Oltre cinquanta percento. Questi i consensi argentini che hanno decretato la vittoria di Cristina Fernandez de Kirchner. Per la “Presidenta” si tratta del secondo mandato e di una grande soddisfazione caduta a circa un anno dalla morte del marito, nonché ex presidente, Nestor Kirchner. Una folla di giovani ha atteso l’ufficializzazione di questo evento per festeggiare insieme alla rieletta a Plaza de Mayo. A loro sono state rivolte parole nel suo discorso post elezioni, “ai giovani che vengono a salutare questo governo con amore, perché hanno capito che stiamo lavorando per il presente, ma soprattutto per il loro futuro”.
È solo l’ultima di una serie di donne che ha conquistato un ruolo di potere. Negli anni la società si sta progressivamente abituando a vedere chiome fluenti nelle posizioni di comando, situazione questa decisamente “scomoda” agli occhi degli uomini. E non solo. Secondo la psicologia del lavoro si definiscono “api regina” le donne che, nell’assumere ruoli di responsabilità, accentuano le caratteristiche mascoline della loro personalità. In che modo? Una delle innumerevoli reazioni è quella di subordinare lavori “meno decorosi” a persone dello stesso sesso. Un maschilismo femminile sotto tutti i punti di vista.
Belle Derks, psicologa sociale e ricercatrice olandese, definisce questa situazione come “conseguenza” e non “causa”. Il pregiudizio e sessismo maschile hanno generato questo nuovo stereotipo di donne: coloro che, concentrate unicamente sulla carriera e sulla corsa al potere, evidenziano quei tratti mascolini della personalità che le portano a provare astio verso le sottoposte. In parole più semplici, lo studio della dottoressa Derks ha evidenziato come queste donne abbiano sofferto a tal punto i pregiudizi maschili, nel corso della propria gavetta, da non poter fare a meno di adottare gli stessi comportamenti dei colleghi. La psicologa consiglia a queste “api regina” di stringere maggiormente il rapporto con le sottoposte per riuscire a “fare gruppo”, anche se – sottolinea – non è nella natura della donna identificarsi con lo stesso sesso.
Dall’altro lato bisogna considerare la figura maschile che si vede scavalcata. La donna ha un pensiero maschilista dominante latente e questo, da sempre, crea imbarazzo all’uomo nel momento in cui emerge e si propaga in tutti i settori della vita quotidiana. Questo carattere forte, solo all’apparenza, è una barriera che la donna in carriera pone tra sé e la delusione che il mondo esterno può regalarle. Le si vede determinate e ciniche, molte volte non sono circondate dall’amicizia e dall’affetto. Sono quelle donne che hanno reagito, in modo drastico, al tradimento di un uomo oppure all’allontanamento di persone importanti per motivi futili (magari proprio la competizione – caratteristica prettamente femminile – scaturita dalla realizzazione professionale dell’una e la mancata dell’altro). La specie maschile? Non ha peso o valenza, è inferiore inevitabilmente. Le altre donne, quelle “semplici”, vengono vissute come una vergogna. La stima nei confronti della categoria è pari a zero (anche se tende a giustificarla, da buona “ape regina” che difende la propria posizione dominante), come se “femminile” fosse un’etichetta dall’accezione negativa.
Roberta Santoro
Riproduzione Riservata ®