Elizabeth Taylor, la diva di un cinema che non c’è più

I leggendari occhi viola di Elizabeth Taylor in una scena di Cleopatra (1963)

Elizabeth Taylor non aveva bisogno di morire per entrare nell’Olimpo degli dei immortali del cinema. Lei, immortale, lo era già prima che il suo cuore malandato smettesse di battere e i suoi leggendari occhi viola si chiudessero per sempre. Certo, Elizabeth Rosemond Taylor ha concluso la sua esistenza terrena tra noi lo scorso 23 marzo, ma Elizabeth “Liz” Taylor, la star del cinema, continuerà a vivere per sempre, anche se da anni ormai non calcava più le scene cinematografiche (l’ultima apparizione è nel film The Flinstones nel 1995). In questi giorni si sono sprecate ovunque parole su cosa abbia significato per il cinema. La frase che si è letta più spesso è stata “con Elizabeth Taylor si spegne una delle ultime stelle della Grande Hollywood”. E non è un’affermazione buttata lì a caso per un’attrice che ha davvero fatto la storia del cinema. Gran parte della sua carriera  ha attraversato l’intera stagione cinematografica passata alla storia come la “Golden age” di Hollywood. L’età d’oro dei grandi studios, di quel grande, grandissimo cinema che era ancora sinonimo di sogni ad occhi aperti.  

Come molte altre straordinarie dive prima di lei, la Taylor se ne va lasciando un segno indelebile nel mondo dello spettacolo, ma anche un enorme senso di vuoto, perché la sua indole ribelle e volitiva, la sua vita tumultuosa, tra grandi amori e indimenticabili interpretazioni, hanno segnato un’epoca. E, come profeticamente disse in un’intervista, dichiarando che sulla sua lapide avrebbe voluto la scritta: “Qui giace Elizabeth. Ha vissuto!”, la Taylor ci lascia a 79 anni dopo una vita davvero vissuta appieno, lottando fino all’ultimo con grinta, contro le malattie che l’hanno colpita. Sexy, glamour, esuberante, fragile, dotata di un fascino magnetico e di una sensualità conturbante. Come le donne che spesso ha rappresentato sullo schermo, perennemente in bilico tra dramma e felicità, anche la sua era una personalità ricca di sfaccettature: da un lato, l’artista dedita con passione alla settima arte, interprete bellissima e carismatica due volte Premio Oscar (nel 1961 per Venere in Visone e nel 1967 per Chi ha paura di Virginia Woolf?); dall’altra, l’inquieta e volubile protagonista delle cronache rosa, la superstar famosa che con i suoi amori travagliati e passionali ha riempito più le pagine del gossip che quelle del cinema.  La chiacchierata vita privata però, non ha mai offuscato la bravura di questa attrice. E, anche se della Taylor a volte si ricorda più la giostra di mariti portati all’altare che i film, la sua è stata comunque un’esistenza consacrata fin da bambina al grande cinema.

All’inizio, negli anni ‘40, a soli 10 anni, la Taylor era già una piccola celebrità dalla bellezza rara che conquistò il pubblico con  Torna a casa Lassie” e “Gran premio”. Un raro esempio di baby-star che riesce a svincolarsi con successo dalle spire auto-distruttive del divismo infantile, trasformandosi negli anni ’50-’60, all’apice della sua carriera, in una delle artiste più raffinate e in vista di Hollywood, protagonista di commedie, drammi psicologici complessi e kolossal accanto a giganti del cinema americano (James Dean, Paul Newman, Gregory Peck, Montgomery Clift, Gary Cooper, Spencer Tracy, Mickey Rooney e Richard Burton) e diretta da signor registi: Mervyn LeRoy (“Piccole donne”, 1949), Vincente Minnelli (“Il padre della sposa”, 1950), Richard Brooks (“La gatta sul tetto che scotta”, 1958) George Stevens (“Un posto al sole”, 1961), Joseph L. Mankiewicz (“Cleopatra”, 1963), Mike Nichols (“Chi ha paura di Virginia Woolf?”, 1966), George Cukor (“Il giardino della felicità”, 1976), Franco Zeffirelli (“La bisbetica domata”, 1967). La sua attività cinematografica più degna di nota si conclude sul finire degli anni ’60. Liz vive e sconta sulla sua pelle la transizione storica tra la Hollywood degli studios e l’avvento del nuovo divismo anni ’70. La produzione della Taylor di questi anni è quasi tutta da dimenticare, tra pellicole incolori in coppia con il marito Richard Burton e qualche partecipazione televisiva. Segno che per una diva dell’età d’oro, a cui i film venivano cuciti addosso, non c’era più spazio in un contesto creativo, ribelle e scapigliato come era quello della Nuova Hollywood di Coppola, Scorsese, De Palma e Cimino. Ma qui sta la più grande interpretazione di Elizabeth Taylor. Quando il sipario calò, l’attrice seppe reinventarsi con intelligenza ritagliandosi un nuovo ruolo lontano dal grande schermo a favore della lotta contro l’AIDS.

Nei suoi oltre 50 anni di carriera, Elizabeth Taylor ha interpretato grandi personaggi e grandi storie di una Hollywood che ormai non c’è più. Come non c’è più questa indimenticabile diva che vogliamo ricordare insieme con spezzoni di alcune delle sue pellicole più memorabili.

Gran Premio (1944)
Il ruolo di Velvet Brown, in questo suo quinto film, farà di Elizabeth Taylor una vera star. La sua convincente interpretazione di una bambina appassionata di equitazione che allena il suo amato cavallo Pie per il Grand National conquisterà il cuore di tanti ammiratori in tutto il mondo: 4 milioni di dollari di incasso al botteghino, un vero successo.

Il Padre della sposa (1950)
In questo grazioso film, l’attrice interpreta la figlia che sta per sposarsi di un nervoso Spencer Tracy e un’elegante Joan Bennett. E quando la realtà si mescola con la fantasia: due giorni dopo la premiere del film Liz sposa il suo primo marito “Nicky” Conrad Hilton Jr. in un meraviglioso abito da sposa disegnato da Edith Head e regalatole dalla Mgm.


La gatta sul tetto che scotta (1958)
Adattamento ripulito e censurato di un dramma di  Tennessee Williams. Liz è la “gatta” Maggie moglie insoddisfatta a causa dell’indifferenza del marito alcolizzato e depresso (Paul Newman).

Cleopatra (1963)
Per interpretare la sensuale e sfortunata Regina del Nilo in questo filmone multi milionario che ha richiesto tre anni di lavorazione, e che rimane uno dei più costosi flop di tutti i tempi, Elizabeth Taylor strappa alla Fox un contrattino da un milione di dollari. Sul set romano del film scoppia la passione tra Liz e l’amore della sua vita e futuro (duplice) marito Richard Burton.

Chi ha paura di Virginia Woolf? (1966)
Un’irriconoscibile Elizabeth Taylor con capelli grigi, chili di troppo, un aspetto trasandato e un linguaggio volgare interpreta Martha, moglie nevrotica intrappolata in un matrimonio auto-distruttivo con un professore universitario (Richard Burton), in questo film diretto da Mike Nichols. Con questa performance la Taylor vince il suo secondo Oscar.

Enrica Raia

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