Credete davvero che il destino di questo governo è appeso al voto di giovedì nella Commissione bicamerale sull’Attuazione del federalismo fiscale? Io no, prima di tutto perché il voto è soltanto consultivo (cioè non vincolante), pertanto anche se dovesse finire come si dice almeno in parità, si andrà comunque avanti come prevedono i regolamenti. La commissione, infatti, deve dare il suo parere sullo “Schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di federalismo fiscale municipale” che attua parte delle deleghe concesse dal Parlamento al governo con una legge nel maggio 2009. Se il parere della Bicamerale sarà positivo, la palla tornerà al governo che lo approverà in via definitiva (cosa che può fare anche in caso di bocciatura). Si vota comunque soltanto su un pezzetto di federalismo, quello che riguarda i Comuni. Altri pezzi, come il federalismo demaniale sono stati già sistemati.
Il testo è il frutto di una sofferta mediazione tra il ministro Roberto Calderoli, il presidente della commissione Enrico La Loggia e l’Anci, l’associazione dei Comuni. Il risultato comunque finirà sarà sicuramente penalizzante per i comuni del Sud del Paese, dove inevitabilmente le tasse dovranno aumentare per sanare parzialmente bilanci quasi sempre deficitari.
Questo federalismo municipale sarà comunque provvisorio perché quel che succederà oltre la fase di sperimentazione (2011-2013) resta un mistero. Dal 2014, ci saranno due nuove imposte, quella municipale propria (Imu) e quella secondaria. Fuori dai tecnicismi, la sostanza è questa: la casa diventa il centro della tassazione, ci sarà un’aliquota specifica per gli affitti (finora tassati, in quanto reddito, con l’Irpef) e viene dato il via libera ai Comuni ad aumentare l’addizionale Irpef, cioè un’ulteriore aliquota sul reddito, fino al quattro per mille. Soldi che serviranno soprattutto a compensare i tagli della manovra di luglio, più che a trasferire risorse per aumentare la libertà d’azione dei sindaci.
Con quali conseguenze? Anche questo resta poco chiaro, soprattutto dopo che Calderoli ha recepito le richieste dei Comuni che reclamavano più autonomia. I calcoli sono confusi, ma la Ragioneria dello Stato stima che la cedolare secca (del 21 o del 19 per cento) sugli affitti determinerà una perdita di gettito di 2,4 miliardi nel 2011, 3,3 miliardi nel 2012 e 3,3 nel 2013. Come minimo, visto che si presuppone che la nuova aliquota più bassa di quelle Irpef faccia emergere almeno 13 miliardi di euro di affitti ora non dichiarati, secondo i calcoli ottimistici del Tesoro. Nello scenario peggiore, quindi, il buco nei conti dello Stato può arrivare a 23 miliardi, circa quanto recuperato dall’ultima manovra finanziaria.
A proposito del federalismo demaniale, ricordiamo che la sua introduzione fa aumentare a dismisura la lista dei beni dello Stato che Comuni, Provincie e Regioni possono chiedere e ottenere a titolo gratuito con il vincolo e l’obbligo di metterli in vendita ai privati per monetizzare?
Bisogna fare molta attenzione alle conseguenze che questa ulteriore privatizzazione sicuramente provocherà sulle condizioni di vita e di sicurezza di tutti (servizi più costosi e meno efficaci rispetto agli obbiettivi di salute, istruzione, trasporto). In questo modo si privatizza lo “stato sociale” e se ne rivoluzionano le norme che appartengono ai principi fondamentali e alla prima parte della Costituzione e che, ipocritamente, tutti dicono di non voler toccare.
Come la metterebbero Regioni e Comuni se, con un «vero» federalismo fiscale, la musica dovesse davvero cambiare? Non ne uscirebbero destabilizzate quasi tutte le amministrazioni regionali e locali attuali? Per esempio, è curioso il fatto che i leghisti vogliano più di tutti il federalismo fiscale e allo stesso tempo si oppongano (più o meno come si opponeva Rifondazione comunista nel passato governo Prodi) alla liberalizzazione dei servizi locali. Ma il federalismo (fiscale e non) non è per l’appunto voluto soprattutto al fine di favorire concorrenza, riduzione dei monopoli pubblici, comportamenti locali virtuosi?
A questo punto credo che servono urgenti e reali ragguagli sul perché stiamo per diventare uno Stato federale, anche perché se è veramente solo un problema di alleggerire il livello di imposizione fiscale questo può propagare direttamente dallo Stato centralista. Anzi, col centralismo, di solito, è più facile decidere di ridurre la pressione fiscale.
Allora volete spiegaci realmente quali sarebbero i vantaggi di questa impostazione federalista voluta da Bossi e compagni?
Vincenzo Branca
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