliatoio, tanto che poco prima dell’incontro, anche l’allenatore Mazzarri mi chiamò per dirmi che sapeva del mio obiettivo e che, schierandomi in campo, mi avrebbe messo in condizione di raggiungerlo. Durante la partita, feci di tutto per segnare. Il loro portiere fece miracoli e mi parò due tiri con i quali ero certo di poter segnare. A domanda, preciso che non colsi alcuna anomalia nel comportamento dei miei compagni, del resto l’incontro fu preparato con scrupolo dell’allenatore che come me e Maggio era un ex tesserato della Sampdoria e, magari solo per questo ci teneva che la sua squadra facesse bella figura. Matteo Gianello è stato un buon compagno di squadra, che accettava con serietà il suo ruolo di terzo portiere quasi mai convocato per le partite. Non ricordo di aver parlato con Gianello della partita Sampdoria-Napoli, ne ho notato comportamenti “anomali” da parte sua. Non ricordo di aver parlato con Gianello della Vicenda del mio premio contrattuale previsto per il dodicesimo gol segnato. Sicuramente ne ho parlato con Gennaro Iezzo, cui ero particolarmente legato, e con cui facevo sistematicamente in automobile il percorso da Castellammare di Stabia a Castelvolturno per gli allenamenti».
Fonte: Corriere dello Sport
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