A Napoli, si sa, la monnezza è ormai un po’ ovunque. Come la camorra e il clan dei Casalesi.
La storica famiglia camorristica campana, pur avendo subito negli ultimi mesi notevoli perdite a causa degli arresti di molti dei suoi affiliati, appare sempre più un’organizzazione dagli ingranaggi ben oliati, che riesce a rafforzare costantemente le sue fila, al punto che potrebbe aver “allungato le mani” anche sulla discarica di Chiaiano.
Pochi giorni fa, infatti, ad opera dei carabinieri del gruppo Tutela dell’Ambiente, è avvenuto il sequestro di una parte della discarica napoletana – che, ab originem, era stata “pensata” come la discarica più sicura dell’emergenza e dell’Europa tutta – a causa di presunte infiltrazioni camorristiche nella realizzazione del sito. Circa 266 mq, finora liberamente utilizzati per sversare i rifiuti cittadini, sarebbero stati trattati con materiali scadenti e, dunque, non sarebbe possibile scongiurare del tutto la minaccia di inquinamento delle falde acquifere.
Sono stati perquisiti anche alcuni laboratori di analisi, cui erano state affidate le valutazioni relative al terreno della attuale discarica prima che vi fosse sparsa l’argilla: gli investigatori temono, infatti, che i rilevamenti e i risultati degli stessi possano essere stati falsificati, pertanto le indagini attuali mirano a stabilirne la veridicità e ad esaminare i criteri in base ai quali sono stati effettuati.
Attualmente sono sotto accusa due società, la Ibi e la Edil Car (rispettivamente la vincitrice e la subappaltatrice dell’appalto per la realizzazione del sito), per le quali si prospettano i reati di associazione per delinquere finalizzata alla frode in pubbliche forniture, traffico illecito di rifiuti e smaltimento non autorizzato di rifiuti, con l’aggravante di avere agito per agevolare clan camorristici.
Da molti mesi i cittadini di Chiaiano e il comitato antidiscarica si dichiarano preoccupati per la situazione in cui versa il sito che avvelena il loro territorio; già nel mese di marzo, dopo gli undici avvisi di garanzia inviati ai dirigenti delle suddette aziende appaltatrici, Antonio Musella ed Egidio Giordano – portavoce dei comitati e della Rete Commons – dichiaravano: “Lo Stato per poter aprire la discarica di Chiaiano è sceso a patti con i poteri criminali, e questa inchiesta è la riprova delle denunce da noi fatte in questi anni. Siamo davanti ad un disastro che viene fuori con grande ritardo. Bisogna mettere una parola fine alla vicenda di Chiaiano ed adoperarsi da subito per la bonifica dell’intera zona. È assurdo che la magistratura non abbia sequestrato la discarica: è come sostenere che un palazzo sia costruito con materiale scadente, ed una volta accertato il fatto si lasci costruire lo stesso senza scongiurare un disastro ulteriore”. Verrebbe da dire: oltre al danno, la beffa. Si, perché, mentre i cittadini manifestavano pubblicamente le loro preoccupazioni, quante altre tonnellate di monnezza sono state ammassate in una discarica non sicura per la popolazione?
La richiesta dei comitati è stata evidentemente accolta in netto ritardo e solo in parte, dato che il sequestro di una porzione del sito non blocca l’accesso dei camion per lo sversamento, ma impedisce soltanto di raggiungere la zona della discarica dove i rifiuti vengono ammassati in altezza.
Intanto, la situazione in città continua a peggiorare: sono oltre 300 le tonnellate di spazzatura abbandonate in strada e, mentre la rabbia e il panico serpeggiano tra i cittadini indignati, tornano in voga i roghi, le promesse mirabolanti dei politici e le delegazioni dell’esercito italiano. Il sequestro a Chiaiano rischia di aggravare ulteriormente l’emergenza e, soprattutto, di rappresentare una ulteriore sconfitta per la salute della Campania e dei suoi cittadini.
Sara Di Somma
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