Anche la figura del “bidone” ossia del giocatore di calcio molto scarso, è parte integrante della storia del calcio italiano: ne esistono di celebri, addirittura a tratti leggendari.
Negli ultimi anni è avvenuto un curioso fenomeno: alcuni fratelli o figli di “bidoni”, sono tornati a calcare i campi di calcio nostrani, prima in sordina e poi fatalmente smascherati.
Chi si ricorda di Sergio Fabian Zarate Riga ? che approdò alla neopromossa Ancona nell’estate del 1992?
Fu un giocatore argentino, grassoccio e con una grossa coda di capelli (vagamente somigliante al look, di quei tempi, del cantante Paolo Belli e alla mimica dell’attore Alvaro Vitali), proveniente dalla Germania e soprannominato “El Raton” (il topo), per la sua scaltrezza.
Probabilmente l’individuo incontrò un “gatto” nel campionato italiano: poiché nonostante fosse attaccante, segnò solo due goal (curiosamente entrambi al Foggia), raggranellando appena tredici presenze.
Fu impietosamente preso di mira dalla “Gialappa’s band”.
Nell’estate del 2008, quindi sedici anni dopo, comparve in Italia suo fratello minore, Mauro Matia Zarate, anche lui attaccante: fu acquistato dalla Lazio e il fratello Sergio fu suo procuratore.
«Fa piacere che Maurito si stia affermando la’ dove io non sono riuscito. Ho avuto una carriera soddisfacente, ma quell’anno sfortunato con l’Ancona resta un cruccio. Ad Ancona sono pero’ rimasto affezionato»
La prima stagione fu meravigliosa, la seconda fu più in sordina: a causa anche dell’andamento difficile della squadra, del carattere focoso dell’argentino (richiamato più volte per motivi disciplinari) e per un preoccupante digiuno sotto rete.
Dopo un anno fallimentare all’Inter e un mesto ritorno alla Lazio, Zarate lascia l’Italia, con gli strascichi di cause legali con la società romana.
Un rendimento ad alti e bassi, quello di Mauro Zarate in Italia, ma indubbiamente migliore di quello dello sfortunato fratello.
«Come stile di gioco sono simile ad Altobelli, ma mi piace tantissimo Virdis»
Una frase memorabile per un giocatore memorabile, a Empoli: lo jugoslavo Davor Cop.
Nella stagione 1987/88 l’Empoli, a seguito di una miracolosa salvezza, cercava un attaccante da affiancare allo svedese Ekstrom: i tifosi rimasero perplessi quando si presentò quest’attaccante già in tarda età (trent’anni precisi).
Fin da subito all’allenatore Gaetano Salvemini si accorse della pochezza del calciatore: appena nove presenze in campionato, sono certamente eloquenti.
Da questo inverno (dopo ventisette anni) è approdato in Italia il figlio dell’indimenticabile Cop: Duje Cop, nato due anni dopo l’avventura toscana del padre.
E’ approdato al già malmesso Cagliari e pare far buon sperare: esordendo in Coppa Italia, ha già segnato un bel goal al Sassuolo.
Il Cagliari spera ardentemente che sia smentito il detto latino: qualis pater talis filius.
Rey Brembilla
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