C’è tutto un mondo dietro. Un mondo complicato le cui regole sono sottese in ogni gesto e in ogni parola. Le vedi camminare protette da un’aura strana, da un’inadatta consapevolezza eppure non ti domandi di cosa avrebbero realmente bisogno per liberarsi dalla condanna dell’apparente libertà. Sono le donne. Sì, le donne della criminalità. Esistono innumerevoli leggende dietro queste figure. Roberto Saviano, scrittore divenuto popolare grazie al libro “Gomorra”, ne descrive le dinamiche in “La bellezza e l’inferno”.
Siamo abituati a vederle nei servizi televisivi quando corrono dietro le macchine della polizia durante l’arresto del proprio uomo. Le donne dei boss, o degli affiliati, hanno regole precise da seguire. Vivono nel potere e nella paura. Vivono nel controllo e nella totale libertà. Saviano ci racconta un mondo per noi “mitologico”, immerso in una tradizione paradossalmente moderna. L’abbigliamento e la cura per il corpo sono sintomi della libertà. A quanto risulta trucco, smalto, capelli sistemati e vestiario curato sono gli elementi secondo cui è possibile pensare che il loro compagno di vita sia ancora libero. Sono trofei da portare dietro. Le donne, inizialmente, sono burattini ben curati nelle mani del proprio uomo e, per questo, rispettate. Con l’avanzare dell’ “esperienza” vengono onorate per la loro forza all’interno del clan. Potere che permette loro di sentenziare a morte, ma non di avere un amante.
Dopo l’arresto dei mariti, infatti, non possono condurre la stessa vita di prima. Trucco e abbigliamento devono essere trascurati perché, in caso contrario, indicherebbero una confessione di tradimento. Un’apparente invisibilità che le pone a capo del clan “in gestione” del carcerato. Questo mai può accadere nel sesso. Ci sono regole anche per fare l’amore. La dominazione deve essere totalizzante, anche nei rapporti. Il boss non può scegliere di stare sotto, non può praticare sesso orale ad una donna. Perché, come sottolinea Saviano, “ […] è da cani. Non devi diventare cane di nessuno.” In più l’uomo può avere amanti, meglio se straniere poiché non considerate in grado di educare i figli. Un imperativo dato dalle mogli, le quali, però, non possono permettersi la stessa concessione. Il codice sessuale è lo stesso per tutti i Paesi di camorra, mafia, ‘ndrangheta e sacra corona unita. Si evince il potere, la gerarchia, il controllo. Controllo, come specificato in “La bellezza e l’inferno”, relativo al territorio geografico e a quello “sentimentale”. Mai toccare la donna promessa ad un “superiore”.
Angela Bartucca è un esempio lampante. Moglie del boss Rocco Anello, si ritrovò ad aver bisogno di aiuto a seguito della carcerazione del marito. Uno dei prescelti, Valentino Galati, aveva solo diciannove anni. Si è ipotizzata una relazione tra i due perché, stranamente, il ragazzo sparì poco dopo. Una spedizione punitiva ha eliminato il problema e la vergogna. Stessa sorte, qualche anno prima, per Santo Panzanella, innamorato della stessa donna. Ennesima spedizione per salvare l’onore. Di lui è stata trovata solo una clavicola. Le donne dei boss arrestati devono praticare l’astinenza per non uccidere o restare assassinate. Discorso analogo anche per le vedove. Possono risposarsi con un uomo dello stesso “rango” del marito morto e solo con l’approvazione dei figli maschi. Sette sono, comunque, gli anni in cui deve essere rispettato il lutto. Una perdita consacrata da abiti neri indossati perennemente. Al di sotto qualcosa di rosso per suggellare il ricordo del sangue e della vendetta.
Roberta Santoro
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