Tanti sogni nel cassetto e poche opportunità per realizzarli, per i giovani che nascono e crescono in Italia. Ormai entrare a far parte del mondo del lavoro diventa una faccenda sempre più complicata. I dati registrati dalla Banca d’Italia nel bollettino economico di aprile sono allarmanti: nell’ultimo trimestre, infatti, il tasso di disoccupazione è aumentato del 9,6%, rispetto all’8,7% registrato nel 2010, ed è in continua crescita. In particolare all’interno delle fasce di età più giovani, come quelle fra i 15 e i 34 anni, è stato registrato un aumento del 1,5%, al 17,8%. Accelera sempre di più invece l’offerta di lavoro della fascia più anziana della popolazione, fenomeno dovuto probabilmente al prolungamento della vita lavorativa nell’ultimo decennio. Il tasso di attività delle persone con età compresa fra i 55 e i 64 anni è salito al 40,%, dal 38,4% dell’anno scorso.
Questi dati, oltre a fornirci informazioni valide sull’attuale situazione economica italiana, riescono purtroppo anche a demoralizzare i giovani e contribuiscono a frantumare le loro prospettive lavorative. Ciò accade soprattutto per i neolaureati, che vedono il titolo universitario, perdere parte della propria efficacia, soprattutto in termini di applicazione delle conoscenze acquisite nel corso degli studi, nel mondo del lavoro. I giovani laureati, non solo triennali, ma anche specialistici in qualsiasi tipo di settore, dopo la laurea, restano pervasi da un forte senso di disagio e poche aspettative per il loro futuro incerto, perdendo l’entusiasmo necessario per andare alla ricerca di un posto gratificante, che dia un senso ai sacrifici di una vita passata fra i libri.
Per questo motivo, le informazioni che ricaviamo dai bollettini economici, devono essere “maneggiate con cura” per evitare di ingigantire troppo il problema fino ad esasperare eccessivamente il senso di sconforto. I fattori da analizzare per stimare una percentuale sono tantissimi, e un’interpretazione sbagliata potrebbe portare ad una drammatizzazione eccessiva del problema lavoro. Quindi, come viene calcolato il tasso di disoccupazione? Viene presa in analisi soltanto la popolazione che ha già un lavoro o lo cerca “attivamente”. Inoltre, per quanto riguarda, ad esempio, la fascia d’età più giovane, in cui la maggioranza di coloro che ne fanno parte è impegnata nello studio, la popolazione attiva è solo di 1.660.000, contro i quasi 4,5 milioni di individui “inattivi” in campo lavorativo.
Non aumenta solo il tasso di disoccupazione, ma anche l’amarezza e la paura di non riuscire a realizzare i propri sogni senza dover necessariamente abbandonare la nostra amata Italia. Negli ultimi anni si sta diffondendo fra le nuove generazioni, un fenomeno sintomatico e sempre più evidente: giovani, spesso neolaureati che hanno deciso di non provare neanche ad entrare a far parte del mondo del lavoro, i cosiddetti Neet, dall’inglese “not in education, employment, training”. Questo fenomeno è probabilmente dovuto sia alle grandi difficoltà alle quali si va incontro nel cercare un posto di lavoro, sia a causa della diffusione di notizie scoraggianti sulla precarietà di un posto fisso e di redditi sempre più bassi. Sono sempre di più infatti, i contratti a tempo determinato e interinale o del lavoro nero.
Purtroppo, secondo i dati tecnici della Banca d’Italia, le prospettive di una ripresa economica non sono favorevoli, almeno non in questo periodo. Probabilmente assisteremo a qualche miglioramento tra la fine di quest’anno e l’inizio dell’anno prossimo. Non è difficile quindi, mettersi nei panni dei giovani italiani soprattutto se ad aumentare lo sconforto c’è il generale senso d’incertezza che le nuove misure adottate dal nostro governo, insieme alla riforma del lavoro possano incidere positivamente sull’economia del nostro paese. Il rischio potrebbe essere quello di aumentare le tensioni sui mercati finanziari europei e contribuire ad un rallentamento dell’economia globale.
Anna Panarella
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