Pratolini, “l’iniziatore” del Neorealismo letterario – Il quartiere (1944) è considerato il primo romanzo appartenente alla nuova corrente – diventerà così il cronista delle vite dei suoi personaggi, persone di umili condizioni sociali, con tutte le loro virtù e difetti.
Racconterà le privazioni dettate dalle difficoltà economiche, le preoccupazioni, le paure, le gioie, gli amori, le gelosie… insomma, la vita di un sottoproletariato che rappresenta il “tessuto” della società italiana del tempo: questo è il filo conduttore che lega la quasi totalità della sua produzione letteraria.
In Cronache di poveri amanti (1947) Pratolini raggiunge l’apice di scrittore cronista, riuscendo a concentrare gli intrecci di vita di ottanta personaggi che si dipanano sul palcoscenico naturale di Via del Corno (luogo ben conosciuto dallo stesso Pratolini per averci vissuto una parte della sua giovinezza), ed è in questo grande romanzo corale che possiamo ammirare tutte le sfaccettature delle figure di “eroe/antieroe” dell’universo pratoliniano.
Se partiamo dal concetto di “eroe” classico tanto decantato dalla letteratura greca in poi, possiamo etichettare tutti, o quasi, i personaggi pratoliniani come “antieroi”, cioè persone insignificanti la cui vita non presenta nessun sussulto degno di nota: in realtà non è così.
È vero, ci sono quelli che subiscono la dura vita di privazioni cui sono destinati, quelli che accettano passivamente il regime, soprattutto per paura, chi addirittura collabora come confidente della polizia, ma ci sono anche tanti personaggi, protagonisti e non, che dissentono, che si oppongono – in parte palesemente – attraverso comportamenti, più o meno, “eroici” come il rifiuto di prendere la tessera del partito, fino a perdere il lavoro, pur di non chinare la testa di fronte all’arroganza del sistema. E poi ci sono i veri e propri eroi come Corrado, “Maciste” il maniscalco, uno dei pochi ad avere piena coscienza del clima politico e attivista nel movimento clandestino di opposizione civile al regime, lui che “ubbidisce solo alle leggi del cuore” sarà protagonista di un vero e proprio atto di eroismo che, purtroppo, lo porterà ad una morte violenta; assieme a Corrado troviamo l’amico Ugo con cui condivide le convinzioni politiche e dal quale si stacca per un certo periodo dopo una furibonda lite, ma saranno proprio gli stessi accadimenti dell’autunno del 1925 che porteranno al sacrificio della vita di Maciste ad indurre Ugo, salvatosi, ad assumere l’eredità politico-morale dell’amico scomparso e diventare un nuovo “eroe” di via del Corno assieme ad un altro giovane cornacchiaio, Mario il tipografo.
In contrapposizione a queste figure eroiche, troviamo altri personaggi di via del Corno come il ragionier Bencini, fascista della prima ora e squadrista tra i più violenti, esempio rappresentativo di persona frustrata che scarica nella violenza gratuita tutta la cattiveria che ha in corpo, trincerato dietro a quel sistema che li dipinge come “eroi” tanto decantati dalla letteratura di regime. Stessa figura di “eroe” cui aspira Osvaldo, fascista della prima ora anche lui ma nella realtà un inetto che della propria vita ha fatto solamente collezione di occasioni perse, che cerca di sfruttare gli episodi della “Notte dell’Apocalisse” come momento di riscatto e che, invece, alla fine si renderà solamente protagonista di atti di pura vigliaccheria.
Ma gli “eroi” e “antieroi” pratoliniani non si esauriscono con Cronache; non possiamo assolutamente dimenticare il Metello Salani protagonista dell’omonimo romanzo – Metello (1955), operaio edile della Firenze a cavallo tra ‘800 e ‘900, protagonista assoluto delle lotte di classe, spesso finite in violenza e arresti di massa, che sfoceranno nel lungo ed estenuante sciopero degli operai edili del 1902 (assolutamente da non perdere la riduzione cinematografica di Mauro Bolognini del 1970 con le magistrali interpretazioni di Massimo Ranieri e Ottavia Piccolo, che le valse il premio come miglior attrice femminile al Festival di Cannes). Tra i vari personaggi pratoliniani che incontriamo nelle sue opere, forse il più rappresentativo come figura di “antieroe” è Sandrino, il giovane protagonista di Un eroe del nostro tempo (1947) nato e cresciuto a “pane e fascismo”. Furbo, egoista, ladro, profittatore, crudele, violento a tal punto di provocare la morte di Virginia – la giovane vedova “repubblichina” la cui unica colpa è quella d’innamorarsi di lui – solo per sfogare tutte le frustrazioni accumulate; è una figura estremamente indecifrabile che, se da un lato incute timore, dall’altro provoca angoscia perché espressione simbolica di un’intera generazione per la quale è difficile capire se considerarli vittime della società in cui sono nati e cresciuti, oppure se invece è stato il sistema instaurato dal regime fascista che ha esaltato ciò che era già insito in loro.
La grandezza dell’opera letteraria di Pratolini è dovuta – oltre alla grande capacità di coinvolgimento dei protagonisti e al coraggio dello scrittore di raccontare la vita di interi gruppi sociali – soprattutto alla modernità di stile con cui riesce ad illustrare l’intreccio, utilizzando una compostezza di scrittura straordinaria e applicando il cosiddetto “effetto di straniamento”, riuscendo a rivivere e descrivere in maniera distanziata anche i momenti più drammatici come la morte violenta dell’eroe Maciste.
Non solo, l’altro elemento di novità e modernità è che per la prima volta si vede applicata in letteratura la struttura a “piani incrociati” (visione globale di più accadimenti intersecati tra loro) o, meglio ancora, la tecnica del “piano sequenza” mutuata dal cinema, vero punto di forza del neorealismo cinematografico e, grazie all’opera di Pratolini, anche letterario.
PATRIZIA DIOMAIUTO
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